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Veleni e polemiche alla “prima” del Festival dedicato a Carmelo Bene

Duro scontro tra Raffaella Baracchi, moglie dell'artista compianto e madre della sua unica figlia, e Lydia Mancinelli nella serata di apertura della manifestazione. Emergono ruggini sul passato personale e volano parole grosse

OTRANTO - L’atmosfera non poteva essere più “beniana” all’apertura del Festival dedicato al genio salentino, autore di “Nostra signora dei Turchi”. Scintille e veleni tra Raffaella Baracchi e Lydia Mancinelli, con ruggini che emergono sull’eredità giuridica e sul pensiero del maestro Carmelo Bene e che accendono una serata fredda, nel castello aragonese di Otranto.

A dieci anni della sua morte, l’appuntamento che intende ricordare il suo estro si colora con uno scontro verbale tra la moglie e madre della figlia, responsabile peraltro della mostra in esposizione al primo piano, e Lydia Mancinelli, compagna di tante avventure teatrali e personali di Bene. L’incipit della rassegna è degno di un colpo di teatro del regista compianto, che scardina gli schemi della serata e muta gli umori, votati negli interventi dei presenti ai temi della “pacificazione” e della “collaborazione”.

“Carmelo Bene unisce” stavano commentando dal palchetto al centro della sala triangolare. Poi qualcosa cambia. I primi mugugni tra i familiari e tra il pubblico serpeggiano quando Felice Laudadio, direttore del festival, sottolinea la distanza tra la genialità del Bene teatrale rispetto a quell’immagine un po’ da “cialtrone” nei passaggi ai talk-show, dove si sarebbe trovato spesso “vittima” di certi “tranelli mediatici” che lo facevano apparire un po’ “imbecille”.

Il termine è forte e si solleva un primo gelo tra i presenti. Che, peraltro, iniziano a mugugnare, convinti esattamente del contrario, che, cioè, anche in quello scenario l’attore e regista salentino avesse saputo far emergere l’energia della propria personalità fuori dal comune. Laudadio commenta quasi soddisfatto il malumore: “Ecco Bene riesce ancora a farci discutere”. Poi, dopo una serie di brevi osservazioni, impugna il microfono Raffaella Baracchi, che tuona contro chiunque attenti alla memoria del marito, ripescando nelle vicende giudiziarie e tutelando a denti stretti la sua posizione e quella della figlia, Salomè, presente in prima fila (note sono le cronache della diatriba con Luisa Viglietti, assente alla serata).  

Da qui, inizia uno scontro verbale molto accesso con Lydia Mancinelli, che fa riemergere alcune ruggini evidenti: “Davanti al giudice, io sono Carmelo Bene. Lo difendo da dieci anni, difendo le sue proprietà” – ripete la Baracchi, sminuendo il tentativo, a suo dire, di chi cercherebbe di eludere la sua presenza, con chiaro riferimento alla stessa Mancinelli, che ribatte sottolineando la sua confidenzialità con il regista scomparso: “Io so che lui voleva divorziare”. La moglie, invece, chiarisce di essere rimasta sino alla fine tale e controbatte: “Ti ha preso in giro. Era un salentino, che non metteva in pubblico il suo privato”.

Quando la battuta cade sulla figlia, la Baracchi, ancor più visibilmente stizzita, fa volare parole grosse alla “rivale” ed invita i presenti a seguirla nella mostra da lei assistita. La tensione è palpabile. A stemperare i toni ci prova proprio la figlia, Salomè, che chiede ai presenti di restare fedeli allo spirito della serata, che è quello di “ricordare mio padre come artista. Il resto lasciamolo fuori”.

Qualcuno commenta, lasciando la sala: “Non c’è pace per Carmelo Bene. Neanche a dieci anni dalla sua morte”. C’è chi, invece, pensa che sia un altro calembour. Del resto, oltre che maestro d’arte, lui era un perfetto costruttore di meccanismi di comunicazione alternativa, nel solco di una intera carriera, votata alla provocazione e all’alterazione degli schemi. E forse l’atmosfera infuocata non poteva non essere il modo più realistico per sentirne ancora viva la memoria.

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