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Viaggio nell'avanspettacolo: Proietti ipnotizza Lecce

L'attore romano ieri ha protato in scena il suo spettacolo, "Buonasera", facendo con la sua compagnia un excursus in più generi. L'entrata in scena, con un'opera di De Filippo: "Pericolosamente"

"Pericolosamente" da ridere, ma anche da riflettere e commuoversi, riscoprendo i classici in soventi tuffi nel dramma da attore eclettico e navigato, per poi risalire subito a galla con grottesche pennellate da cabarettista: basta una smorfia, una chiosa in romanesco, ed è subito un ritorno al sorriso. Un'altalena di emozioni che Gigi Proietti sa ricacciare fuori dall'animo dal suo composito pubblico, magistralmente ipnotizzato da timbri di voce che variano, vibrando nell'aria, sull'onda delle interpretazioni: la profondità del suo bizzarro Amleto si alterna ad una surreale presa in giro delle voci nasali dei cantanti caraibici; in mezzo, un ricco assortimento di sketch, aneddoti raccontati con la leggerezza di gustose barzellette, e tanta musica.

Perché Proietti, come le sue figlie Susanna e Carlotta, è anche fine cantante con un repertorio interminabile, che spazia dalla melodia popolare venata di malinconia, ai ritmi americani. E poi c'è il "Brancaccio", quel "Brancaccio" croce e delizia di Proietti, che durante tutta la serata non risparmia infilzate di spilli che strappano adesioni a scena aperta. Ogni riferimento alla "costanza che ce vo'" non è puramente casuale. Ancora fresca la violenta querelle con Maurizio Costanzo per via di quello "scippo" della direzione artistica che a suo tempo ha suscitato un'ondata d'indignazione, con prese di posizione a furor di popolo a favore dell'indimenticabile Mandrake di "Febbre da cavallo".

"Pericolosamente", dunque, perché è con questo esilarante atto unico di Eduardo De Filippo che Proietti si è presentato in scena aprendo ieri, in un "Via del Mare" che l'ha acclamato con cori e applausi da stadio, il suo show, "Buonasera", quasi tre ore di viaggio a vele spiegate nel mare dell'avanspettacolo. Un appuntamento con l'umorismo del grande attore romano che riesce magicamente elegante insieme a tutta la compagnia al seguito, anche quando la commedia degli equivoci contempla raffiche di vocaboli sconci, che, svuotati di volgarità, diventano pretesto per esilaranti giochi di parole. Ma si sa che tra i pezzi forti di Proietti è proprio la capacità di divertirsi con i termini e di mettere a nudo, senza offendere, certe storture lessicali dell'italiano medio, da sempre in litigio con una grammatica fra le più difficili e complesse del pianeta, ed incapace nello stesso tempo di levarsi dalle corde vocali le inflessioni regionali. Ed ecco che Proietti gioca con il romanesco, il napoletano, il veneziano, il marchigiano e in genere con gli atteggiamenti dei "burini" e della gente di borgata. Come quando al ristorante il cameriere chiede: "Preferisce i fagiolini?", e la risposta più ovvia, di fronte ad una simile castroneria, dovrebbe essere: "A che…?".

Il tutto condito dalle note di un'ottima orchestra con cui l'attore interagisce più volte, suonando a sua volta e mostrando un'elasticità infinita. Memorabili certi racconti su fatti veramente accaduti che hanno provocato risate a scena aperta. Il compianto Corrado, anni addietro, durante la conduzione di uno spettacolo invitò sul palco Ubaldo Lay, famoso per la sua interpretazione del tenente Sheridan. "Ve lo ricordate il tenente Sheridan, quello che risolveva tutti i casi in tre minuti… mica come il maresciallo Rocca che ci mette due puntate", sottolinea Proietti facendo ironia sul suo stesso personaggio. Ebbene, Lay, appena messo piede sul palco, un attimo prima che scattasse l'applauso di rito, venne accolto da una sonora pernacchia, di quelle che per poco non ti viene giù tutta la struttura. "E subito dopo, si sentì la voce dell'autore: ‘A Sherida, prova a scoprì chi è stato".

Ma Proietti non si può raccontare scrivendovi sopra. Va visto, perché ogni singolo scherno si ammanta di ulteriore comicità grazie ad una mimica facciale esercitata alla distorsione in smorfie che partono dalla mandibola e arrivano agli occhi, e sono in grado di rendere unica, grazie all'interpretazione, persino la più vecchia e conosciuta delle barzellette.

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