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Sabato, 20 Aprile 2024
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Nel Salento 22mila pozzi. Lo scienziato: “Il problema non è la siccità, ma la gestione dell’acqua del sottosuolo”

L’Ispra ha censito un numero considerevole di cavità artificiali su un territorio ormai simile a una ”Groviera”. I dati pluviometrici della stazione Cnr sono nella norma, ma gli ingegneri del progetto Musa di UniSalento insistono sul monitoraggio costante dei pozzi, per evitare processi di salinizzazione

LECCE – Ne ha parlato in autunno il regista Paolo Virzì nel suo “Siccità”, portando nelle sale cinematografiche una capitale in attesa della pioggia salvifica che liberasse Roma da un’epidemia, lavando marciapiedi e coscienze dei protagonisti del film. Da mesi sui giornali si susseguono pingpong dialettici sull’emergenza siccità nel Nord Italia e su quella del letto del Po ormai prosciugato. Nelle scorse ore, inoltre, la notizia del livello del Lago di Garda mai così basso negli ultimi 70 anni.

Nel Meridione il tema della siccità, e più in generale quello delle risorse idriche, deve incutere altrettanta apprensione? Ne abbiamo parlato con Samuele De Bartolo, ingegnere idraulico e professore associato presso il dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione di UniSalento. I campi disciplinari in cui muove le sue ricerche riguardano l’Idraulica delle correnti a superficie libera e l’Idraulica delle falde sotterranee.

Il 97 per cento di tutta l’acqua del pianeta Terra è salata. Il tre per cento restante è invece costituito da acqua dolce, di cui due terzi inglobati nei ghiacciai e un terzo sotterraneo. Questo terzo è alimentato dal ciclo idrologico. Quello che dunque si infiltra, si immagazzina o viene rilasciato per evapotraspirazione. Ecco perché nel Tacco la vera questione sembra essere semmai una migliorabile gestione del patrimonio idrico sotterraneo, l’acqua dolce, messo a repentaglio dalla pratica “novecentesca” della realizzazione di pozzi freatici o, ancora peggio, quelli artesiani. Che incentivano il processo di salinizzazione nelle aree limitrofe alla costa.

Le criticità idriche del Salento hanno a che fare con la siccità?

“Quello della siccità è un tema complesso perché riguarda le scale di osservazione. Due gli aspetti. Uno è scientifico: per conoscere quei descrittori che sono in grado di fornire indicazioni sull’allerta del fenomeno o per conoscere gli indicatori di validità (dunque stabilire che cosa è la siccità) è necessario inserirsi nel contesto del ciclo idrologico. Il secondo aspetto riguarda la gestione della risorsa idrica. Al momento non sembrano esservi degli elementi di crisi. L’andamento pluviometrico degli ultimi tempi, nella provincia di Lecce, è rimasto pressappoco costante. Abbiamo a disposizione dei dati parziali relativi alle piogge, ma non siamo in grado di stabilire quanto velocemente quell’acqua defluisca superficialmente e con altrettanta rapidità si infiltra nel sottosuolo. Gli allagamenti di alcune campagne, dove l’acqua ristagna, vanno letti come campanelli d’allarme. Si deposita in prossimità di inghiottitoi carsici e si forma una sorta di saturazione. Il deflusso ha dei tempi davvero lunghi per via della morfologia complessa del territorio salentino, confinato tra due mari che costituiscono una specie di cuscino laterale con le pressioni tipiche dell’acqua salata”.

Esistono dati recenti sull’andamento delle piogge sul territorio?

“Abbiamo a disposizione un’unica stazione idrometrografica di rilevazione, quella installata nel campus Ecotekne e monitorata dal Cnr-Isac. Tra il 2017 e il 2022 l’andamento pluviometrico mensile è oscillato tra un massimo di 20 centimetri e un valore minimo pari a 4 centimetri. I valori medi si attestano attorno ai dieci centimetri. Questi sono i valori che stabiliscono l’altezza d’acqua precipitata in un determinato punto e in una precisa finestra temporale. Accanto ai dati sulle piogge, per poter procedere con un bilanciamento idrico e calcolare l’eventuale siccità, si accostano quelli relativi all’evapotraspirazione: oscillano tra picchi di 6 centimetri e un minimo di 3. Evapora di più rispetto a quanto piove, o viceversa? Le piogge del 2023, numerose, potrebbero costituire soltanto un’eccezione. Ci dice invece molto l’acqua che ristagna in superficie nei campi, spia del fatto che potrebbero esservi fenomeni di ristagno superficiale dovuto a un cattivo sistema di drenaggio superficiale, nonché di infiltrazione dell’acqua marina che “spinge” dal basso in termini di equilibrio tra masse salate e dolci (equilibrio di Ghyben-Herzberg). Tra il 2017 e il 2022 il bilancio risulta a favore di quanto viene immesso nel terreno, rispetto a quanto traspira”.

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Perché il Nord Italia è alle prese con il problema contrario?

“Al Nord si è invertito un trend, ci sono stati effetti soglia che negli ultimi tempi hanno innescato una preoccupazione rispetto al passato. Ma potrebbero verificarsi repentini cambiamenti nei prossimi tempi come i nubifragi,  che sono sempre esistiti. Bombe d’acqua e scarsità di piogge si sono sempre alternati: bisogna solo capire se il trend di queste fluttuazioni oscilla con un andamento positivo o negativo in un determinato periodo. Se il Po va in magra e c’è un livello idrometrico che via via si abbassa, la criticità riguarderà l’accumulo, legato più che altro al problema di gestione della risorsa idrica. In ogni caso, pur volendo studiare le ciclicità di alcuni fenomeni, non disponiamo di dati precisi del passato, mancando strumentazioni affidabili che sono arrivate solo alla fine dell’Ottocento in ambiente meteo-marino e fine anni trenta del Novecento in ambito pluviometrico”.

Risale all’incirca a quel periodo l’abitudine, in agricoltura, di trivellare i terreni per realizzare pozzi artificiali. L’Ispra ne ha censiti circa 22mila nel Tacco, ai quali si sommano certamente tutti gli altri sfuggiti alle statistiche…

“Con le attività agricole intensive, abbiamo assistito alla realizzazione di una quantità innumerevole di pozzi. L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale ha scovato quasi 20mila pozzi artificiali sul terreno salentino, di cui 500 solo nelle vicinanze del campus Ecotekne. Ci sono pozzi storici censiti all’interno del Catasto del Genio Civile risalenti ai primi Novecento. Questi pozzi potrebbero fornirci delle informazioni che in ambito nazionale sarebbero di supporto all’Ispra nell’inquadramento del fenomeno della siccità non solo in un contesto spaziale, ma anche temporale. Costruire pozzi nelle vicinanze della costa, alimenta il movimento di intrusione dell’acqua del mare: spinte idrodinamiche dell’acqua salata, sollecitate dalla stessa Luna con effetti sulle maree. Se “aspiro” l’acqua dolce dalla falda, farò sì che i due livelli (di acqua dolce e salata) si incrocino. Questo il vero problema nel Salento: l’intrusione del cuneo salino per effetto delle maree e per effetto dell’emungimento senza regole”.

L’acqua come bene universale, sicuro ed equo è anche il sesto obiettivo di Agenda 2030. Che cosa possono fare le istituzioni locali per tutelare la risorsa idrica?

“La questione centrale resta infatti la gestione della risorsa idrica, come sostenevo in apertura. La siccità di per sé, come quella a cui assistiamo al Nord, resta un problema di natura politico. I sistemi di allerta pluviometrici sono già gestiti da Arpa e dalle Autorità di bacino che ne monitorano gli andamenti con sistemi di prevedibilità. Ma come gestire la risorsa idrica nello spazio e nel tempo? Nel Salento è necessario procedere con emungimenti mirati, finalizzati soprattutto alle economie del territorio, quella agricola in primis. Necessario dunque contingentarle poiché abbiamo in terreno fratturato carsico molto complesso strutturalmente. Occorrerebbe una maggiore attenzione ai processi di emungimento e di differenziazione tra falde di tipo confinato e freatico nel contesto idrodinamico a scala di campo e regionale”.

Come dipartimento avete messo su un progetto denominato Musa, Multi-Scaling Acquifer, che riguarda proprio il monitoraggio costante dei pozzi.

“Un progetto pilota denominato Multi-Scaling Acquifer (Musa) volto alla gestione e la caratterizzazione della falda sotterranea salentina attraverso un approccio integrato che vede coinvolti i laboratori EUropean Maritime & Enviromental Research (Eumer) e High Performance Computing (Hpc) dell’Università del Salento e il Cnr con la sezione di Lecce dell’Istituto di Scienza dell’Atmosfera e del Clima (Isac)”. Enti come Arpa o Ispra censiscono e monitorano i pozzi, ma non possono farlo con costanza. Con questo progetto intendiamo porci a supporto delle amministrazioni, nel monitoraggio dei pozzi censiti. Per questo come ricercatori vogliamo investigare meglio su quella che è l’effettiva risorsa idrica, spingendo da un  punto di vista politico a ottenere una serie di controlli se non pluviometrici, almeno sui pozzi per misurarne il water table, il livello dell’acqua di superficie freatica e di quella confinata sotterranea. Una fotografia ‘dinamica’ a scala regionale (quella del Salento) che può dirci chiaramente se nel sottosuolo vi è un problema di risorse idriche”.

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