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Milano-Palermo, il ritorno. Ma con troppi luoghi comuni

Era il 1996 e il regista Claudio Fracasso ci prometteva "Palermo-Milano solo andata". Sono passati undici anni ed eccolo qui: "Milano-Palermo il ritorno". Dimenticando i buoni propositi

Regia di Claudio Fracasso
Con Giancarlo Giannini, Raul Bova, Ricky Menphis, Simone Corrente, Gabriella Pession, Libero de Rienzo, Romina Mondello, Enrico Lo Verso.
Genere Azione
Durata 95'


Era il 1996 e il regista Claudio Fracasso ci prometteva "Palermo-Milano solo andata". Sono passati undici anni ed eccolo qui: "Milano-Palermo il ritorno". Dimenticando i buoni propositi, il regista ci racconta ancora la storia di Turi Leofonte (Giancarlo Giannini), ragioniere della mafia siciliana che, dopo avere collaborato con la giustizia contribuendo a sgominare l'intero clan mafioso Scalia, esce dalla prigione di Milano e subisce le inevitabili ripercussioni. Per l' occasione, viene ricostituito quel che resta della squadra del Questore Veneziano (Raul Bova) che ripercorre, stavolta al contrario, il viaggio di andata allo scopo di liberare il nipote di Leofonte rapito dal figlio di Scalia e portato in Sicilia.

Mi perdonerà il regista, o il pubblico cui questo film piacerà, ma la tentazione di abbandonare la sala durante la proiezione è stata fortissima, solo il "dovere di cronaca cinematografica" mi ha trattenuto dal farlo. La voglia di fuga derivava dalla personale considerazione che questo film fosse, non soltanto simile agli sceneggiati polizieschi in onda ( tra l'altro gratuitamente) sulle reti televisive private, ma soprattutto qualitativamente inferiore per il detestabile modo in cui questa pellicola scimmiotta i film su "cosa nostra" (il pensiero torna a Damiano Damiani e la sua "Piovra", a proposito di prodotti per la tv) e anche i migliori action movie americani . Nel viaggio di ritorno verso la Sicilia, assordanti sparatorie, inseguimenti acrobatici, sangue a fiumi e fiotti, scene madri al rallentatore e quant'altro.

Regista e interpreti non si risparmiano (e non ci risparmiano) nulla. Gli attori sono stati per la maggior parte prelevati dal piccolo schermo (e anche dal reality, vedi il monoespressivamente ingrugnato Nicola Canonico). Giancarlo Giannini (negli ultimi film spesso sopra le righe) per l'occasione è più spiritato che mai; Raul Bova, nonostante i vari viaggi a Holliwood, non riesce ad abbandonare l'Italia e il ruolo da poliziotto duro e puro (quanto ci piaceva nella parentesi di Ozpetek); la Pession lascia "Orgoglio" (ma solo per un attimo) e impugna la pistola, Ricky Memphis e Simone Corrente, in compenso, non tradiscono mai il loro "Distretto di polizia". Enrico Lo verso, infine, con occhiali neri e collo di pelliccia più che un mafioso siciliano, ricorda un russo in vacanza. Questo il cast, che pure doveva essere di tutto rispetto. Ma il film non funziona. E non è vero che "cosa nostra" sia un argomento cinematograficamente logoro o abusato, prova ne è l'ultimo film di Andrea Porporati " Il dolce e l'amaro", un piccolo affresco in cui la mafia parla di se stessa e delle sua regole.

Il film di Fracasso, invece, non solo non aggiunge nulla al tema, non solo non aiuta a riflettere (se mai ve ne fosse intenzione), ma purtroppo fa sorridere per la semplice ingenuità con la quale il regista pensa di aver raccontato una storia che potrebbe essere vera. Ma se verità e verosimiglianza a volte nel cinema si confondono, le immagini che scorrono veloci sullo schermo non sono mai credibili. Gli uomini del Questore Veneziano sembrano giustizieri più che uomini di giustizia, lasciati sempre fatalmente soli da uno Stato più criminale dei peggiori criminali. Mi chiedo, nel buio della sala, perchè questa malriuscita lezione di pessimismo, perchè continuare a farci pensare che siamo abbandonati e che se vogliamo essere protetti dobbiamo affidarci a queste macchiette poliziottesche, molto lontane dai veri servitori dello Stato? Meglio restare senza risposta, piuttosto che cercarla in un altro episodio.

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