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Aldo Moro, 35 anni dopo Via Caetani. La retorica della memoria senza verità

In Italia le commemorazioni in onore dello statista magliese, ucciso dalle Brigate Rosse. La figlia Maria Fida a Bari: "Papà è ancora presente". Può una comunità celebrare il ricordo senza la volontà di far piena luce sui fatti?

Bari - Trentacinque anni da quell'alba che ha cambiato il senso della storia italiana: è il tempo passato dal ritrovamento del corpo esangue di Aldo Moro, lo statista magliese della Democrazia Cristiana, ucciso dalle Brigate Rosse il 9 maggio 1978. In tutta Italia si susseguono manifestazioni per ricordare il politico pugliese e perpetrare la memoria di una tragedia, che ha segnato la Repubblica. In particolare, a Bari, la cerimonia più sentita alla presenza di Maria Fida, la figlia di Moro.

"Papà è ancora qui presente con noi, in questa giornata di sole". Questo ha dichiarato ai cronisti, dinanzi alle autorità civili e militari, convenute nella piazza barese intitolata all'ex presidente della Democrazia Cristiana, dive con il sindaco del capoluogo pugliese, Michele Emiliano, ha deposto una corona ai piedi del busto di bronzo dedicato al padre.

"Ringrazio tutti per l'affetto che credevo spezzato - ha affermato - invece vedo che non è affatto così: lui adesso è salvo - ha sottolineato - e ci protegge dall'alto dei cieli". Nel corso della cerimonia è stato anche ricordato che Moro, dallo scorso 16 luglio, è 'servo di Dio', ossia il primo passo verso la sua beatificazione, la cui procedura è stata avviata un anno fa su proposta delle autorità pugliesi, in occasione del 34esimo anniversario della sua morte.

Chiudendo la cerimonia, Emiliano ha ricordato che "questa piazza è dedicata anche agli uomini della scorta che persero la vita nel rapimento di Moro, il 16 marzo del 1978. La politica è nata per cambiare le cose - ha concluso il primo cittadino - è questo il messaggio che Moro ci ha lasciato ed è questa la sfida che noi oggi raccogliamo".

Cinquantacinque giorni di prigionia dentro un processo politico davanti al "tribunale del popolo", così come lo avevano definito i brigatisti, vissuto da un Paese intero con l'apprensione e l'affetto nei confronti dell'uomo, abbandonato al suo destino, e con l'immobilismo di una politica incapace di reagire ad una vicenda che si consumava verso un finale, praticamente già scritto.

Nella storia personale di Aldo Moro, ci sono tutte le contraddizioni di una nazione, che affida alla memoria l'elaborazione dei fatti. Ma il dubbio ad ogni commemorazione resta lo stesso, pesantemente irrisolto: può una comunità celebrare il ricordo, senza un insistente impegno per far luce sulle tante verità ancora in sospeso?

Non è un caso che la vicenda umana di Aldo Moro si intersechi, nella sua drammatica conclusione, con quella del giovane di Cinisi, Peppino Impastato, capace di gridare la propria fame di giustizia, ribellandosi alla mafia e agli stessi legami parentali ad essa connessi. Non li unisce solo la data, ma un intero sistema, fatto di ambiguità, contraddizioni, che li ha relegati ad un ruolo di "oggetti del ricordo".

Certo, per alcuni, tutto è già noto e si rilegge semplicemente nella strategia del terrore, che ha accomunato negli anni Settanta le Br con Cosa Nostra, nell'unico intento di destabilizzare il Paese. Eppure gli interrogativi hanno ripreso corpo proprio in occasione della morte, in questi giorni, di Giulio Andreotti, con la spaccatura che l'opinione pubblica ha avuto sul personaggio e che attesta quanto siano percepite le zone grigie di un'epoca senza molte risposte, di cui il "Divo Giulio" ha interpretato l'interprete più controverso.

Eppure i nodi irrisolti ci sono. Quella prigionia vissuta a pochi passi dalle sedi della Dc e del Pci, il rapimento di via Fani, le lettere dello stesso Moro che inchiodano alle responsabilità politiche i protagonisti di quella stagione. E se si pensa alla morte di Impastato, fa specie che il figlio del suo aguzzino, Vito Badalamenti, considerato uno dei più pericolosi latitanti italiani, sia stato cancellato un anno fa dall'elenco dei ricercati per prescrizione. Incoerenze di una politica che rende omaggio alla storia e che celebra il ricordo, rifugiandosi nella retorica, quando servirebbe verità piena. Una volta per tutte.

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