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Giovedì, 18 Aprile 2024
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Assegno “portaborse”, come lo usano i parlamentari salentini

Mentre in questi giorni si torna a discutere sul fondo "eletto-elettorale" e sugli abusi dei parlamentari, che lo incassano anche senza avere un assistente, alcuni deputati e senatori salentini raccontano la propria esperienza

LECCE - Al budget destinato alla segreteria, in Parlamento, non ci rinuncia nessuno: 3500 euro mensili che servirebbero a sovvenzionare i costi della comunicazione. È stato ribattezzato “fondo eletto-elettori”, ma nella sostanza dovrebbe garantire il pagamento delle spese di segreteria e, quindi, di un proprio assistente. Quello che in gergo viene semplicisticamente chiamato “portaborse”.

Eppure da una serie di approfondimenti giornalistici, risulterebbe che su 630 deputati solo 230 ricorrono a questa figura regolarmente assunta, con un contratto a progetto (stipendio medio attorno ai 700 euro). Mistero sul Senato, dove tutto tace sulle possibili cifre di questa voce. Ma dalle notizie raccolte, appare incontrovertibile che a quel tesoretto nessuno dice no. Nemmeno se privo di assistente. Con il beneficio di non dover giustificare quel costo. Del resto, se i soldi ci sono, perché mai doverci rinunciare? Bisogna pur campare. In tempi di crisi e coi costi di un appartamento a Roma. Non si può rinunciare.

ugo-lisi-12-2In passato, il presidente della Camera, Gianfranco Fini, vietò l’ingresso a Montecitorio a quanti non disponessero di un contratto regolare: in 200 rimasero fuori, venendo riammessi come “visitatori”. In questi giorni, in cui si discute del maxi emendamento, il tema torna d’attualità e ci si domanda se il Parlamento proverà a sanare questa situazione di lavoro nero tra le sue mura. Una contraddizione non da poco. Ma che nelle misure salva-Italia, dalle informazioni raccolte, non troverà risposte.

Ma come si comportano i rappresentanti salentini nel palazzo a tal proposito? Da quanti non si sono sottratti alle domande, emergerebbe l’effettivo utilizzo delle risorse destinate alla comunicazione e alle spese di segreteria per lo scopo prefissato, sebbene con modalità e logiche differenti. Naturalmente, in merito alle contattualizzazioni degli assistenti, occorre far affidamento sulle loro dichiarazioni, in quanto il problema, a monte, è proprio l’assenza di una giustificazione del costo. In generale, da loro arriva la conferma che il problema, comunque sia, esiste e che qualcosa vada fatto per risolverlo.

Tra i deputati raggiunti, Luigi Lazzari, parlamentare del Pdl, conferma che effettivamente il problema dei portaborse in nero ci sia, rammentando l’episodio di cui sopra, ma senza poter dare certezze sui numeri: “Personalmente ho un assistente a Roma contrattualizzato e sempre con lo stesso budget condivido le spese di segreteria a Maglie”. Per Lazzari, appare difficile che la questione, però, approdi nelle misure di questi giorni: “Sarebbe auspicabile, ma credo che non accadrà. E comunque nella logica di questa voce, credo che la migliore soluzione sia quella di sottrarre il fondo ai parlamentari, mettendo piuttosto a loro disposizione servizi, perché non si può negare la necessità di figure che ci aiutino”. Per fare ciò, la proposta più logica sarebbe l’assunzione diretta di queste figure da parte del Parlamento.

Sempre nel recinto del Pdl, Ugo Lisi, sottolinea soprattutto le numerose richieste da parte di giovani per il ruolo di “portaborse”: “Sono tanti gli ex assistenti di parlamentari non più rieletti, che chiedono di entrare nello staff di deputati e senatori. Il problema c’è più nel senso che queste figure dipendono dalla vita parlamentare di un deputato o di un senatore”. Anche Lisi spiega di avere un paio di assistenti esperti a Roma, già collaboratori del padre, pagati con lo specifico fondo.

bellanova-15-6Cambiando terreno politico, nel Pd, Teresa Bellanova chiarisce che, insieme ad altri parlamentari del suo partito, è stata fautrice di una proposta, presentata all’inizio della legislatura e ancora in attesa di una discussione, di regolamentazione della situazione degli assistenti: “Ritengo necessario che queste figure siano direttamente assunte dal Parlamento, per dare loro un riconoscimento e per porre fine al disagio dei lavoratori in nero. Se il governo vuole, può prendere quella proposta e discuterla”. Quanto alla sua esperienza personale, la deputata salentina chiarisce: “Ho un’assistente con un contratto a progetto”.

Spostando l’attenzione al Senato, a fornire delle risposte in merito è Giorgio Rosario Costa, già presidente della provincia di Lecce, che spiega: “Io mi affido molto ai volontari, cioè a persone, che, a Roma, a Matino e in altri comuni salentini, curano la mia segreteria. Sono circa una ventina di collaboratori, che ricevono un contributo spese. Questo significa in sostanza che il costo destinato alle spese di segreteria, nel mio caso, è il doppio della cifra corrisposta per questa esigenza”.

“Del resto – aggiunge -, in politica, è necessario mettere insieme persone motivate dalla passione, altrimenti rischiamo di avere burocrati”. Da qui, per Costa, la contrarietà all’assunzione diretta da parte del Parlamento di queste figure: “Si burocratizzerebbe tutto. Quello che davvero serve è la trasparenza e la pubblicazione della destinazione di questi fondi, per capire chi effettivamente li utilizza per quel che servono”.

 

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