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Pd, scontro sul ballottaggio: ammessi solo 42 “ritardatari” su mille

Alla vigilia del voto, si è concluso il lavoro della commissione provinciale incaricata di esaminare le richieste di partecipazione. Tra domande seriali e motivazioni plausibili, la spuntano solo in pochi. E' polemica

LECCE – Farmacisti impegnati per turno, atleti in trasferta, professionisti lontani da Lecce e provincia per lavoro: nel campionario degli aspiranti elettori del ballottaggio per la scelta del leader del centrosinistra, anche a Lecce come nel resto d’Italia, c’è un poco di tutto e la polemica sulle oramai famigerate registrazioni precede di gran lunga il risultato che maturerà nella sfida tra Matteo Renzi e Pierluigi Bersani.

Delle 982 richieste consegnate personalmente presso la federazione provinciale di via Tasso o inoltrate via fax e mail nelle giornate di mercoledì e giovedì, ne sono state approvate 42. Numeri non distanti da quanto accaduto in altre città (ma i dati in questo caso sono ufficiosi): 25 su 1000 a Treviso, 9 su 300 a Lodi, 130 su 980 a Rimini, 37 su 1000 a Lecco. Alcune, pare, sembravano fatte in serie, come se si trattasse di moduli prestampati e poi firmati.

La settimana che ha diviso il primo dal secondo turno delle primarie è trascorsa tra duelli in tv tra i protagonisti e le polemiche incessanti tra i rispettivi staff sul regolamento per l’accesso al voto. Troppo limitante, secondo i sostenitori del sindaco di Firenze che avrebbero preferito maglie più larghe; equilibrato e necessario per i dirigenti – quasi tutti – vicini al segretario che temevano un’incursione massiccia di elettori del centrodestra a sostegno del primo cittadino toscano.  Tra ricorsi e litigi, insomma, il Pd non ha offerto, nel complesso, uno spettacolo edificante, indipendentemente dalle ragioni di ciascuna fazione.

Quello che è certo è che questo sistema di regole – che comunque è stato alla fine accettato da tutti, ma che per troppo tempo è stato trasmesso all’elettorato come un meccanismo diabolico ed invasivo della privacy -, taglia fuori tutti coloro che per qualsiasi convincimento hanno semplicemente cambiato idea. E non si può affermare che siano per forza di cose “infiltrati”.

Così, mentre presso il comitato provinciale per Bersani, in via Cavallotti, i vertici provinciali di Pd, Sel, La Puglia per Vendola, Psi lanciavano la volata a Bersani, dal comitato locale di Matteo Renzi, è stato diffuso un comunicato che non cela una discreta dose di malcontento: “Quando la paura fa novanta e la partecipazione popolare viene erroneamente percepita come uno spettro, a perdere non sono soltanto gli elettori che domenica non potranno recarsi ai seggi bensì tutto il Partito democratico”.

I renziani, al netto della polemica, non demordono e lanciano l’ultimo appello al voto: “Il voto di domani rappresenta senza alcun dubbio un referendum sul futuro del nostro Paese: c’è chi vuole giocare la partita delle politiche in difesa, consolidando posizioni di potere cristallizzate da anni e chi invece punta ad un effettivo ricambio delle idee e della classe politica non solo dal punto di vista meramente anagrafico”.

"Noi abbiamo il Paese in testa",  aveva detto invece il segretario provinciale, Salvatore Capone, tagliando corto sulla questione del regolamento. Anna Cordella, di Sel, ha posto la centralità del lavoro sottolineando come dal voto di domenica emergerà il profilo del programma politico che verrà poi sottoposto agli italiani per le elezioni politiche. All'incontro in via Matteotti hanno parte l'onorevole Teresa Bellanova, la vice presidente della Regione Puglia, Loredana Capone, Donato Pellegrino per il Psi, Sebastiano Leo in rappresentanza de La Puglia per Vendola e Andrea Salvati, promotore del comitato per Bruno Tabacci.

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