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Il cambio di passo parta dagli uffici. La burocrazia stia con i cittadini

Come nel giugno del 2017, una questione è chiara: il cambio di passo che gli elettori hanno chiesto dando fiducia alla coalizione del sindaco uscente deve essere assecondato dalla macchina amministrativa

LECCE – Ventitré mesi addietro, il giorno dopo la vittoria di Carlo Salvemini al ballottaggio su Mauro Giliberti, si mise su questo giornale in evidenza la necessità di imprimere un drastico cambio di passo alla burocrazia di Palazzo Carafa, strumento indispensabile per garantire risposte e servizi in tempi ragionevoli e coerenti con il principio dell’efficienza della pubblica amministrazione. Da ciò, infatti, dipende molto della qualità di una vita dei cittadini e della cura dello spazio pubblico.

Leggi l'articolo del 26 giugno 2017

La rottura politica rispetto alla precedente lunga stagione di governo, si disse allora, sarebbe stata azzoppata prima ancora che dal contenzioso già annunciato sul premio di maggioranza, dalle resistenze che eventualmente avrebbero opposto pezzi di apparato comunale, vuoi per consuetudini acquisite in un tempo che pareva sempre uguale a se stesso, vuoi per una più o meno latente avversione di tipo politico verso il nuovo primo cittadino.

Il timore, hanno rivelato i diciotto mesi successivi, non era infondato e, soprattutto dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha privato la coalizione del sindaco del premio di maggioranza, quella resistenza è divenuta in alcuni settori della macchina amministrativa più manifesta, quasi sfidante. Eppure Salvemini, presentandosi in tutti gli uffici nelle nuove vesti di primo cittadino – dove già lo conoscevano per la sua attività nelle fila della minoranza – aveva rassicurato tutti dicendo, più o meno, questo: niente spoils system, non mi interessa chi avete votato e chi sosterrete in futuro, mettiamoci al servizio della città consapevoli che il ruolo di dipendente comunale impone una responsabilità particolare proprio per le conseguenze che l’attività degli uffici determina.

Altrove, probabilmente, non ci sarebbe stato bisogno di chiarire l’assenza di ogni pregiudizio o volontà punitiva da parte di un amminstratore pro tempore, ma a Lecce no, perché quando la classe politica mette radici profonde, la distinzione tra ruolo politico e quello amministrativo sfuma per una serie di legami fiduciari che si strutturano e che finiscono con il distorcere inesorabilmente l’indipendenza del dirigente, del funzionario, del dipendente. 

Il fatto che oggi Salvemini si presenti con una maggioranza solida, non vuol dire che cambierà il suo approccio: l’obiettivo è quello di creare le condizioni di un clima nuovo, liberato da certi condizionamenti. Per i dipendenti come per i cittadini.  Rispetto a ventitré mesi addietro, però, c’è un patrimonio di esperienze accumulate nell’anno e mezzo trascorso alla guida della città che saranno molto utili per superare certi stalli e scrollare dalla base un apparato che ha ottime competenza, ma che deve diventare sistema, senza più orticelli né rendite di posizione, accompagnando la città verso un salto che non tanto politico, quanto culturale: entrare definitivamente nella contemporaneità.

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