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Il rilancio delle marine una sfida per tutti: da San Cataldo un segnale forte

In centinaia hanno partecipato alla mobilitazione del comitato spontaneo "I guardiani del farò". Un'iniziativa dal basso dalla quale parte un preavviso di sfiducia alla classe dirigente

SAN CATALDO (Lecce) - Il tempo non è stato dei migliori, come si temeva, ma la mobilitazione promossa dal comitato spontaneo "I guardiani del farò" ha riacceso una speranza per San Cataldo e mandato un segnale pubblico di sfiducia alla classe dirigente locale.

Centinaia di persone hanno approfittato del momentaneo varco che il sole ha trovato, ma, anche quando le nubi si sono ricompattate, le attività sono proseguite con entusiasmo, con una partenza in musica sulle note di un coro gospel presso il lido Mancarella. 

Più che all'estetica dell'iniziativa, comunque, bisogna guardare alla sostanza: un gruppo di cittadini e di imprenditori si siano organizzati per ridare un'anima ad una località dove edifici diroccati e abbandonati testimoniano la noncuranza di una classe dirigente - non solo l'attuale, ma anche le precedenti - che non ha saputo mai comprendere quanto il litorale sia una risorsa, una parte integrante della città che dovrebbe essere anche integrata. E che invece langue tra qualche iniziativa spot e cicliche quanto rituali prese di coscienza.

Le marine di Lecce sono sempre state viste come riserve di caccia di questo o quell'esponente politico e, al massimo, come un problema per chi vi ha una casa o una cabina. Le località rivierasche, infatti, non sono percepite come un tema di tutta la città, come un'occasione di sviluppo turistico e quindi economico, come un naturale completamento di un'organizzazione urbanistica. E' questo il limite storico della questione e lo testimonia anche l'assenza di quel ceto intellettuale e culturalmente produttivo che pure, ogni tanto, prova a dare uno scossone al monotono copione dell politica cittadina, finendone tuttavia per mutuarne prassi e costumi. 

20160313_120753-2Ma ci sarebbe di più, solo a volerlo vedere: le marine sono anche uno strumento di welfare, di armononizzazione sociale, se solo venissero dotate di servizi adeguati, che vanno dai trasporti ai bagni pubblici. I ragazzi delle periferie leccesi non hanno forse diritto di fare almeno qualche bagno d'estate, di prendere un poco di sole su una spiaggia dove non ci sia il rischio di prendere un'infezione cutanea? Fino a che il degrado di questi luoghi non verrà considerato per quello che è, un problema per l'intera comunità leccese, allora è utopistico pensare a una vera svolta. 

L'iniziativa fortemente vluta dai promotori del comitato - Simone Mele, Tonia Erriquez e altri - ha quindi l'indiscutibile merito di interrogare una città intera, e non solo gli amministratori, rispetto al presente e al futuro delle sue appendici sul mare. Lo sforzo è stato generoso e il risultato tangibile. Si sono visti diversi esponenti del Partito Democratico e il consigliere di recente delegato dal sindaco alle marine, Antonio Lamosa. Tra un anno si vota per la nuova consiliatura e chi ha a cuore le sorti del litorale leccese può pensare di introdurre seriamente nell'agenda politica dei prossimi mesi il tema della riqualificazione  a patto però di imparare a essere lobby, gruppo di pressione; rifiutando cioè la logica del divide et impera che ha condotto allo sfacelo attuale. 

Intanto si deve registrare questo sussulto di orgoglio, questa incoraggiante forma di organizzazione dal basso che, senza ammantarsi di prosopopea ideologica e autoreferenziale, sta imponendo un punto all'ordine del giorno del dibattito. Lo slancio di poche persone, alimentato con intelligenza sui social network, ha scavalcato l'iniziativa partitica di tipo tradizionale. Ed è stata una modalità tutt'altro che antipolitica, perché ha messo al centro della discussione il tema del litorale inteso come bene di una comunità, cioè pubblico.

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