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Ex Massa, l’accordo sul progetto non piace al comitato. Salvemini: “Passo in avanti”

Forti perplessità sull'intesa tra Comune e Direzione regionale dei beni culturali per la riqualificazione di piazza Tito Schipa che pone fine al contenzioso amministrativo. Per il capogruppo di Lecce Bene Comune, invece, una soluzione di buon senso

LECCE – La soluzione raggiunta tra il Comune di Lecce e l’amministrazione regionale per i Beni Culturali per la riqualificazione di piazzetta Tito Schipa non convince il comitato spontaneo che si è speso in lungo e in largo perché il progetto di costruzione di un centro direzionale e commerciale, con parcheggio interrato annesso, fosse cassato in favore di una piena valorizzazione dell’area archeologica scoperta con l’effettuazione dei primi scavi.

“Il comitato – è scritto in una nota a 24 ore dall’intesa - rivendica il merito di aver scongiurato la totale cementificazione dell’area: “Se fosse stato attuato il progetto approvato con la delibera di giunta comunale numero 4 del 2013 o avesse prevalso il partito dei minimizzatori - "lì non c'è nulla da salvare" - non sarebbe rimasta traccia della cinquecentesca chiesa di Santa Maria del Tempio e sarebbe stata persa per sempre la memoria storica di un luogo cruciale della nostra città. Il comitato ha sempre immaginato una soluzione che tutelasse integralmente l'area archeologica e restituisse verde pubblico al centro della nostra città”.

Nelle intenzioni del comitato assai diverso, di fatto, era il percorso di restyling che piazza Tito Schipa avrebbe dovuto intraprendere: “Abbiamo proposto che, in linea con le migliori tendenze urbanistiche, si rinunciasse al megaparcheggio in centro e un centinaio di nuovi locali commerciali in una zona che già langue tra negozi sfitti o in vendita. Abbiamo lanciato la sfida affinché la bella tettoia liberty, nel progetto ridotta ad mero orpello decorativo, tornasse ad essere il contenitore del mercato delle erbe che fu. Abbiamo sperato, insomma, che il progetto di un enorme catalizzatore di traffico si potesse trasformare in un nuovo attrattore culturale e sociale per la città. Così non è alla luce dell'accordo siglato, che lascia inalterata la sostanza del problema urbanistico sollevato. Quando verranno fornite indicazione di dettaglio potremo dire se l'accodo può chiudere l'annosa e controversa storia degli appetiti edilizi su quella parte di città”.

“Un passo in avanti, ma perso tanto tempo”.

Di parere diverso è Carlo Salvemini, capogruppo di Lecce Bene Comune e consigliere di minoranza che già in estate aveva proposto alle parti in causa di incontrarsi per trovare una soluzione soddisfacente sia dal punto di vista della tutela dei beni culturali che di quelli di trasformazione dell’area secondo le esigenze del project-financing: “Se fosse prevalso il buon senso sin dall’inizio – ha commentato l’esponente progressista - avremmo sicuramente risparmiato tempo ed evitato un inutile braccio di ferro. Di fatto questa importante intesa poteva essere siglata subito per una ragione semplice: la Soprintendenza, cioè l’organo di tutela ministeriale, non ha mai considerato il progetto uno scempio urbanistico e archeologico; né ha imposto uno stravolgimento dello stesso. Ha espresso una serie di prescrizioni con il solo obiettivo di migliorare la qualità dell’intervento e renderlo più integrato con la storia di quello spazio”.

Soddisfacente quindi il risultato raggiunto: “Il tavolo di confronto ha quindi assolto alla funzione che avevamo previsto: evitare il protrarsi di un contezioso legale dagli esiti imprevedibili; tutelare l’interesse della città a risolvere, una volta per tutte, una questione da quasi quaranta anni irrisolta e dare cosi significato pubblico ad un vuoto urbano; confermare l’idea di un mercato popolare nel centro della città. Aspettiamo di conoscere i dettagli dell’intesa raggiunta e naturalmente controlleremo tutti i passaggi che ancora ci attendono. Ma non c’è dubbio che un passo avanti, importante ed utile, è stato ieri compiuto”.

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