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Palazzo Carafa vende gli immobili, il Pd contesta procedure e mancate finalità sociali

I consiglieri di opposizione hanno illustrato alla stampa le irregolarità che a, loro dire, interesserebbero il piano alienazioni del Comune. Per gli esponenti Pd, non solo Palazzo Carafa avrebbe messo in vendita immobili senza autorizzazione regionale, ma starebbe anche cedendo 10 dei 33 beni acquisiti dal Demanio senza finalità pubblica

LECCE - La vendita degli immobili leccesi di proprietà comunale è  illegale e l’amministrazione non fa nulla per incrementare gli alloggi da destinare alle famiglie che ne hanno bisogno. Anzi, (s)vende i beni acquisiti dallo Stato, senza garantire la destinazione sociale di quegli immobili. Questa, in sintesi, la denuncia da parte dei consiglieri di Palazzo Carafa in quota Pd che, in mattinata, hanno illustrato agli organi di stampa quelle che, a loro dire, sono le anomalie presenti nel piano di alienazione dei 174 alloggi, così come deliberato durante un consiglio comunale nell’estate del 2012.

L’amministrazione comunale leccese, proprietaria di 618 alloggi, proponeva di venderne appunto 174. Ma, come previsto dalla legge 560 del 1993, per quella cessione è indispensabile che vi sia il parere favorevole della Regione. Autorizzazione che, stando a quanto affermato dai consiglieri di opposizione a Palazzo Carafa Antonio Rotundo, Paolo Foresio e Sergio Signore, manca del tutto. E non è tutto. I portavoce del Pd hanno anche fatto riferimento a una seconda irregolarità riscontrata nell’atteggiamento degli amministratori comunali del capoluogo salentino, così come sottolineato dal consigliere Paolo Foresio.

Nel 2013, questi ultimi hanno acquisito 33 immobili dall’Agenzia del Demanio. La legge prevede infatti la possibilità di rilevare gratuitamente alcuni beni dello Stato, per finalità pubblico-sociali. Immobili che possono poi essere rivenduti dall’ente comunale: a quel punto il 25 per cento del ricavato va nelle casse del Demanio, la parte restante in quelle del Comune. Sempre secondo la prassi, le acquisizioni da parte dei Comuni, sono tenute sotto monitoraggio per tre anni da parte dello Stato, per accertarne la destinazione sociale.

Ma a Lecce, fanno sapere dal Pd, la gestione di quegli immobili avrebbe preso tutt’altra piega. Dieci di quei 33 beni, tra abitazioni e suoli, sono stati messi in vendita da Palazzo Carafa. “Si tratta di immobili situati tutti nel centro storico, e ora ceduti per una somma di appena mille euro al metro quadro. Nessuno garantisce l’uso pubblico di quegli immobili che, invece, potrebbero essere impiegati per risolvere in parte l’emergenza abitativa”, ha dichiarato Antonio Rotundo. “Quei locali, se acquistati da chiunque, potrebbero divenire b&b, strutture ricettive, che nulla hanno a che vedere con la necessità di numerose famiglie di avere un tetto”, ha proseguito. Di parere analogo anche Fabrizio Marra, segretario cittadino, il quale ha sottolineato l’emergenza in cui versa il capoluogo salentino: “Ci sono circa migliaia di cittadini in attesa di ottenere un posto.

“Nella città in cui il problema della casa è da tempo una vera e propria emergenza, dove esiste una graduatoria di oltre mille famiglie in attesa di avere un alloggio, graduatoria che non scorre per motivazioni sulle quali il Pd ha tra l’altro chiesto alla magistratura di indagare, investito il prefetto di Lecce e sollecitato un approfondimento della Commissione nazionale antimafia, c’è materia a sufficienza per chiedere che si  faccia chiarezza ed in fretta  sulla vendita  di alloggi di pregio del centro storico al di fuori del rispetto delle procedure richieste dalla legge”, hanno fatto sapere da via Milizia

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