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Giovedì, 28 Marzo 2024
Politica

Lecce e Catania, mediazione comune per salvare il Tar dalla scure del governo Renzi

Le sedi delle due città sostengono un carico giudiziario superiore a quello di Bari e Palermo. In consiglio comunale presenti parlamentari di varie forze politiche: Salvatore Capone, Pd, invita a cogliere il senso di una svolta epocale

LECCE –  Tra Lecce e Catania esiste un fronte comune ed è quello che vede i due capoluoghi impegnati per evitare la chiusura della sede del Tar. Il provvedimento del governo – incluso nel “decreto semplificazione” – non lascia scampo agli otto distaccamenti presenti in Italia, ma prima della conversione definitiva in legge si proverà a far comprendere all’esecutivo la specificità dei casi delle due città le cui corti amministrative sostengono un carico di lavoro, tra giudizi pendenti e istanze depositate, superiore a quello di Bari e Palermo.

Delle ripercussioni delle decisioni del governo sul funzionamento della giustizia amministrativa nel territorio salentino, si è discusso oggi in consiglio comunale, a Lecce, su iniziativa del sindaco, Paolo Perrone. Alla fine della seduta è stata votato un ordine del giorno che impegna la deputazione regionale e parlamentare a intraprendere ogni iniziativa utile affinché il governo riconsideri la soppressione del Tar di Lecce e di quelle delle altre quattro città sede anche di Corte d’Appello, o in subordine, almeno i tribunali del capoluogo salentino e di Catania. E sarà probabilmente questa la via di mediazione che di fatto verrà portata avanti.

Il dibattito in aula.

Alla seduta dell’assise di Palazzo Carafa hanno partecipato il presidente della Provincia, Antonio Gabellone e diversi addetti ai lavori ed esponenti politici. Tra i primi, gli avvocati Ernesto Sticchi Damiani e Pietro Quinto, capofila di due tra gli studi legali più noti, e il presidente dell’Ordine, Raffaele Fatano. La  compagine partitica era invece costituita da Diego De Lorenzis, (Movimento 5 stelle), Roberto Marti, Rocco Palese, Francesco Bruni per Forza Italia e Salvatore Capone del Partito democratico.

E’ stato quest’ultimo a dire con parole nette che il punto di partenza, al netto di ogni discussione dal punto di vista tecnico e puntuale, è il tentativo messo in atto dal governo di riformare un Paese paralizzato da troppo tempo. Per Capone il decreto dell’esecutivo è un atto civile, inquadrato nell’ambito del dettato costituzionale. “Non giova a nessuno – ha dichiarato nel corso del suo intervento – dire che le scelte del governo sono sbagliate a priori”. Conseguente l’invito rivolto al primo cittadino, ma anche ai parlamentari di Forza Italia, a non usare toni propagandistici. Poco prima infatti il senatore Francesco Bruni aveva parlato di “furore riformista che non deve essere assecondato con atteggiamento conformistico” mentre Rocco Palese aveva fatto un’allusione a Renzi definendolo colui che si senti “un gradino al di sotto di Dio”.

Tarconsiglio 010-2Dal punto di vista tecnico, l’avvocato Sticchi Damiani ha spiegato che la riforma non produrrà alcun risparmio in termini di sostenibilità per l’erario, che non è giusto sopprimere una sede che sostiene una molte di ricorsi pari a circa il doppio di quella del capoluogo regionale – “non si accorpa il più grande al più piccolo” – e che la stessa magistratura barese è terrorizzata dal fatto di dover affrontare, da un giorno all’altro, tutto il carico di lavoro. Per quanto riguarda la strada da percorrere per trovare una soluzione diversa dalla chiusura della sede leccese, l’avvocato ha detto che è il momento della persuasione, sollecitando quindi i parlamentari a correggere il tiro di una decisione che così com’è si rivelerebbe incongruente rispetto agli stessi obiettivi che si pone.

Netta contrarietà al “taglio orizzontale” dei tribunali amministrativi è stata espressa da Diego De Lorenzis, per il quale non si tratta di una battaglia di campanile, ma di civiltà. L’esponente pentastellato ha ricordato come le intenzioni del governo siano quelle di procede a passo spedito e di limitare la discussione sulla conversione del decreto legge alla Camera dei deputati, e comunque entro luglio. Un ruolo importante, probabilmente decisivo, lo avrà la commissione Affari costituzionali di Montecitorio, alla quale è di fatto affidata la missione di introdurre emendamenti migliorativi (il suo presidente è il pugliese Francesco Paolo Sisto, di Forza Italia).

Mentre si susseguivano gli interventi gli attivisti del Movimento Regione Salento – presenti a Palazzo Carafa con il loro presidente, Paolo Pagliaro, mentre il fratello, Dino, è il presidente del consiglio comunale – hanno esposto cartelli di protesta contro la “rottamazione” del Salento che sarebbe in atto per volontà del premier Renzi.

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