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Sabato, 20 Aprile 2024
Politica Piazza del Bastione

“Buoni a truffare”. Esplode la protesta dei dipendenti ex Bat senza lavoro

Un centinaio di persone ha animato una manifestazione all'altezza della rotatoria dell'hotel Tiziano per poi dirigersi verso la prefettura. Problemi per la viabilità. Il fallimento industriale della terza società, dopo Hds ed Ip, sta aggravando il disagio e le tensioni tra i dipendenti ex Bat

LECCE – Bat come acronimo di “buoni a truffare”. Se il primo striscione non lascia spazio a dubbi, il secondo lenzuolo, issato dai dipendenti delle tre aziende Iacobucci, Ip ed Hds e del servizio mensa al soldo di Meal Serivce, risulta persino più incisivo: “Ci avete illusi, ma eravate tutti collusi”. Riesplode così, nel bel mezzo di un uggioso lunedì, la protesta degli ex dipendenti della multinazionale British American Tobacco che ha chiuso i battenti a Lecce nel 2010 per lasciare posto a tre società che non avrebbero rispettato gli accordi di riconversione del sito, conclusi proprio quell’anno a Roma.

I lavoratori hanno scelto uno snodo cruciale della città per dar vita alla loro protesta, la rotatoria all’altezza dell’hotel Tiziano, complicando enormemente la viabilità urbana. Non sono mancate, come da copione, le lamentele dei cittadini in transito su viale De Pietro, via Calasso e la statale 16, letteralmente bloccati nei loro veicoli. Il corteo, composto da un centinaio di persone affiancate dalle categorie dei metalmeccanici di Cgil, Cisl, Uil e Cisal, si è diretto poi verso la prefettura: anche via XXV luglio è rimasta ingolfata per diverso tempo.

La contestazione organizzata quest’oggi trae origine dall’ultimo, infruttuoso, incontro che si è tenuto presso il Mise il 17 marzo. In quella drammatica circostanza, la società Iacobucci ha issato la bandiera bianca, dichiarando di aver fatto richiesta di concordato preventivo liquidatorio e di essere pronta a chiudere i battenti una volta terminato il lavoro delle ultime commesse.

Un film già visto, dunque: la scena è quasi una replica del fallimento industriale che aveva già travolto le altre due aziende (Ip e Hads) selezionate per la riconversione industriale del sito. Il rischio di bruciare altri 160 posti di lavoro ha scatenato la reazione animata dei dipendenti ex Bat, al pari di quella dei sindacati che hanno bollato quel tavolo come “il rito finale di una morte annunciata”.

La certificazione ufficiale del “fallimento” di quegli accordi siglati nel 2010 tra ex Bat, sindacati alimentaristi ed istituzioni, sembra non aver sorpreso nessuno: da anni, ormai, si grida allo scandalo e più di qualcuno si era già spinto a denunciare una presunta truffa che, a fronte del sostegno economico garantito alle imprese dalla multinazionale del tabacco, ha lasciato centinaia di maestranze e relative famiglie in mezzo ad una strada.

Le immagini del corteo di protesta

Le istituzioni hanno richiesto l’ennesima convocazione urgente al ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, alla presenza obbligatoria dei vertici di Bat. Si tratta di un richiamo a responsabilità (la multinazionale doveva infatti vigilare sullo svolgimento del percorso di riconversione intrapreso dalle tre aziende, da lei stessa selezionate) che si presenta come l’unica possibilità di invertire la rotta.

Ma intanto il disagio sociale, come già annunciato, è pienamente esploso. I lavoratori richiedono, a gran voce, l’attenzione delle istituzioni, tacciate persino di complicità nella fitta trama di questa riconversione fantasma. E, soprattutto, rivendicano azioni concrete, limpide e risolutive.  

Nelle prime ore della mattinata, una delegazione mista, formata da lavoratori e rappresentanti sindacali ha dapprima incontrato il viceprefetto, Guido Aprea. Successivamente si è recata presso palazzo dei Celestini, per un colloquio con il presidente della Provincia Antonio Gabellone. Ad entrambi i rappresentanti istituzionali è stato strappato l’impegno a convocare un tavolo istituzionale territorio, propedeutico al successivo incontro romano, calendarizzato per metà aprile. Lo scopo? Giungere preparati al Mise, unendo le diverse voci in un’unica, incisiva, richiesta.

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