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Giovedì, 28 Marzo 2024
Politica

Dalle crepe dell'inchiesta un varco per i giovani del centrodestra leccese

Il faro acceso dalla procura sulla gestione delle case popolari non rompe equilibri ed idilli, ma segna uno spartiacque per il possibile rinnovamento di uno schieramento già da tempo diviso in fazioni

LECCE – L’inchiesta della magistratura sulla gestione delle case popolari a Lecce è il punto dal quale il centrodestra può ripartire per una rigenerazione che dia finalmente vero spazio a protagonisti dal volto nuovo,  liberi dalle maglie di una classe dirigente che ha segnato la storia della città.

Molte delle domande che hanno senso da un punto di vista politico, infatti, non sono ancorate ai tempi della giustizia ma all’opportunità di volere e sapere fare una scelta al momento giusto: questo potrebbe essere il momento del rinnovamento. Del resto anche l’ex vice sindaco Gaetano Messuti, che sembra osservare con un certo distacco quanto sta avvenendo in questi giorni ad alcuni suoi ex colleghi, fa riferimento alla necessità di una rifondazione.

Tra lui e Attilio Monosi, va ricordato, si è consumato un lacerante scontro politico quando, nell’inverno del 2016, il sindaco Perrone procedette a una rimodulazione della sua giunta aprendo la partita per il posto di vice, lasciato vacante da Carmen Tessitore. Il braccio di ferro si concluse poi a favore di Messuti, che però non ha saputo imporsi come candidato per le ultime elezioni amministrative. Il 30 agosto del 2017, due mesi dopo la sconfitta, l'ex assessore ai Lavori Pubblici ha poi lasciato il gruppo di Direzione Italia, dimostrando di volersi liberare da un abbraccio che, evidentemente, era diventato una gabbia. Ancor prima, Alessandro Delli Noci, da molti considerato l'enfant prodige dello schieramento che aveva stravinto le elezioni del 2012 e la figura ideale per un passaggio di consegne, aveva rotto gli indugi, lasciato la giunta e intrapreso un percorso di "palingenesi" che lo avrebbe poi portato a essere decisivo nelle ultime vicende amministrative.

Il processo di disgregazione del centrodestra per come si era consolidato negli anni, tuttavia, era già in corso proprio per quelle ambizioni personali, tra loro incompatibili, coltivate nel solco dell'ultimo decennio: non è un mistero che nella campagna per le elezioni politiche del marzo scorso, Saverio Congedo, che pure sarebbe stato il miglior candidato alle comunali, è stato sostanzialmente e volutamente abbandonato a se stesso finendo per soccombere all'ondata del M5S anche nel collegio che comprende il capoluogo . L’inchiesta della procura leccese dunque non rompe alcun equilibrio, alcun idillio, ma crea uno spartiacque tra il prima e il dopo. Tornare indietro sarà molto difficile, se non impossibile. Ma per andare avanti sono necessarie delle scelte che chiamano in causa necessariamente giovani dirigenti e militanti di quello schieramento.

Fino ad oggi, tanto a sinistra quanto a destra, la strada scelta per “fare carriera” è stata la più comoda: seguire con fedeltà e massima disponibilità il proprio referente. “Tu chi porti?” è del resto una tipica espressione da campagna elettorale. Si è finiti così per ritrovarsi già vecchi a 25 anni, poi a 30, a 35 e oltre i 40. Davanti c’è sempre qualcuno. Eppure i partiti hanno da tempo esaurito la propria funzione organizzativa, hanno smesso di insegnare, riducendosi a camere di compensazione tra interessi di correnti diverse. Di più, la personalizzazione del dibattito politico attorno a poche figure carismatiche ha generato una distorsione del confronto interno, vissuto anzi come un fastidio, quasi un sabotaggio.

Il civismo, cioè l’aggregazione di energie e idee attorno a istanze quotidiane – decoro della città, sicurezza dei suoi abitanti, efficienza dei servizi, mutualismo in ambito sociale – solo in parte può supplire quel vuoto che si è creato. Dietro le personalità autorevoli, i cosiddetti “salvatori della patria”, ci vogliono classi dirigenti preparate. Ecco perché, invece di attardarsi in regolamenti di conti tra vecchi maggiorenti, di prima e sconda linea, il centrodestra leccese può affrontare la sua attuale crisi aprendo un vero spazio di agibilità a una nuova generazione, a condizione che questa voglia assumersi l’onere e tutto quello che comporta: dalla faticosissima ricerca del consenso alla rottura di legami che da una parte sono rassicuranti, ma che dall’altra inibiscono autonomia e rinnovamento.

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