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"Derubati di lavoro, diritti e dignità": la rabbia dei dipendenti di Mercatone Uno

La protesta dei lavoratori del punto vendita di San Cesario: "Tante famiglie private di due stipendi. Un vero dramma". I sindacati lamentano controlli insufficienti

LECCE – Vent'anni di lavoro per costruire, passo dopo passo, stipendio dopo stipendio, una vita normale. Finché le fondamenta non sono crollate con l'annuncio del fallimento della società che aveva rilevato, nell'agosto del 2018, il marchio Mercatone Uno. Prima c'è stata la presentazione del concordato preventivo da parte di Shernon Holding srl, poi i sigilli al negozio di San Cesario, infine la dichiarazione di fallimento da parte della sezione fallimentare del tribunale di Milano che ha mandato gambe all'aria i progetti di 123 dipendenti del territorio.

È un dramma occupazionale in piena regola, che si somma alla desertificazione industriale del Salento. L'ennesima vertenza. L'ennesima ferita al tessuto occupazionale di un territorio martoriato, oggi raccontata dai protagonisti che si sono dati appuntamento davanti al negozio ormai vuoto per un sit-in di protesta.

La notizia della chiusura non è stata, però, la classica doccia fredda. “Avevamo il sentore che qualcosa non stesse andando per il verso giusto – racconta Stefania De Giorgi, dipendente dal 1999 - talvolta ci venivano bloccati gli ordini per le merci e questo perché, a detta dei fornitori, le fatture non erano state pagate; le fatture venivano poi saldate e tutto rientrava. Una situazione altalenante fino al crollo finale”.

Nonostante i segnali, poco incoraggianti, i dipendenti confidavano in un'operazione di rilancio del punto vendita: “Non facevamo l'inventario e questo ci sembrava strano – aggiunge Luca Poggietti – ma avevamo fiducia nei dei controlli a monte. Pensavamo di ripartire a gennaio con nuova merce e nuovi fornitori, ma la merce arrivava con il contagocce, per riempire un minimo gli scaffali, e abbiamo cominciato a temere il peggio”.

La rabbia è tanta, la sfiducia altrettanto e il dito è ben puntato contro la holding: “Ci siamo sentiti usati. E non vogliamo la cassa integrazione perché non ci basterà per pagare i mutui e gli affitti, vogliamo il lavoro” è l'appello lanciato da Giovanni Serinelli.

Sul posto di lavoro lui ha incontrato una collega che di lì a poco sarebbe diventata sua moglie. Una fortuna trasformatasi in un doppio problema perché ora, in casa, mancheranno due stipendi. Non è l'unica coppia che dovrà tirare avanti senza un soldo in tasca, nell'attesa degli ammortizzatori sociali. Ce ne sono altre, con minori a carico.

“Quest'azienda in passato ci ha dato tanto. Oggi ho un mutuo ventennale di 150 mila euro per la casa, con rate di 800 euro al mese. Siamo in un limbo e la situazione è gravissima. Ci hanno tolto tutto, affidandoci ad una società con sede a Malta che non si è dimostrata affidabile. Eppure, all'epoca, erano pervenute oltre 50 manifestazioni di interesse per rilevare Mercatone Uno, con il senno di poi sicuramente migliori”, prosegue lui.

“Quando Shernon Holding srl si è insediata, sotto controllo dei commissari, avevamo la possibilità di tornare indietro, riportando il controllo sotto un'amministrazione straordinaria – denuncia Serinelli -. Invece hanno tirato dritto e la situazione si è incancrenita; nel frattempo si sono accumulati i debiti arrivando a quota 90 milioni di euro. Il negozio di San Cesario versa in condizioni addirittura peggiori rispetto agli altri punti vendita italiani perché qui pende uno sfratto esecutivo in scadenza il 18 giugno: se non si muovono finirà tutto all'asta, senza speranze di riaprire il negozio”.

La vertenza è a dir poco complessa: tra le ipotesi future circola anche la voce secondo la quale alcuni fornitori parrebbero interessati ad entrare nella proprietà, sotto forma di consorzio. I dipendenti stessi accarezzano l'idea di entrare in questa operazione finanziaria, investendo la propria parte di crediti vantati nei confronti della holding. Intenzioni, queste, tutte da verificare mentre i sindacati frenano e precisano che la soluzione migliore, onde evitare frammentazioni, sarebbe quella di un operatore unico per tutti i negozi del marchio.

Durante il recente incontro presso il Ministero del Lavoro è stato paventato anche il ritorno all'amministrazione straordinaria previo parere tribunali interessati, come precisa Antonio Palermo di Uiltucs Uil: “Il passo successivo sarà quello di chiedere l'esercizio provvisorio per la riapertura dei punti vendita, ma anche in questo caso serve il lascia passare del tribunale di Milano”.

Più di qualche dubbio, a riguardo, è stato espresso dalla già assessora comunale a Lecce, Silvia Miglietta,  dipendente di Mercatone Uno: “Se andremo in amministrazione straordinaria, sarà la seconda volta in quattro anni. La prima volta, non avendo ottenuto prestiti ponte dallo Stato come nel caso di Alitalia, abbiamo potuto sostenerci economicamente grazie alla merce di cui i nostri magazzini erano pieni, a Bari e Bologna. Adesso i negozi e i magazzini sono vuoti. L'esercizio provvisorio non è una strada realizzabile perché la riapertura di un negozio vuoto comporta, evidentemente, più costi che benefici”.

Daniela Campobasso di Filcams Lecce rincara la dose dei dubbi dei sindacati sull'intera operazione: “Le manifestazioni di interesse nel rilevare Mercatone Uno sono state scartate dal Mise perché ritenute non in linea con i parametri. Shernon Holding, che è per l'appunto una holding creata per questa situazione, è stata scelta perché aveva dimostrato di poter ottemperare finanziariamente ai debiti di Mercatone Uno, salvando i livelli occupazionali. Se dopo qualche mese la società non ha pagato i fornitori e ha trattenuto le quote sindacali dei lavoratori, fino alla richiesta di concordato, peraltro bocciata nel giro di un mese e mezzo perché ritenuta inaffidabile dai creditori, vuol dire che la Commissione di vigilanza preposta dal ministero non ha vigilato come avrebbe dovuto. Io pensavo che con la vertenza Bat avessimo toccato il fondo, ma a quanto pare c'è di peggio”.

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