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Il disseccamento avanza, ma gli olivicoltori brancolano nel buio

Coldiretti ha invitato Riccardo Gucci, docente dell'Università di Pisa: il suggerimento è di potare solo le parti sintomatiche. La ricerca ha bisogno di tempo, i produttori di risposte

CAVALLINO – Dopo un inverno che tale è stato solo per il calendario, l'intervento della procura della Repubblica di Lecce e la fine della fase commissariale, l’emergenza del disseccamento rapido dell’ulivo torna ad imporsi in tutta la sua attualità.

La vegetazione degli alberi è ripartita da tempo e gli agricoltori, un anno dopo il varo del pacchetto di misure per il contenimento della diffusione del batterio della xylella fastidiosa, hanno bisogno di indicazioni. Se la scienza necessita di tempo per definire risposte appropriate, i produttori di certo non ne hanno. Per cercare di non rimanere inermi, Coldiretti ha invitato nel Salento Riccardo Gucci, professore ordinario del Dipartimento di scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali dell'Università di Pisa, presidente dell'Accademia nazionale dell'olivo e dell'olio e componente della task force regionale convocata dal presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano.

L’esperto docente, prima di raggiungere Corigliano d’Otranto per un corso rivolto agli olivicoltori e agli operatori agricoli, è stato accompagnato in contrada Occhio Rosso, tra Cavallino e Caprarica di Lecce, per un sopralluogo in un campo colpito dal disseccamento. “Questa vicenda è di interesse generale, colpisce la regione che è il secondo produttore al mondo, dove ci sono circa 400mila ettari di oliveto. Nessuno ha esperienza di questa fitopatologia, ci sono problemi simili ma non uguali a quelli che si verificano, ad esempio, in California, dove da decenni si spendono milioni di dollari per cercare di fermare la xylella nella vite, che è di un altro ceppo”.

Gucci è tornato in provincia di Lecce a distanze di due anni e mezzo dalla prima volta, quando si recò nel Gallipolino. Da allora, ha detto, sembra non essere cambiato nulla, se non il livello di espansione del disseccamento. Quali dunque le indicazioni pratiche? “Premettendo che la potatura non può essere risolutiva, ma utile a ritardare il decorso, io credo che si debbano fare piccoli interventi, quasi di rimondatura, sulle parti già sintomatiche”. 

gucci-2-2La “sputacchina”, ha spiegato, penetra appena un millimetro sotto la corteccia: nelle parti più giovani della pianta l’insetto vettore ha quindi maggiore possibilità di attecchire. Per questo, tagli molto radicali, rischiano di accelerare la diffusione del batterio nel sistema vascolare della piante. Limitarsi alla chioma, invece, significa “costringere” il batterio a discendere lungo tutta la pianta, il che necessita di molti anni. Del resto tutti gli studi sembrano oramai tendere alla retrodatazione dell’arrivo del batterio nel Tacco d’Italia.

Ma, a parte i suggerimenti odierni per l’immediato, cosa aspettarsi nel medio lungo periodo? Da questo punto di vista Gucci ha indicato come positivi i segnali della sperimentazione in corso su alcune varietà che sarebbero non solo tolleranti, ma anche resistenti al batterio, come il leccino: “Nel corso della storia umana si sono verificate molte batteriosi che all’inizio facevano temere la scomparsa della specie colpita che invece non c’è mai stata”.

Il docente dell’ateneo pisano è stato accompagnato dal direttore di Coldiretti Lecce, Giuseppe Brillante, che è tornato a chiedere una sperimentazione in campo aperto in tutte le aree colpite, e dal vicepresidente di Unaprol, Pantaleo Piccinno. La preoccupazione dell'associazione di categoria è quella di fornire agli agricoltori e ai produttori gli strumenti utili per limitare i danni, nella consapevolezza che tutti gli interventi hanno un costo (a carico dei diretti interessati) che in questo particolare momento rischia di essere il danno che si aggiunge alla beffa della fitopatologia.

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