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Sabato, 20 Aprile 2024
Elezioni comunali 2012

Elezioni 2102. Centrodestra, l'onda lunga che viene dal 1995

Il blocco sociale e politico che ha premiato Paolo Perrone, pari a quasi la metà del corpo elettorale, è lo stesso dagli esordi della Seconda Repubblica. E le sorti del centrosinistra dipendono dalle divisioni degli avversari

 

LECCE – Uno dei meriti di queste elezioni amministrative leccesi è che non tutti possono dire di aver vinto, risparmiando così ai cittadini comuni un certo stupore misto a senso di smarrimento nell’ascoltare fantasiose interpretazioni del voto che trovano ragioni di conforto anche nel disastro più conclamato. Un altro è quello di aver posto, e questo vale per entrambi gli schieramenti, le condizioni per un rinnovamento seppur parziale della classe dirigente locale.

Non può essere un caso che cinque assessori uscenti – come già si metteva in evidenza ieri – siano rimasti alla porta. Qualcuno, certo, rientrerà dalla finestra nel consiglio comunale, ma il messaggio politico è chiaro. Il successo personale e annunciato di Andrea Guido, per esempio, ma anche quello meno scontato degli esordienti Alessandro Delli Noci e Luca Pasqualini, rappresentano già un’ipoteca sulla composizione della prossima giunta: Politiche abitative e forse anche Cultura si possono considerare, con qualche azzardo, considerare caselle di fatto già occupate.

Nel centrosinistra la fase che si apre è delicata. Da una batosta come quella appena presa si dovrebbe prendere spunto per un’operazione seria di rifondazione, ma fuggendo da un equivoco: limitarsi all’avvicendamento su qualche poltrona non sposterebbe di tanto il punto della questione che era e resta quello di un allontanamento progressivo dalla città reale e, soprattutto, dalle sue periferie dove il rapporto fiduciario e talvolta clientelare instaurato dai luogotenenti del centrodestra fa strage di qualsiasi ipotesi di alternativa. Che, infatti, affiora e talvolta si concretizza quando cambia il tipo di consultazione. Più ci si allontana dalla morsa del rapporto di “vicinato” – nella sequenza comunali, provinciali, regionali – più l’opposizione registra incrementi confortanti, fino a risultato eclatanti come l’exploit del 2010 quando anche nel territorio urbano, il centrosinistra ha prevalso.

In attesa di una resa dei conti che potrebbe anche non arrivare, come non è mai arrivata dai rovesci precedenti, sul tavolo post elettorale restano i numeri da leggere e attraversare. Senza avere la pretesa dell’interpretazione autentica. Paolo Perrone ha guadagnato mille e 500 preferenze rispetto al 2007, con 35888 contro 34030 di cinque anni addietro. In valori assoluti un incremento non certo trascendentale, ma che, a fronte del crescente astensionismo – meno 6604 elettori alle urne –, dimostra la solidità del blocco politico sociale strutturatosi attorno al primo cittadino e alla sua squadra. C’è poi da considerare che la riappacificazione con Io Sud ha portato in dote 2800 voti, una buona parte dei quali, è ragionevole pensare, sarebbero andati altrove se la senatrice non avesse trovato l’intesa l’ex ministro Raffaele Fitto.

Un risultato a tutto tondo che, però, non arriva ai massimi storici del 2002, quando Adriana Poi Bortone fu riconfermata alla guida della città. Allora il centrodestra, con un’affluenza uguale a quella che poi si sarebbe registrata nel 2007, sfondò il muro dei 40mila consensi e, di contro, il centrosinistra toccò il suo minimo, 16mila, prima di quello attuale (13370). Questi dati suggeriscono la considerazione che l’astensionismo – coprotagonista di questa tornata elettorale -  non ha contagiato il centrodestra se non in maniera marginale.

Viste dall’altra parte le cose sono più complicate: se nel 1995 i 18mila voti del centrosinistra bastarono per far eleggere Stefano Salvemini, complice la divisione nel centrodestra tra Giorgio Quarta Colosso e Francesco Faggiano nonostante una dote complessiva di 34mila voti. Tre anni dopo, quando il preside venne sconfitto dalla lady di ferro salentina, non fu sufficiente nemmeno una crescita fino a 26mila consensi di coalizione per arrestare la scaduta dell’onda lunga del centrodestra che mise a frutto la ritrovata unità e vinse, seppur con 32mila voti (cioè 2mila di meno). Ecco, la risacca di oggi, proviene da quell’onda che va avanti e dietro sulla testa dei leccesi.

A parte l’impennata del 1998, sostenuta tra l’altro da un movimento civico anche abbastanza trasversale in favore della ricandidatura di Salvemini, tradito da un giochetto di palazzo, l’area del centrosinistra cittadino ha registrato un gradimento pari a 16mila voti nel 2002,  21mila cinque anni dopo per poi precipitare al minimo storico emerso dalle urne appena chiuse. Numeri troppo bassi per impensierire gli avversari, sulle loro posizioni dal 1995, con il consenso - indicizzato all'oggi -  del 46 per cento degli aventi diritto al voto.

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