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Emiliano chiede a Vendola di scegliersi il successore

Il sindaco di Bari esce allo scoperto e sollecita il governatore a fornire un nome per la successione, ma Vendola prosegue per la sua strada. Pd in panne, tra dubbi, sospetti e… tanta voglia di Udc

BARI - Ormai, il dado è tratto. Il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, combatte in solitaria. L'accerchiamento furbesco, partorito dal Partito Democratico ai danni del governatore uscente, ha qualcosa di grottesco oltre che paradossale: fino a pochi giorni fa il partito si dichiarava il più convinto sostenitore di Vendola, i tre candidati alla segreteria regionale professavano puntuali che se fossero stati eletti, il primo punto del nuovo corso sarebbe stato ripartire dal governatore e dalla positività dei suoi cinque anni di amministrazione regionale. Poi, di colpo, gli incantesimi a mezzanotte svaniscono, le carrozze tornano zucche e i sostenitori della continuità se la danno a gambe come i discepoli di Cristo nel Getsemani. Qualche vecchio amico, nell'ombra, agita un coltello, pronto ad assestare il colpo. Sul tavolo torna in pompa magna la realpolitik, nonostante giorni e giorni di dibattiti, di conferme, di smentite.

La "primavera pugliese" tanto decantata nelle assise di partito diventa improvvisamente un mero ricordo da cartolina, un feticcio con cui crucciarsi nei momenti di stanca. Le "rivoluzioni gentili" son passate di moda. Non si usa più il rosso, son richiesti colori diversi: magari un viola, un celeste opaco, un bianco sporco. Qualche dubbio emerge in un dibattito controverso, convulso, che fa dell'illogica la sua logica: c'è chi pensa, ad esempio, che Sergio Blasi, diventato segretario, dovrebbe spiegare perché quando si auto-candidava alla guida della provincia di Lecce riteneva un oltraggio che non si facessero le primarie per scegliere il leader ed oggi improvvisamente le ritenga "secondarie" (il gioco di parole non è casuale). C'è chi sospetta che Michele Emiliano, il sostituto designato con le stimmate da rock star, dopo tanti appelli a convergere su Vendola, lavorasse per distogliere le attenzioni piombate su un progetto evidentemente, covato da tempo, sull'asse D'Alema-Casini e non calato improvvisamente come manna (nel senso letterale di "cos'è", ndr) dal cielo. Misteri della fede, per chi ci crede ovviamente.

Fatto sta che nel giro di poche ore tutto è cambiato: Vendola da candidato "naturale" si ritrova defenestrato ed invitato a fornire un nome per risolvere il rebus. L'amico, anzi il "fratello" (come si è definito) Emiliano, infatti, ha affermato chiaramente che solo Vendola può suggerire il suo successore, anche perché così com'è il centrosinistra non "và oltre il 30%". Si richiede "sacrificio" al governatore, come già aveva chiesto D'Alema, sabato scorso, invitando candidamente il buon Nichi a "farsi da parte".

Messaggi riportati a mezzo cicogna a Vendola, che, intervenuto a Campi Salentina, ha rispedito al mittente gli appelli, rinnovando l'intenzione a ricandidarsi qualsiasi decisione il Pd assumerà. A questo punto, è una lotta di nervi, un testa a testa tra un partito, che vede nell'accordo con l'Udc la propria salvezza, ed un presidente, che continua a sentirsi rappresentativo di una politica davvero democratica.

Il popolo del Pd si divide come in una "partita a burraco tra casalinghe inquiete" (mai fu più azzeccata la definizione della deputata Cinzia Capano): le correnti interne sul caso Vendola sono diverse e le voci dissonanti dalla linea tracciata dai vertici appaiono numerose, tanto che, nel dibattito di sabato scorso, sono volati scambi degni di un incontro di boxe. La sensazione è che il Pd più che cercare il modo per riconfermare la Regione stia imboccando la strada più comoda per far sì di impacchettarla e riconsegnarla su un vassoio d'argento al centrodestra: l'indizio più eclatante è che Fitto & company non sentono neanche il bisogno di arrovellarsi nell'affannosa ricerca di un proprio nome, quasi consapevoli che la vera sfida si stia già consumando in campo avversario in una sorta di guerra fratricida, che, comunque vada a finire, difficilmente lascerà compatto il centrosinistra. Sorprende che nel Pd nessuno si ponga una questione: stringere l'alleanza con l'Udc e l'Idv potrebbe contestualmente significare l'addio di Vendola alla coalizione, visto che il governatore ha comunque già annunciato di ricandidarsi anche da solo; in tal senso, perdere un peso elettorale non lontano da quello che si acquisisce, darebbe poi certezza della vittoria elettorale al centrosinistra? Tutto, insomma, si muove intorno al dubbio amletico di scegliere tra l'infatuazione del Pd per lo scudo crociato e la convinzione di chi ritenga che sia meglio "non avere Casini".

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