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Enti locali in ginocchio. Dal Pd piovono proposte

Gli esponenti democratici salentini si sono incontrati questa mattina a Lecce. Dall'analisi delle ripercussioni dell'attuale manovra finanziaria sui comuni alle ipotesi per un maggiore efficienza

LECCE - Meglio un aumento della pressione fiscale oggi o la riduzione dei servizi domani? Non c'è tempo per i dubbi amletici. Meglio entrambi, recita la manovra. A difesa degli enti, e delle economie locali, questa mattina c'erano davvero tutti nella sede del Pd. Dall'onorevole Teresa Bellanova a Cosimo Durante - che è anche vice presidente dell'Anci Puglia -, passando per il senatore Alberto Maritati e Salvatore Capone.

Tutti insieme in un coro rossoverde - rigorosamente di protesta - per risparmiare i piccoli comuni dal martirio che gli effetti della manovra targata Berlusconi-Bossi-Tremonti stanno perpetrando. Sei miliardi è la cifra dei tagli da capogiro. Più che far girare i capi, li mozzerà del tutto. Come con un grande colpo di scure. Saranno i tagli agli enti, ai quali bisogna aggiungere quelli delle precedenti riforme. Manovra del mese di luglio compresa.

Addio agli investimenti per migliorare città e municipi, denunciano da via Tasso. Una "tempesta perfetta" l'hanno definita, che si abbatterà su sindaci e amministratori. Già mortificati dalle restrizioni che li vedono privati anche della possibilità di scegliere l'ora di convocazione di un consiglio. Eppure, incalzano dal Pd, piccoli enti locali sono l'unica branca della Pubblica amministrazione che negli ultimi ani ha contribuito alla riduzione del debito fino al 20 per cento.

Tra i vari punti programmatici all'ordine del giorno, i rappresentanti del Pd hanno tenuto a sfatare un luogo comune: non sarebbe infatti fondato dichiarare che i comuni italiani siano troppi rispetto ai restanti Paesi europei. Pare, piuttosto, che si ritrovino in numero inferiore nel rapporto con la popolazione. Molto più che in altre nazioni. Ulteriore virtuosismo da riconoscere alle amministrazioni locali, fanno sapere dal Pd, sarebbe quello relativo alla contrazione del numero di consiglieri e assessori: anche qui un 20 per cento in meno.

Obiettivo diminuzione raggiunto anche per gli stipendi: nei comuni l'entrata media di un dipendente è la metà di quello di un collega impiegato al Ministero. inoltre, c'è un dirigente ogni 52 impiegati, contro un rapporto di uno a ventidue nei ministeri. Pronti per celebrare il grande rito funebre dell'autonomia tributaria. Procedendo in questo modo, i piccoli enti si ritroveranno costretti a chiedere sostegni economici per garantire solo una minima parte dei servizi erogati fino ad ora.

Non resta che far convergere gli uffici periferici dello Stato, affiancando un taglio sulle società partecipate (magari eliminando le cosiddette "in house" che godono di oltre 50 mila incarichi). Potrebbe rappresentare una soluzione. Come, del resto, lo stesso riordino dei consorzi ed altri organismi intermedi e strumentali, un restyling delle norme sugli appalti, e la riduzione del numero dei parlamentari gioverebbero di certo.

L'intervento sinergico tra regioni, province e comuni in una gestione associata dei comuni con meno di 5 mila residenti è un'altra delle proposte. Ma ancora, dimezzare le province o, quanto meno, trasformarle in enti di secondo livello. Creare nuovi piani industriali per rilanciare le economie in loco (magari passando anche attraverso il ripristino della spending review come analisi sistematica ed efficiente della spesa. Prima che sia troppo tardi.

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