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Gasdotto Tap, Brindisi non cambia idea. La partita di Emiliano è tutta in salita

Da quando il governatore ha rilanciato l’ipotesi di un approdo alternativo a quello di San Foca, dalla città portuale è arrivato un coro di no. Anche e soprattutto dal suo partito. Per questo non è facile convincere il governo nazionale di una soluzione in extremis

LECCE – Del gasdotto Tap Brindisi non ne vuole proprio sapere. L’ipotesi avanzata dal presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, alla quale il consorzio ha risposto sibillinamente con la richiesta di rispetto della tempistica indicata nell’autorizzazione unica (cantiere entro maggio), non piace al sindaco Mimmo Consales e nemmeno agli esponenti dello stesso partito del governatore: a ribadirlo, oggi, è stato il consigliere regionale Pino Romano.

Non c’ spazio per alcuna ulteriore opera invasiva, questa l’argomentazione sottolineata in tutte le salse ogniqualvolta le ipotesi alternative all’approdo a San Foca sono state riproposte nelle varie sedi: Brindisi del resto, ospita alcuni degli insediamenti più grandi e inquinanti di tutta la Puglia e di certo non intende farsi carico di un progetto come quello di Tap rebus sic stantibus.

In questa opposizione il mondo politico-istituzionale di Brindisi converge con quella del Comitato No Tap che da anni, a Melendugno e dintorni, è mobilitato per scongiurare l’arrivo di un’infrastruttura giudicata contraria alla vocazione turistica del Salento e soprattutto non giustificata da alcuna reale esigenza di approvvigionamento energetico: ed è per questo che è stato coniato il motto “né a San Foca né altrove.

Emiliano, di fatto ha assunto una posizione di sostanziale continuità amministrativa con il suo predecessore, Nichi Vendola al quale però attribuisce, lui e tutto il Pd, una sostanziale inerzia politica tanto da suscitare la reazione sdegnata del leader di Sinistra Ecologia e Libertà.

Il tentativo in extremis dell’attuale presidente della Regione è tutto in salita perché il governo nazionale ha già dato il via libera, perché con Renzi esiste di fatto una sorta di concorrenza per una futura leadership, perché al tavolo di questa operazione in extremis dovrebbero essere chiamati soggetti, come Enel, disposti a pagare “volontariamente” un prezzo: ad esempio quello della riconversione della centrale di Cerano, così come chiesto a suo tempo da Sergio Blasi, anch’egli consigliere regionale del Pd. Ma senza l’unità di tutto il partito pugliese è molto complicato convincere il governo della praticabilità di una soluzione in extremis.

Le premesse politiche di questa complicata matassa sono in gran parte ancora “secretate” perché metterebbero a nudo da una parte contraddizioni e ripensamenti nei vari livelli istituzionali, dall’altra la pluralità di anime,  spesso confliggenti, all’interno di un partito e di uno schieramento chiamato ad essere al contempo di lotta, per non perdere punti rispetto ad una parte del suo elettorato, e di governo, particolarmente attento quindi a considerazioni ed impegni di carattere sovranazionale che della spiaggia di San Foca non se ne importano un fico secco. 

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