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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Il debito passa a maggioranza, ma l’esproprio da mezzo milione non convince nessuno

In commissione Bilancio tutti d'accordo: quel terreno, valutato 23mila euro nel 2004, è diventato un macigno per le casse comunali. Ma sulla mancata impugnazione della sentenza è scontro: perplessità anche da Fli

 

LECCE – Le perplessità, questa volta,  affiorano anche tra la maggioranza di centrodestra dove di solito, e soprattutto sulle questioni attinenti al bilancio, si vota in maniera disciplinata e indolore, cioè senza nemmeno discutere troppo. Ma sul riconoscimento come debito fuori bilancio della somma che il Comune di Lecce deve riconoscere ai proprietari (fratelli Sprò) di un terreno espropriato nel 2004 per la realizzazione del polo mercatale di Settelacquare –512mila euro diventate 647mila per gli interessi ed altri oneri -, il confronto è stato intenso, con l’unanime condivisione di una premessa: che quella stima, fatta dai periti del tribunale, è stata incomprensibilmente esagerata. Quella inizialmente fatta dai tecnici comunali aveva riconosciuto un indennizzo di poco inferiore ai 27mila euro, cifra giudicata irrisoria dai proprietari del terreno in questione che diedero vita al contenzioso.

La seduta odierna della commissione Bilancio è parsa, per numero di presenti, più quella di un consiglio comunale: c’era il presidente dell’assise cittadina, Alfredo Pagliaro (erano in corso le prove di registrazione audio, passo necessario per l’inserimento dei verbali sul sito istituzionale), c’erano i revisori dei conti, l’assessore al Contenzioso, Luigi Coclite, il dirigente del settore legale, Maria Luisa De Salvo, e una ventina di consiglieri, tra capigruppo e membri con diritto di voto. Del resto, il fardello dei debiti fuori bilancio pesa sulle tasche dei cittadini milioni di euro ogni anno.

Come 2mila metri quadrati di terreno – destinato in parte a verde attrezzato, in parte a verde pubblico -  possano valere tanto è stato infatti l’interrogativo cui nessuno in commissione Bilancio ha saputo rispondere in maniera convincente: nel merito, insomma, la sentenza pronunciata dalla Corte d’appello di Lecce – che in casi come questo è giudice di primo grado – ha lasciato tutti di stucco: dal consigliere comunale del Pd, Antonio Torricelli, che ha acceso i fari sulla vicenda, all’assessore al Contenzioso, da Loredana Capone, leader dell’opposizione, al consigliere di Fli, Monticelli Cuggiò, passando per Luigi Melica dell’Udc. Non si comprende, infatti, su quali basi il giudice possa aver accolto i termini della perizia (la seconda effettuata) che prendevano a metro di paragone un terreno di 11mila e 200 metri quadrati, espropriato nel 2001 e valutato 430mila euro. “E’ chiaro che una corretta proporzione corrisponde ad un quinto del valore, se riferito a due anni dopo e sempre che i proprietari avessero prodotto richiesta di variante per realizzare opere di interesse e fruizione pubblica, circostanza non verificatesi”, ha spiegato Torricelli.

La discussione è invece stata serrata su un altro aspetto: la mancata impugnazione della sentenza in Corte di Cassazione. Un aggravio ulteriormente oneroso che avrebbe visto sicuramente soccombere il Comune - hanno ribadito lo stesso Coclite e Maria Luisa De Salvo,– dati i precedenti in materia: la suprema corte, in pratica, per sua stessa natura non sarebbe entrata in una questione di merito, dovendosi attenere ai profili di legittimità. Una posizione non condivisa dalla minoranza perché la contraddittorietà delle motivazioni e la manifesta erroneità sarebbero ragioni sufficienti per un pronunciamento. A questa tesi – pur votando come i suoi colleghi di maggioranza – ha aderito anche Bernardo Monticelli Cuggiò parlando di “situazioni che non dovranno mai più ripetersi”. Sarebbe stato utile, invece, secondo l’esponente di Fli, impugnare la sentenza anche solo in maniera strumentale e, nelle more del giudizio, provare a raggiungere una soluzione con la controparte improntata a più miti consigli. La dirigente del settore legale ha ricordato di essere stata condannata, in passato, dalla Corte dei conti per essersi opposta ad un decreto ingiuntivo e che l’opposizione nel caso specifico sarebbe stata sicuramente sanzionata dai giudici perché meramente dilatoria. Daniele Montinaro, di Grande Lecce, ha concordato sull’iter procedurale seguito dall’amministrazione, condividendo la decisione di non impugnare la sentenza.

La seduta si è conclusa con sei voti a favore del riconoscimento e due contrari, quelli degli unici due esponenti dell’opposizione con diritto di voto, Torricelli e Salvemini. Quest’ultimo ha sollecitato i revisori dei conti ad indicare con precisione quali sono i criteri secondo i quali alcune sentenze esecutive del tribunale vengono indicati come debiti fuori bilancio e altre no: “In mancanza di questa operazione di trasparenza – ha concluso il capogruppo di Lecce Bene Comune – i consiglieri comunali non saranno mai messi nella condizione di esprimersi con cognizione di causa”. 

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