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Il Pd leccese affida la segreteria ad Alfonso Rampino. Ma è già polemica

Il consigliere provinciale è stato nominato prima ancora dell'assemblea di partito come coordinatore leccese. La sua indicazione dall'alto, però, fa storcere il naso agli "indignati", che commentano: "Pd in cancrena. Serve altro"

LECCE - Voltare pagina e ripartire, dopo la batosta elettorale in controtendenza con i dati nazionali. In tempi di rottamatori e dei più recenti formattatori, per il Pd leccese, alla luce del risultato nel capoluogo salentino, servirebbe un “reset” convinto per rilanciarsi e “dare senso a questa storia” (come recitava un vecchio slogan bersaniano). Ma prima di una qualsiasi mossa di ricostruzione, servirebbe un’attenta analisi di quanto accaduto nelle urne, per trovare le ragioni della disfatta. L’analisi, invece, non c’è. Al contrario della “soluzione”.

Il Pd, infatti, affida le “chiavi” della segreteria leccese ad Alfonso Rampino, consigliere provinciale di Trepuzzi: sarà lui il traghettatore del partito fuori dalla tormenta, col compito di tracciare la linea da percorrere per il futuro politico. La sua nomina è ufficiosa, ma ormai nota e sarà ratificata nell’assemblea provinciale che si terrà nei prossimi giorni. Ed anche questo è un fatto singolare: designazione verticale, nel solco della gestione “vecchio stile” del partito, che molto probabilmente ha rappresentato uno dei punti deboli del Pd leccese, visto da più parti come cronicamente abbarbicato a posizioni preconcette.

Del resto, non mancano già le prime critiche come nel caso di Gigi Pedone, nome del gruppo degli “indignati” del Pd, che parla senza mezzi termini di “cancrena leccese” nel partito: “Se non è zuppa – afferma -, è pan bagnato. Si potrebbe dire così della decisione della segreteria provinciale del Pd di nominare Alfonso Rampino quale ‘coordinatore’ del Pd leccese. Come se si trattasse di una questione di sostantivi. Quando, invece, dovrebbe trattarsi di una scelta chiara che dia senso al lavoro che si intende fare, per cui sarebbe stato necessario scegliere una persona che la città la conosca fin dentro le sue ‘visceri’”.

Per Pedone, l’indicazione di Rampino si presterebbe a più considerazioni. Innanzitutto, la nomina arrivata “senza aver fatto prima una seria analisi della disfatta elettorale del Pd leccese e della stessa vittoria (anomala quanto sbalorditiva) di Paolo Perrone e dell’alleanza che lo sosteneva”. Per Pedone, il “sedicente partito”, dimostratosi con il voto “soggetto estraneo alla società leccese”, continua a manifestare così tutta la propria “autoreferenzialità”, con la “vacuità della soluzione transitoria data ad una crisi che è strutturale”.

“È da essa – precisa - che si deve partire, oppure ogni altro tentativo è destinato solo a fallire, rimandando nel tempo quegli ‘interventi chirurgici’ che la “cancrena” che ammorba il Pd  leccese richiederebbe! Noi indignati, nel preparare il percorso congressuale, partiremo proprio da quelle grandi questioni, che saranno alla base della definizione del progetto politico e culturale da cui deve discendere la selezione (democratica- partecipata) del gruppo dirigente della Pd cittadino, svincolato dalla pratica lottizzatrice delle correnti e anche dai ‘notabili’ di turno”.

 

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