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Vista sul parco, ma con i pozzi avvelenati. L’incubo senza fine di una famiglia

La falda sottostante l'ex deposito Apisem e la proprietà Fiorentino è contaminata. La condanna di Giovanni Semeraro, in primo grado, per inquinamento colposo, non risolve la questione della bonifica. Proposta di Salvemini al sindaco Perrone

LECCE – La casa dei  Fiorentino è attigua all’ex deposito di carburanti Apisem, al Parco di Belloluogo e al cantiere del plesso universitario “Studium 2000”. Una sorta di enclave in cui l’odore che fuoriesce dall’apertura della botola di un pozzo è molto simile a quello della benzina. Lo stesso che la famiglia che ostinatamente ci vive avverte da quasi otto anni. La prima volta fu nel 2005, al ritorno da un viaggio.

Da allora è iniziato un incubo che si è materializzato, poco dopo, nella scoperta dell’inquinamento dei propri pozzi partito dall’ex deposito. Mai che qualcuno di Palazzo Carafa – è stato spiegato oggi ai cronisti – abbia messo piede nella proprietà. Della vicenda si discute da almeno un anno e mezzo dal punto di vista politico, ma, nelle scorse settimane, si è registrato anche un importante passaggio sul versante giudiziario con la sentenza di colpevolezza, in primo grado, per Giovanni Semeraro, responsabile della Rg Semeraro, titolare di quell’area già da tempo dismessa.

Ma non sono i giudici a fare quella bonifica che, hanno sostenuto oggi con forza i Fiorentino e Lecce Bene Comune, dovrebbe essere fatta subito. Il concetto è stato ripetuto in una sorta di sopralluogo nella proprietà della famiglia leccese, ma, del resto, lo avevano già suggerito i periti della Procura di Lecce nella relazione del 2011, agli atti del processo. La bonifica è incardinata sul ruolo della Conferenza dei servizi che ne determina una sorta di crono-programma: le due tappe preliminari sono la caratterizzazione dei luoghi e l’analisi dei rischi, fase dalla quale il procedimento non riesce a venir fuori dallo scorso luglio. L’orizzonte di una soluzione definitiva resta quindi di fatto indefinito nel tempo, nonostante la pena nei confronti del responsabile sia stata sospesa condizionandola proprio alla bonifica.

I legali della società proprietaria dell’ex deposito, hanno subito precisato che la messa in sicurezza è stata avviata nel 2008, non appena si è avuta contezza dell’inquinamento e che se ritardi ci sono stati, non sono riconducibili alla proprietà. Ma la situazione in falda si modifica nel tempo e non attende certo la burocrazia. Nell’ultimo prelievo sono stati analizzati cinque pozzi: uno si trova nel giardino dei Fiorentino, l’altro proprio nell’ex deposito. Rispetto al campionamento precedente i valori di Mbte – composto chimico sospettato di essere cancerogeno - sono aumentati di tre e cinque volte rispetto all’ultimo dato disponibile, a sua volta già abbondantemente oltre le “concentrazioni soglia di contaminazione”.

conferenza_fiorentino 010-2Per cercare di accorciare i tempi, Lecce Bene Comune ha lanciato oggi una proposta all’amministrazione comunale: quella di andare a Bari, insieme, per chiedere al governatore Nichi Vendola la disponibilità finanziaria della Regione. Il decreto legislativo 152 del 2006 consente infatti agli enti competenti sul territorio di sostituirsi d’ufficio al responsabile della bonifica, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici. E, secondo Carlo Salvemini, dovrebbe essere l’Università del Salento - direttamente interessata dalla vicenda visto che sui quei suoli ci sta costruendo sopra – ad assurgere al ruolo di coprotagonista della missione presso gli organi competenti della Regione.

Per Lecce Bene Comune è importante che la città comprenda un messaggio che non vuole essere allarmistico, ma realistico: il pericolo ambientale non è un problema della famiglia in questione, ma riguarda tutti perché la falda di profondità è un corpo idrico unico e lo scivolamento in direzione ovest-nord ovest, cioè verso il parco ricavato su tre ettari che sono stai espropriati ai Fiorentino, fa temere che i valori che oggi sono sotto soglia - e che per l’amministrazione comunale sono la riprova che non c’è stata alcuna sottovalutazione del fenomeno – possano peggiorare nel tempo. Perché tra il pozzo avvelenato nel terreno dei Fiorentino e quello analizzato nell’area a verde pubblico (realizzato dopo il 2011) non ci sono che pochi metri.

Più lotti di terreno, una sola falda di profondità

E d’altra parte se il Comune ha provato a costituirsi parte civile nel giudizio - non riuscendoci per un vizio procedurale -, sarà stato perché esisteva, oltre alla condivisione dell’impianto accusatorio, il timore che ci potesse essere un danno per la collettività che rappresenta. Intanto Provincia di Lecce, Codacons, Università del Salento e Legambiente, che nel processo sono state regolarmente ammesse, si sono visti riconoscere in giudizio una provvisionale.

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