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L’informazione locale risponde alla giunta: “Danni d’immagine, ma per le vostre scelte”

Il governo cittadino sta valutando, tramite un legale, di intraprendere azioni giudiziarie e sollecitare iniziative disciplinari per notizie pubblicate nel 2011 a proposito di un presunto consumo di droga da parte di alcuni amministratori di allora. Una mossa che, dopo quattro anni, sconcerta e indigna

LECCE  - Il mondo dell’informazione locale, chiamato nei giorni scorsi in causa dall’attuale amministrazione comunale per eventuali danni relativi ad alcune notizie pubblicate nell’ottobre del 2011, prende posizione. Nell’ultima seduta di giunta è stata infatti approvata all’unanimità – un solo assente – una delibera per l’affidamento ad un legale di un incarico finalizzato a ravvisare eventuali profili di illegittimità o di attività contrarie alla deontologia professionale negli articoli e nei servizi sui presunti contatti tra esponenti dell’istituzione cittadina e personaggi del mondo criminale per il consumo di sostanze stupefacenti.

La pubblicazione seguì l’operazione di polizia giudiziaria denominata “Augusta” e fu un comunicato stampa del procuratore capo della Repubblica, Cataldo Motta, a escludere ogni coinvolgimento, per quanto risultava dalle indagini, di rappresentanti politici locali. Esattamente quattro anni dopo la questione torna d’attualità, se non altro per le intenzioni del sindaco Perrone e dei suoi assessori, ai quali le testate La Gazzetta del Mezzogiorno, Telenorba, Telerama, LeccePrima e Nuovo Quotidiano di Puglia hanno deciso di rispondere in maniera congiunta.

Il ripensamento a scoppio ritardato ha sempre qualcosa di non detto, se non proprio di sospetto. La delibera con cui ora, ottobre 2015, il sindaco e l’amministrazione comunale di Lecce danno mandato a un legale per verificare se i media tutti abbiano leso il decoro, la reputazione e l’immagine di Lecce a proposito dell’operazione antimafia “Augusta”, ottobre 2011, con riferimento al possibile consumo di droga da parte di alcuni politici locali (alla fine nessun coinvolgimento nell’inchiesta, ma anche nessun nome sbandierato), pare essere quello che sembra: un subdolo tentativo di condizionamento dei mezzi di informazione.

 Le dinamiche dell’informazione e della comunicazione sono spesso intrise di toni accesi e inquadrature sfocate. In genere la dialettica della cronaca quotidiana nello svolgimento dei fatti, e ancor più delle inchieste, corregge in corso d’opera il tiro quando è fuori mira. E così è stato in quei giorni convulsi della retata che scoperchiò i nuovi affari della Sacra corona unita risorta dalle proprie ceneri. Del coinvolgimento di politici e amministratori molto si disse, anche sotto la spinta di prese di posizione al calor bianco di autorevoli esponenti dell’opposizione. Fu un comunicato del procuratore Cataldo Motta a mettere fine, nel volgere di pochi giorni, a sospetti e polemiche. Tv e giornali tutti ne presero immediatamente atto. Fine della storia.

 Parlare ora, e solo ora, di danni all’immagine per una vicenda finita da tempo in archivio, e pressoché dimenticata da tutti, sconcerta e indigna. I danni di immagine subìti dalla città negli ultimi tempi si devono piuttosto a scelte discutibili e a un certo grado di disattenzione e approssimazione di chi dovrebbe tenerla nella massima considerazione, non fosse altro che per vincolo di mandato. Voler immaginare altri collegamenti con storie e vicende datate nel tempo (e risolte da tempo) ha il retrogusto amaro della mistificazione. O, appunto, del subdolo tentativo di condizionamento dei mezzi di informazione di fronte agli eventuali sviluppi delle inchieste giudiziarie in corso . Al quale, va da sé, ci sottrarremo. Con la schiena dritta e la coscienza a posto. Come sempre.

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