"Chi vota no, tiene l'Italia nella palude". Punta sul futuro la sfida di Renzi
Il premier, dopo aver dribblato stampa all'ingresso e contestazioni sotto la pioggia, spiega le ragioni a favore della riforma costituzionale
LECCE – Matteo Renzi dribbla le contestazioni sotto il diluvio - con docenti, operai, comitati per il no tenuti a distanza dal Politeama Greco - ed esordisce, entrando da un'entrata secondaria, con una battuta sul governo ladro perché porta la pioggia e un’altra sulla Firenze del Sud o sulla Lecce del Nord.
Il suo intervento è un one man show, come il palchetto dal quale parla e lo schermo sullo sfondo suggeriscono da subito. Con il suo solito look camicia bianca e cravatta, il presidente del Consiglio dei Ministri annuncia il sodo del referendum, ma parte da lontano, dal ruolo dell’Italia in Europa e nel mondo, ringrazia i parlamentari salentini – con un applauso della platea per la vice ministro allo Sviluppo Economico Teresa Bellanova –, cita le unioni civili come segnale di progresso e loda la reazione degli italiani davanti alla difficoltà.
Inevitabile un passaggio sulla situazione politica della giunta di Roma: "A me dispiace quello che accade perché prima di essere segretario del Pd io sono un cittadino e sono triste se un assessore della capitale non dura più di un giorno. Io ho dato la mia disponibilità al sindaco di Roma a fare tutto il possibile". Fa quindi vedere un frammento di un video di Grillo che critica l’Expo e risponde con i 21 milioni di visitatori “innamorati dell’Italia”. Tutto questo per dire che bisogna mettersi in gioco per un “sistema più semplice”. Ed eccoci al dunque.
Nel mirino finisce “il Parlamento più numeroso e costoso dell’Occidente e quel bicameralismo paritario” che in fondo “nemmeno i padri costituenti volevano, ma che fu frutto di un compromesso”. Il 9 settembre del 1979, in un celebre discorso, fu Nilde Iotti – lo dice Renzi con una maxi slide per rintuzzare le critiche dell’ala sinistra de partito – a dire basta al bicameralismo così com’è. Attacca la vecchia guardia, tutta schierata per il no e legge il quesito referendario: “Chi vota no, ed è legittimo, significa tenere l’Italia nella palude”.
Poi passa al merito dei singoli punti. Paragona il bicameralismo paritario all’assemblea di condominio, che dopo una settimana dalla prima decisione può cambiare o modificare quello che è stato deciso dopo “otto ore di discussione” la prima volta. Ricorda l’instabilità tipica italiana, con 63 governi nella storia repubblicana. “L’idea di ridurre il numero dei parlamentari a me sembra il minimo sindacale”, chiosa passando al secondo tema del quesito. Sul contenimento dei costi e sulla soppressione del Cnel - “in 70 anni ci ha mangiato l’equivalente di un miliardo di euro” – spende solo un fiato, così come sul titolo V della seconda parte della Costituzione, riproponendo il tema della bicamerale tra D’Alema e Berlusconi come quartier generale del no.
“Io conto su fatto che questa riforma deve essere solo illustrata, chiedo a tutti voi uno sforzo civile e civico. Chi è per il no gode del nostro rispetto, ma se qualcuno di voi pensa che questa riforma sia importante per il futuro, per i nostri figli, per il ruolo del nostro paese, vi prego diamoci una mano. Raccontiamo perché serve questa riforma”.
La fine dell’intervento sta in un video di un minuto e mezzo col quale Renzi invita a guardare cosa è l’Italia: sullo schermo parte un video molto spartano con alcune delle meraviglie artistiche e paesaggistiche del Belpaese: “Tutta questa bellezza non può essere sprecata”. Quindi un passaggio sulla macchina dei soccorsi che si è attivata nel recente terremoto che ha sconquassato l’Italia centrale: “Non basta essere i numeri uno della solidarietà, ma dobbiamo esserlo del futuro. Questa sfida riguarda tutti i cittadini, io vi chiedo di mettervi in gioco. In un mondo che ha paura del domani, noi andiamo a prenderci il futuro. Viva Lecce, viva l’Italia che dice sì”. E dopo gli applausi del pubblico democratico, trionfo di selfie.