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Elezioni del 25 maggio: intervista a Gano Cataldo de “L’Altra Europa con Tsipras”

Politiche energetiche, emergenza rifiuti, strategie per la "ricostruzione europea" in tempo di crisi economica. Questi i temi affrontati con il giovane esponente pugliese di Sinistra Ecologia e Libertà, in corsa per il Parlamento Europeo

LECCE – Tra le proposte politiche per le elezioni europee – si vota il 25 maggio – c’è quella della lista “L’Altra Europa con Tsipras”. Il leader è il giovane esponente della sinistra radicale greca, accreditato del successo alle imminenti politiche. Attorno a lui si è articolata in tutto il Vecchio Continente un piccolo esercito di candidati pronti a dare battaglia a Bruxelles. Tra loro Gaetano Cataldo (detto Gano), esponente pugliese 33enne di Sinistra, Ecologia e Libertà. Che abbiamo intervistato.

Nel Salento si dibatte molto del progetto di gasdotto di Tap. Qual è il suo punto di vista?

Si parla di due gasdotti di cui uno già autorizzato: è la dimostrazione che questo Paese non ha una strategia energetica univoca, ogni governi ne vara una diversa e gli esecutivi cambiano ogni cinque mesi. Noi dobbiamo capire che tipo di energia vogliamo per il futuro: non si può discutere di un gasdotto e contemporaneamente chiedere le autorizzazioni per trivellare in Basilicata. Nello specifico di Melendugno poi, abbiamo una vocazione turistico-ricettiva molto netta: l’opera strategica nostra deve essere la messa in sicurezza della falesia che da risorsa paesaggistica non può divenire un problema. Davvero apprezzabile la determinazione del Comune di Melendugno sulla vicenda,  ma bene anche la campagna di ascolto promossa dalla Regione Puglia.

Un’altra ferita aperta è quella dei rifiuti, come del resto in altre aree del Mezzogiorno. Anocra una volta un’emergenza ambientale?

“Noi non siamo una terra dei fuochi bis però la natura stracciona delle organizzazioni criminali pugliesi si è spinta al punto di vendere pezzettini di territorio per nascondere una manciata di bidoni. Certo, bisogna capire la portata di questa bomba ecologica, ma resta comunque una questione di rilevanza nazionale. La prima cosa è rassicurare le popolazioni locali e non neutralizzare la loro mobilitazione spontanea. Noi dobbiamo bonificare i terreni, dopo un censimento approfondito, con le risorse inutilizzate dei fondi europei”.

La crisi economica ha fatto maturare la convinzione diffusa di dover riformare l’Europa. Che spazio occupate voi in questo panorama?

Il nostro europeismo è qualitativamente più elevato degli altri. Adesso tutti si dicono riformatori, anche Schulz in una recente intervista, ha accennato alla possibilità di ridiscutere alcuni parametri finanziari. Ma non si può sbraitare in casa, o in campagna elettorale, e poi piegarsi supinamente a Bruxelles. In Italia i governi dal 2011 in poi hanno avuto tutti il compito di rimettere a posto i conti. I risultati sono: il 13 per cento di disoccupazione, il 44,2  per cento di disoccupazione giovanile, nessuna ripresa, contrazione redditi, con l’elemosina di 80 euro che non riguarda autonomi e pensionati.

Non ha senso perseguire il pareggio di bilancio: non lo fanno gli Usa e il Giappone, in epoca di crisi ci vuole l’intervento pubblico qualificato e diretto. L’alternativa demagogica di uscire dall’euro è una sciocchezza enorme: il vero problema è il ruolo della Banca centrale europea, perché deve acquisire sovranità monetaria piena. Oggi non fa quello che dovrebbe fare, cioè prestare soldi agli stati, essere leva di sostegno alla crescita. Oppure, se si vogliono a tutti i costi mantenere saldi i vincoli del rapporto deficit su Pil allora bisogna ragionare a livello europeo, altrimenti il prezzo delle nostre fatiche diventa il ricavo per altri Paesi. Esattamente come accade oggi”.

Sono ancora tanti gli elettori indecisi e i potenziali astensionisti. Come convincerli?

La sinistra non è stata in Parlamento e si è visto. E anche in Europa si è vista l’assenza di una rappresentanza veramente progressista.. Gli altri partiti, anche i più antisistema, usano le elezioni europee come camera di misurazione dei rapporti di forza interni. Noi siamo la garanzia che di Europa si può parlare senza pensare a compensazioni tra le parti, e puntare allo sviluppo complessivo: pensiamo ai fondi europei. La Puglia li ha utilizzati molto bene consentendo di rimettere in sesto la produzione agricola nonostante una politica agricola comunitaria attenta solo al Nord. L’Europa non deve essere il nome delle paure o quello da affibiare ai nemici, ma un’opportunità concreta come lo è stata per altri Paesi: si pensi al distretto basco, tra Spagna e Francia: era una regione equiparabile a Taranto, concentrata sulle acciaierie, poi dismesse. Ora è una delle più dinamiche e innovative del continente. Quando c’è un’idea, gli strumenti che offre l’Europa sono significativi. Infine, noi vogliamo diventare determinanti  nel Parlamento europeo per spezzare le larghe intese che ci sono da sempre tra gli schieramenti. 

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