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Giovedì, 25 Aprile 2024
Politica

Primarie, Guglielmo Minervini non ha paura dei big: "Innovazione e giustizia sociale"

LeccePrima ha posto alcune domande all'assessore alle Politiche giovanili del governo regionale. Dall'entusiasmo nella prima convention ai conti in sospeso con il passato: criminalità, abusivismo, lavoro. Senza dimenticare il gasdotto

LECCE – Guglielmo Minervini è assessore alle Politiche giovanili, Trasparenza e Legalità della Regione Puglia. Ha 53 anni ed è professore di informatica. Esponente del Partito democratico, si è candidato alle primarie del centrosinistra del 30 novembre: in campo ci sono anche il segretario regionale del suo partito, Michele Emiliano, e Dario Stefàno per Sinistra Ecologia e Libertà. In questa intervista Minervini – che si propone sulla scia delle best practice della “primavera pugliese” – racconta la sua visione dell’esperienza di governo di cui fa parte e che ha segnato la vita dei pugliesi negli ultimi nove anni e anche le sue idee per guardare avanti con rinnovato entusiasmo. Sulla spinta di una mobilitazione della società civile e in particolare del mondo associazionistico giovanile che lo lasciano ben sperare. In calce all'intervista un intervento a sostegno di Minervini, da parte di una giovane pugliese che vive negli Stati Uniti. Lo stesso trattamento, naturalmente, avranno tutti i candidati alle primarie.

Dalla “triste” assemblea del Pd e dalla querelle sulle firme al tutto esaurito della sua prima convention. Se lo aspettava?

Martedì più di 500 giovani hanno lanciato un messaggio molto bello a tutto il centrosinistra, dicendo che vi è una forza sociale che non vuole rimanere alla finestra ma essere parte attiva di questo straordinario percorso che sono le primarie, portando i propri sogni, le proprie istanze, il proprio bisogno di costruire una regione che spinga con ancora maggiore forza sull'acceleratore del cambiamento. Il dato politico di queste ultime ore è questo. Il resto invece rischia di divenire un dibattito incomprensibile, che non aggiunge ma toglie valore. Su questo la mia posizione è semplice. Vogliamo che si rispettino le regole. Hanno trasformato la raccolta delle firme che, di solito, è un gesto di fair play per consentire la massima partecipazione, in un atto di forza, per il quale sono state mobilitate le strutture del partito. Resta una certa rozzezza del gesto: non si mette uno sgambetto per impedire di raggiungere i nastri di partenza. La gara si fa dopo.

Tra le esperienze più positive degli ultimi anni, la riconnessione col tessuto giovanile attraverso programmi ad hoc. Ma sono ancora tante, troppe, le energie migliori che restano altrove o lasciano la regione. Come invertire definitivamente questa tendenza?

Le nostre politiche, fatte con pochi spiccioli, hanno restituito risultati incoraggianti, ma è evidente che non hanno risolto il problema, anche perché nel frattempo è intervenuta la crisi economica che ha colpito come un macete sui giovani. Le nostre politiche, dalla crisi in poi, sono state un cartello stradale che hanno indicato la direzione che percorreremo con vigore se saremo chiamati a governare la Puglia Nella nuova programmazione ci sono 100 milioni, 5 volte in più delle risorse che abbiamo avuto a disposizione fino ad adesso. Risorse che intendiamo investire per parlare non solo ai talenti, ma a tutti quanti, a cominciare dai NEET, cioè quei ragazzi che hanno smesso di studiare o di cercare un lavoro e che sono oggi per migliaia di famiglie pugliesi la principale preoccupazione della vita di tutti i giorni. Perché una cosa deve essere chiara: affrontare la questione generazionale, vuol dire affrontare e risolvere la questione delle questioni. Penso proprio che l’incrostazione del paese su se stesso sia la causa principale del suo declino.

Una cosa che si rammarica il governo regionale non abbia fatto ed un’altra che lei sicuramente farebbe come prioritaria.

In 10 anni la Puglia è diventata una regione centrale nell'immaginario nazionale. Siamo riusciti ad essere un Sud anomalo che non si lamenta, ma si rimbocca le maniche, che non chiede con il cappello in mano ma sa proporre e produrre nuovi modelli di crescita e di sviluppo. Purtroppo ci portiamo dietro mali e questioni ataviche, che ancora ci accomunano al resto del Mezzogiorno, che non siamo riusciti a risolvere: penso alle grandi questioni ambientali, all'abusivismo, alla presenza della criminalità organizzata, al caporalato come unico strumento di reclutamento lavorativo nelle campagne. I prossimi anni devono essere dedicati a sciogliere questi nodi, a chiudere definitivamente la partita col nostro passato più cupo, per proiettare la Puglia verso il futuro, per renderla la Regione dove convivano saldamente innovazione e giustizia sociale.

La sua candidatura incontra il favore, oltre che di una parte del Pd, legata soprattutto ai giovani e all’associazionismo, anche di una parte dell’elettorato più a sinistra. Ma non teme, tra due poderosi catalizzatori di consenso, di “finire” come Civati?

I sondaggi dicono che tra i cittadini che conoscono tutti e tre i candidati, noi oggi siamo in testa. Credo, in totale sincerità, che se nelle prossime settimane saremo bravi a spiegare qual è la Puglia che abbiamo in mente, una Puglia pensata attorno a quattro parole chiave quali Accesso, Opportunità, Nuovi e Trasparenza, ne vedremo delle belle. In fondo per me non sarebbe la prima volta: tanti anni fa, quand'ero ancora un ragazzo di 32 anni, nella mia Molfetta nessuno avrebbe puntato una lira sulla vittoria mia e di uno straordinario gruppo di ragazzi senza alcun potere forte alle spalle. E non lo sarebbe neppure per la Puglia, che già nel 2005 e nel 2010 ha dimostrato di scegliere in base ai propri convincimenti e non alle indicazioni degli apparati dei partiti.

Minervini, che significa per lei essere di sinistra oggi?

Tenere saldamente assieme innovazione e giustizia sociale. Senza l'una non c'è l'altra. Senza di esse non c'è il futuro. Ed essere di sinistra vuol dire dischiudere le porte del futuro, farne un tempo nel quale le cose vadano sempre meglio per tutti, nessuno escluso.

Vicenda Tap, pare il momento del tutti contro tutti. Lei che ha vissuto in prima persona la questione cosa pensa si debba concretamente fare, adesso?

Penso che se, come sembra, nel decreto Sblocca Italia vi è una norma che riporta in capo allo Stato centrale tutte le decisioni in merito a questo e alle trivellazioni nell'Adriatico, la Puglia dovrà far sentire con forza la sua voce. Non siamo la regione del No a tutti i costi e del Sì a tutti i costi. Siamo però una comunità con la spina dorsale diritta, che non può essere mortificata in questo modo. Che i deputati del centrosinistra facciano la loro parte: si impegnino per modificare il testo. Hanno dalla loro tutti gli strumenti legislativi per provarci. Si spendano per fare in modo che la Puglia non venga mortificata. Quanto alla Tap penso che la localizzazione sia assurda. Se si vuol fare, allora si scelga un sito più idoneo e si curi qualche ferita ambientale del passato. Si chiede ma anche si dà

Le prime interlocuzioni più o meno riservate sul gasdotto risalgono al 2006 ma la discussione pubblica è partita solo dopo alcuni anni. Ed è un periodo che chiama direttamente in causa l’esperienza della “primavera pugliese”. Qual è il peccato originale in questa storia?

Le responsabilità sono piuttosto distribuite. La politica ha sottovalutato la questione. L'azienda ha avuto un atteggiamento coloniale, che ha prodotto la sacrosanta indignazione delle scorse settimane. Se entrambi, assieme, avessero costruito una proposta articolata, di costruzione del valore per il territorio, oggi le cose sarebbero diverse. uanti governi nazionali ha avuto l’azienda come interlocutore? E perché, nello stesso arco di tempo, si sono varati due gasdotti a poche decine di chilometri di distanza? l fatto è che non è esisteuna linea coerente. Mettere insieme il fabbisogno del gas, la situazione energetica e ambientale della Puglia, e le ferite del passato. Quando sono arrivato io, era già tardi, perché il campo di gioco era ristretto a una sola partita possibile dove. stavamo facendo la nostra parte, di soggetto istituzionale che mediava tra gli interessi e le necessità dei comuni in cerca di una soluzione. Ma poi è arrivata la decisione di Roma come una doccia gelata. Adoperiamoci affinché il pallino del gioco torni in mano ai salentini.

Un messaggio per il popolo salentino del centrosinsitra.

Innovativa e solidale. È questa la Puglia che vogliamo costruire. Per farla non abbiamo bisogno di supporter, non chiediamo gente che il 30 novembre si rechi pigramente a votare. Vogliamo un popolo in movimento, che partecipi giorno dopo giorno, da ora e per i prossimi 5 anni per fare della Puglia l'istituzione a più alto tasso di partecipazione e di trasparenza del nostro Paese. È il nostro momento. Avanti.

(Leggi l'intervento di Francesca Cavallo)

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