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Giovedì, 28 Marzo 2024
Politica

Intervista all'ex viceministro Fassina: "Tutta la resistenza possibile per il Reddito di cittadinanza"

Nel Salento per presentare il suo libro “Il mestiere della sinistra nel ritorno della politica”, l’ex deputato parla di un “neoumanesimo laburista e ambientalista” e punta il dito contro l’impianto liberista degli ultimi anni. Presenti all'incontro anche Nicola Grasso e Claudio Stefanazzi

COPERTINO – Un “neoumanesimo laburista e ambientalista” per le battaglie comuni delle aree progressiste e di sinistra assieme al Movimento Cinque Stelle. Per Stefano Fassina, che è stato viceministro dell’Economia col governo Letta e deputato, per lui che ha avuto una esperienza quinquennale al Fondo monetario internazionale, è ora che la sinistra torni a svolgere il proprio “mestiere”: il lavoro al centro, assieme alla transizione ecologica e alla “resistenza” per la tutela del Reddito di cittadinanza.

Dopo la scorsa tornata elettorale, alla quale non si è però  candidato, Fassina ha dato vita al “Coordinamento 2015. Civico, ecologista e di sinistra”: una rete nazionale impegnata sui temi condivisi con Giuseppe Conte. Nella serata di lunedì ha presentato a Copertino il suo ultimo libro dal titolo “Il mestiere della sinistra nel ritorno della politica”, in un incontro  organizzato dall’associazione Distopia Culturale al quale erano anche presenti la sindaca Sandrina Schito, il deputato Claudio Stefanazzi e il professore Nicola Grasso, docente di Diritto presso Unisalento.PHOTO-2022-11-29-17-07-23(1)

Onorevole Fassina, già dal titolo il suo libro cita il “mestiere” della sinistra. Tralasciando il termine ed entrando nel merito, è corretto oggi pensare che il faro di riferimento debba restare il produttivismo?

“Il faro deve tornare a essere, poiché non lo è stato più per troppo tempo, il lavoro. Il lavoro inteso come sguardo sulla società, sull’economia, quindi sulla dignità della persona che lavora e come punto di vista che serve ad affrontare le contraddizioni del nostro tempo. A cominciare da quella ambientale e, in questi mesi così drammatici, la guerra. Quindi la sinistra deve ritrovare la strada della rappresentanza e della promozione della dignità del lavoro. L’allontanamento delle fasce di popolo più ampie dalla sinistra dipende dal fatto che la sinistra non è stata più in grado di mettere il lavoro al centro”.

A questo proposito, che cosa inibisce l’universo della sinistra a un ritorno assertivo sui temi essenziali come la dignità salariale, la salute, l’emergenza ambientale e i diritti civili?

“Beh, la sinistra dei diritti civili se ne è occupata piuttosto ampiamente. E ogni tanto con un impianto liberista che nel libro argomento perché non lo condivido, a cominciare dalla cosiddetta “maternità surrogata”. Dopodiché la sinistra, dal1989, è rimasta appunto schiacciata dall’impianto liberista, prima egemonico e poi dominante. E ha rimosso quella capacità critica che invece ne contraddistingueva la funzione storica in termini di promozione del lavoro, di regolazione dell’economia anche per quanto riguarda la transizione ambientale in questo momento. Quello che è avvenuto in questi anni è che fuori dal perimetro della sinistra ufficiale - la sinistra storica, la sinistra della famiglia social democratica europea -sono nate esperienze interessanti: in Francia, in Spagna e anche in Italia con il Movimento Cinque Stelle”.

Sua un’interrogazione parlamentare di 5 anni fa con la quale chiedeva la chiusura del cementificio Colacem di Galatina, nell’ambito della vicenda sull’utilizzo delle ceneri provenienti dalla centrale di Cerano. E poi c’è ancora l’Ilva di Taranto. Qual è un possibile progetto di sinistra per tenere in piedi i diritti del lavoro e quelli della salute?

“Un problema rilevantissimo. È la sfida che dobbiamo affrontare: la chiave è l’innovazione e puntare sugli investimenti. È chiaro che non possiamo chiedere a un lavoratore che non ha alternative di scegliere tra lavoro e salute, perché diventa una scelta insostenibile. Bisogna fare in modo che il lavoro sia un lavoro di qualità, che non comprometta la salute né del lavoratore, né della comunità nella quale l’attività si svolge. Anche attraverso il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza, ndr) abbiamo stanziato risorse importanti per una transizione ambientale che salvaguardi il lavoro. Nel libro insisto molto su questo punto: il lavoro è il punto di vista imprescindibile anche per attraversare la transizione ambientale”.

La necessità di conciliazione tra lavoro, uguaglianza sociale e salute, ora più che mai passa  infatti anche per il tema dell’emergenza climatica. Lei invoca un neoumanesimo ambientalista e laburista. In quali visioni è traducibile?

“Oggi si tradurrebbe innanzitutto nell’impegno allo stremo delle forze per un negoziato, una tregua e per una pace. Poiché la guerra, oltre al disastro e alle sue morti, ci sta portando indietro. Sta fornendo un alibi a coloro che non vogliono andare avanti nella transizione ambientale per poter tornare indietro: si torna a parlare infatti di trivelle, di carbone. Oggi la guerra, oltre ai drammi che determina in termini di distruzione, ha un effetto ambientale drammatico. È chiaro che bisogna puntare su investimenti e che i Paesi ricchi del pianeta debbano sostenere la transizione ambientale in quelli in via di sviluppo. Purtroppo la Cop 27 di Parigi non ha prodotto i risultati che auspicavamo e non possiamo di certo chiedere a chi non ha ancora raggiunto i nostri livelli di reddito pro capite di rinunciarvi perché noi abbiamo un problema. Quindi, ripeto, vanno sostenuti attraverso un impegno finanziario che, in questo momento, è tragicamente inadeguato”.

La questione del Reddito di cittadinanza, che anima il dibattito politico di questi giorni, sarà un banco di prova decisivo. Lei crede nella tenuta del Governo Meloni?

“La tenuta ci sarà anche perché la presidente Meloni è prudente e sa bene che si trova su un crinale complicato poiché, con l’aumento dei tassi di interesse e del debito pubblico che ci ritroviamo, è moto facile capottarsi. Quindi non mi aspetto sul piano della finanza pubblica operazioni particolarmente spericolate. La gestione del reddito di cittadinanza fa parte invece delle iniziative che intraprenderanno per dare in pasto al proprio elettorato qualcosa che sia dal loro punto di vista significativo. Rispetto al reddito di cittadinanza faremo tutta la resistenza possibile dentro e fuori le istituzioni, per tutelarlo. Non solo, un altro aspetto: se è vero che sugli extraprofitti si prenderà meno di tre miliardi, vuol dire che proprio non ci siamo: è un Robin Hood che funziona al contrario e che toglie ai poveri per dare ai ricchi. Imprese energetiche, assicurative, farmaceutiche hanno prodotto decine e decine di miliardi di extraprofitti ed è inaccettabile che non si attinga da quelli per sostenere coloro che sono in difficoltà”.

Lei ricorre spesso all’articolo 41 della Costituzione. Le sta a cuore  puntualizzare come  l’iniziativa economica privata non debba provocare conseguenze alla dignità, alla salute e all’ecosistema.

“In questi 30 anni le quattro libertà economiche fondamentali (di movimento di capitali, di merci, servizi e persone) sono state declinate inseguendo l’interpretazione prevalente dei trattati europei come libertà assolute. Che ha finito per mettere ai margini il lavoro e l’ambiente. La nostra Costituzione, a partire dall’articolo 41, tutela le libertà economiche fondamentali ma in quanto finalizzate a realizzare utilità sociale. Questo è un punto fondamentale. Per schematizzare: la sinistra sta con l’articolo 41 della Costituzione, non con gli articoli dei trattati europei che assolutizzano le libertà fondamentali. È venuto a mancare, sotto i colpi dell’egemonia liberista, la connessione tra la sacrosanta libertà di iniziativa economica e le finalità sociali e ambientali”.

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