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Istituto Margherita, vent'anni dopo nessuna soluzione per il recupero

L'edificio di via Palmieri è inserito nel piano delle alienazioni. Suddiviso in tre lotti, tra accordi saltati e pareri difformi

LECCE – In disuso dal 1997, l’ex Istituto Margherita di via Palmieri – già convento dei Fatebenefratelli di San Giovanni - versa in condizioni di degrado. Dello storico edificio si è tornato a discutere oggi in commissione Bilancio. Volontà del presidente Antonio Torricelli è quella di trovare finalmente una via d’uscita da un impasse che sembra aver destinato l’immobile ad un colpevole oblio.

L’assessore Rita Miglietta, che ha la delega alla valorizzazione del patrimonio pubblico, non ha potuto partecipare alla seduta ma, raggiunta telefonicamente, ha poi commentato: “Si tratta di fare i conti con un immobile il cui stato di degrado deve essere accuratamente verificato e che potrebbe portare anche a una ridefinizione dei lotti in cui è stato suddiviso per il piano delle alienazioni che attualmente  resta un'ipotesi in campo per la sua valorizzazione. Per un edifico di quelle dimensioni bisognoso di rilevanti interventi di recupero è molto difficile per l'amministrazione comunale reperire le ingenti risorse necessarie al recupero e alla gestione. Ogni ipotesi di valorizzazione dell'immobile compatibile con il centro storico della città e i suoi valori culturali è aperta”.

Una vicenda complessa

Dopo la dismissione delle scuole ospitate nell’immobile che risale all’inizio del 1600 e che ha una superficie coperta di 6mila e 500 metri quadrati non vi è stata alcun tentativo concreto di rilancio nell’ambito di una progettazione pubblica che salvaguardasse la destinazione sociale e culturale, in conformità con la classificazione di istituto pubblico di assistenza e beneficienza organizzato come organismo di diritto pubblico secondo la legislazione del Regno d’Italia .

Passato poi nel patrimonio del Comune, con tutto il personale annesso, l’ex istituto è stato inserito nel 2010 nel piano delle alienazioni voluto dalla prima giunta guidata da Paolo Perrone, allo scopo di attrarre liquidità per le sofferenti casse di Palazzo Carafa. Per rendere l’edificio più attrattivo per eventuali investitori, fu fatta una variante urbanistica che affiancava alla destinazione assistenziale anche quella ricettiva. Ma per ben due volte l’asta con un importa minimo di 7 milioni di euro andò deserta. Su proposta del consigliere di maggioranza Antonio Carlà, nel 2011 si propone un’ulteriore sostanziale variazione, concretizzata poi nel giugno del 2012: la suddivisione in tre lotti e la doppia destinazione, ricettiva per uno e residenziale per gli altri due. Il tutto per un valore ridotto a 4milioni e 282 mila euro complessivamente.

L'accordo con Invimit

Non avviene nulla, però, fino al 2015 quando l’immobile, insieme ad altri comunali per un totale di 21, viene inserito – ad un valore ulteriormente ribassato - in un cespite affidato al fondo immobiliare chiuso costituito dal Comune e dalla Invimit Sgr (Investimenti immobiliari italiani – Società di gestione del risparmio). L’obiettivo era quello di finanziare opere pubbliche, nello specifico la nuova sede del Comune, un asilo e un mercato coperto, con i denari di Invimit che si sarebbe rifatta con un ritorno del 3,5 per cento sull’importo di ogni vendita effettuata. Sembra finalmente la svolta, tanto che una delibera di giunta del novembre 2015 ribadisce lo smembramento in tre lotti per realizzare trenta camere d’albergo, una trentina di mini appartamenti, un ristorante, una spa, quattro locali commerciali e altri spazi. L’accordo invece svanisce nel nulla e gli immobili restano dunque nella disponibilità del Comune.

Le tre autorizzazioni

Tutte le fasi della vicenda furono seguite con scrupolo da Torricelli che, dopo essersi opposto alla proposta di suddivisione in lotti già nel 2011, nel 2016 scrisse alla direttrice del Segretariato regionale dei beni e delle attività culturali (e all’allora assessore regionale ai Servizi Sociali), per avere un parere definitivo sulle autorizzazioni rilasciate nel corso del tempo, trattandosi di un edificio vincolato. I primi due provvedimenti – di Ruggero Martines nel 2009 e di Isabella Lapi nel 2012 – prescrivono che l’immobile “dovrà essere destinato a usi compatibili con il suo carattere culturale e storico o tali da non arrecare pregiudizio alla sua conservazione e al pubblico godimento”; il terzo, a firma di Gregorio Angelini, annulla i due precedenti e autorizza la suddivisione in tre lotti. Un cambio di direzione che non ha mai persuaso Torricelli essendo il contesto normativo di riferimento lo stesso in tutti e tre i distinti momenti.

I componenti della commissione Bilancio mercoledì prossimo terranno una nuova seduta sull’argomento ma questa volta proprio presso l’ex Istituto, per rendersi conto.

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