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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Storica sentenza: concessa la cittadinanza italiana al figlio di una migrante

Manuele, nato nel nostro Paese da una filippina, aveva chiesto a 18 anni, come prevede la legge, di diventare cittadino italiano. Il Comune di Lecce si è opposto ritenendo la madre irregolare, ma i giudici hanno riconosciuto le ragioni del ragazzo

LECCE – In un’epoca in cui lo ius soli (in latino “diritto del suolo”, un'espressione giuridica che indica l'acquisizione della cittadinanza come conseguenza del fatto di essere nati nel territorio dello Stato, qualunque sia la cittadinanza posseduta dai genitori) continua, in spregio dei più elementari principi di uguaglianza e universalità dei diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione, a suscitare polemiche, spaccature e dibattiti, arriva da Lecce una sentenza che sembra dare nuova speranza ai figli di tanti migranti giunti sulle coste italiane.

Quella di Manuele (figlio di una cittadina delle Filippine, e di padre non noto) è la storia di tanti ragazzi e ragazze nati e cresciuti in Italia ma con origini in aeree geografiche diverse dal nostro Paese. Studiano in Italia, parlano la lingua italiana e i dialetti locali, molto probabilmente non sono nemmeno mai stati nella nazione d'origine dei loro genitori né il più delle volte ne parlano la loro lingua. Eppure non sono riconosciuti cittadini italiani come tutti gli altri. Per ottenere la cittadinanza devono sottoporsi, al compimento del 18esimo anno di età, a un iter burocratico lungo e complesso, che non sempre termina con esiti positivi per il richiedente, con conseguenti e inevitabili gravi problemi di inserimento sociale e d’identità.

Anche Manuele, nato a San Pietro Vernotico, cresciuto prima in un istituto e poi in una famiglia leccese cui era stato affidato, ha dovuto attendere ben 18 anni prima di poter chiedere la cittadinanza italiana. Una lunga attesa che ha rischiato, però, di trasformarsi in beffa quando il Comune di Lecce, nel 2011, gli ha rifiutato la richiesta di acquisto della cittadinanza italiana, poiché “la madre era irregolarmente soggiornante nel territorio nazionale al momento della nascita”.

Un provvedimento che non aveva tenuto conto del fatto che la madre naturale era riuscita a regolarizzare la propria posizione sul territorio nazionale usufruendo della cosiddetta sanatoria per colf e badanti del 2005 (ottenendo un permesso di soggiorno dalla Questura di Lecce, sul quale veniva annotato pure che il figlio Manuele, collocato nella nuova famiglia, aveva frequentato le scuole dell'obbligo, fino al diploma, si era sottoposto alle vaccinazioni obbligatorie ed aveva conseguito un permesso di soggiorno autonomo). Dopo il rigetto della richiesta di cittadinanza il 18enne ha rischiato di essere espulso dall’Italia e allontanato dalla sua nuova famiglia.

Manuele, assistito dall’avvocato Monica Colella (dello studio associato Centonze-Stomeo-Colella), ha quindi deciso di fare ricorso contro il provvedimento dell’amministrazione comunale, che si è costituita in giudizio con l’avvocato Anna De Giorgi. Il Comune, infatti, aveva chiesto “l’inammissibilità del ricorso, per essere la questione di competenza del giudice amministrativo, e, nel merito per il rigetto dello stesso”. Nel marzo scorso i giudici della seconda sezione civile del Tribunale di Lecce Giovanni Romano presidente; Ida Cubicciotti e Adele Ferraro relatore) hanno accolto la domanda proposta da Manuele, che da oggi, data in cui la sentenza è divenuta definitiva, è a tutti gli effetti un cittadino italiano.

Si tratta di una sentenza unica, che grazie al lavoro dei legali del neo cittadino italiano, traccia una nuova linea di giudizio nei procedimenti sui diritti della cittadinanza. E’ la prima volta, infatti, che si riconosce la cittadinanza italiana a un ragazzo nato da migranti (soggetti irregolari per la legge). Una sentenza che sembra aprire una nuova frontiera e dare speranza a tanti ragazzi che sognano di diventare italiani.

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