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Giovedì, 25 Aprile 2024
Politica

Burocrazia vs politica. “I valori democratici non sono negoziabili”

Il gruppo consiliare cerca di comprendere i motivi, le ragioni e le prospettive circa le decisioni e le strategie assunte dal dirigente al personale e dalla segreteria generale del Comune di Lecce, con depotenziamento del personale dell’Ufficio Consiglio

Sono già trascorsi alcuni mesi da quando il gruppo Progetto Città cerca di comprendere i motivi, le ragioni e le prospettive circa le decisioni e le strategie assunte dal dirigente al personale e dalla segreteria generale del Comune di Lecce che hanno provocato il depotenziamento del personale dell’Ufficio Consiglio, articolazione tecnico-amministrativa deputata al funzionamento delle attività del consiglio comunale e delle commissioni consiliari,  e addirittura la eliminazione di una importante prerogativa del Presidente del Consiglio, quale la sottoscrizione delle delibere consiliari, atteso il valore di garanzia che la firma del presidente assegna a qualsiasi deliberazione adottata dal Consiglio Comunale.

Non possiamo non ricordare che a questo grido di allarme, lanciato dal presidente Carlo Mignone, la stessa conferenza dei capigruppo si è pronunciata, lo scorso 5 luglio 2021, all’unanimità, rimarcando l’importanza di garantire il corretto e sereno svolgimento delle attività del Consiglio comunale, principale assise deliberante, democraticamente eletta, e delle sue articolazioni (Commissioni permanenti e di controllo).

Pierpaolo Patti, capogruppo di Progetto Città, in occasione della conferenza dei capigruppo richiamata, intervenne anche con delega del PD, dichiarando di condividere le dichiarazioni e le preoccupazioni del presidente, nonché di supportare qualsiasi iniziativa del presidente rivolta a tutelare l’indipendenza dell’Ufficio Consiglio e salvaguardare quanto previsto dall’articolo 65 del regolamento, in merito alla sua organizzazione, già depauperato del personale nel tempo andato in quiescienza e/o spostato presso altri uffici. Non pare secondario sottolineare come il corretto funzionamento dell’ufficio consiglio debba ritenersi sicuramente prevalente rispetto al funzionamento di tutti gli altri settori dell’amministrazione, non potendo essere sacrificato e svilito nella sua importanza istituzionale.

Si ritenne, dunque, imprescindibile un ripristino, immediato, della composizione dell’Ufficio Consiglio con il blocco dei trasferimento dell’unità di personale, imposto dall’apparato amministrativo.

Successivamente si apprendeva non solo che la volontà espressa da tutti i capigruppo era rimasta inascoltata, per cui il dirigente al personale aveva provveduto alla riduzione del personale e al trasferimento di quello che per anni aveva svolto le mansioni in quell’ufficio, ma emergeva addirittura la eliminazione di una tra le principali prerogative di garanzia dell’Assise Consiliare, in capo al Presidente del Consiglio, non più chiamato neanche a sottoscrivere le delibere adottate.

Assistiamo, pertanto, ad una vera e propria crisi istituzionale tra il consiglio comunale e l’apparato burocratico (dirigente al personale e Segretaria Generale), sempre più fermi nel ritenere che ogni decisione, anche politica, spetti solo ed esclusivamente a chi detiene il timbro di turno.

Ciò è accaduto addirittura per affermare un sacrosanto principio di diritto, secondo cui il Presidente di ogni adunanza, anche condominiale, è tenuto alla sottoscrizione delle delibere e delle determinazioni adottate, che vengono sottoscritte dal segretario redigente.

Confinando la Politica come mera esecutrice di continue prese d’atto non solo si contraddicono i principi democratici, che ispirano tutto il sistema costituzionale ma si decide, senza di fatto rendere conto a nessuno, di confinare a mero timbrificio l’adunanza consiliare, che è - e rimane- la massima espressione della democrazia e della rappresentanza cittadina, atteso che anche le giunte, spesso, trovano al loro interno dei semplici nominati, che mai hanno ricevuto il mandato del corpo elettorale e mai si sono sottoposti al giudizio dei cittadini.

Per questa ragione, riteniamo di dover sostenere con forza il Presidente del Consiglio, Carlo Mignone, non tanto -e non solo- perché afferente al nostro gruppo consiliare, ma perché con lui ci sentiamo impegnati nella difesa strenua dei valori democratici, che sentiamo nostri e che riteniamo non negoziabili.

Non è tollerabile, quindi, che a minare la capacità di scelta, l’assunzione di determinazioni, la facoltà di dare indirizzo politico del consiglio comunale siano dei burocrati, spesso attenti solo alle indennità del loro sicuro salario, tanto più che il corpo elettorale si esprime sui propri rappresentanti politici e non sui nominati ovvero sui dirigenti e funzionari, altrettanto frequentemente lontani dalla realtà, purtroppo diversa dalla sicurezza del loro posto fisso e dalle gelosie che maturano negli uffici pubblici tra impiegati o addirittura tra funzionari e dirigenti, che fanno di un timbro, di un sigillo, il proprio strumento di potere.

Fare in modo che il consiglio lavori adeguatamente e nel rispetto delle proprie prerogative per poterne poi rispondere all’elettorato è un principio di diritto, un valore politico, un dovere che sentiamo di proteggere ad ogni costo e per tale ragione chiediamo al Sindaco di porre rimedio a quanto accaduto.

* Consiglieri comunali Pierpaolo Patti, Carlo Mignone e Marco Giannotta

***

Nella stessa mattinata, anche una nota del Gruppo Pd, a firma del consigliere comunale Antonio Rotundo. "Diciamo basta ad azioni che sviliscono il  presidente Mignone. Il gruppo del PD sostiene con forza l'azione equilibrata e riconosce la funzione di garanzia del presidente Carlo Mignone. Indebolire e delegittimare la figura del presidente del consiglio credo sia un esercizio miope perché in definitiva ciò significa indebolire le istituzioni e ridurre il ruolo e la funzione del consiglio comunale stesso che magari qualcuno immagina luogo di mera ratifica di decisioni già prese". 

"Al contrario uno dei punti di più netta discontinuità dell'alternativa politica e di governo della nostra maggioranza dovrebbe risiedere, almeno per noi, proprio nella centralità del consiglio comunale, massima assemblea rappresentativa della città, e quindi nel suo presidente che non può essere considerato né un passacarte né figura subalterna".

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