Il sindaco difende le reti locali, la minoranza: “Troppi due morti in due anni”
Salvemini, dopo il decesso del clochard, ricorda il lavoro di Comune, Chiesa, volontari, associazioni. "Ma la politica nazionale trascura il tema della povertà e le politiche d'inclusione". L'opposizione, intanto, chiede un consiglio monotematico urgente
LECCE – La vicenda umana di Tariq Jalal, il marocchino trovato senza vita ieri mattina alla fermata Stp davanti ai campi del Cus (dalla parte opposta di viale Porta d’Europa si trova il City Terminal), ha scosso le coscienze, si è trasformata, inevitabilmente, in un’onda in piena sui social di considerazioni e riflessioni, e non è mancato nemmeno “l’attacco polemico in cerca di consenso politico”, scrive il sindaco Carlo Salvemini in un lungo post pubblicato questa mattina sulla sua bacheca Facebook.
Il primo cittadino di Lecce spiega di aver atteso il tempo necessario che fossero svolti tutti gli accertamenti, prima di intervenire nel dibattito. E, volendo sintetizzare, incentra oggi il suo pensiero sulla necessità di dare forza alle politiche d’inclusione a livello nazionale, perché ritiene che fino a un certo punto possano intervenire le reti locali, con il loro supporto che pure esiste. Sempre che venga accettato, perché va ricordato anche che non tutti i senzatetto si fanno aiutare e che non si può obbligare nessuno ad andare contro la propria volontà, fosse anche solo offrendo un riparo sotto un tetto per qualche notte. Il problema, dunque, sarebbe a monte: ad avviso del sindaco, il dibattito politico sta trascurando il tema della povertà.
"Tariq, morto per le patologie di cui soffriva"
“Tariq, l’uomo che ieri è morto alla fermata Stp nei pressi del City Terminal ci era stato segnalato nei giorni precedenti perché faceva i suoi bisogni nelle aiuole lì vicino, nonostante la presenza a pochi metri dei bagni del City Terminal”, dice Salvemini. Che aggiunge: “Alcuni cittadini erano – comprensibilmente – infastiditi da questa sua abitudine, corollario di una vita disperata nella quale non mancava la dipendenza da alcool”.
L’uomo aveva appena 36 anni, ma era gravemente sofferente. E proprio la sua patologia, più che il freddo di queste notti, come già si era supposto ieri nel corso delle prime ispezioni sul posto di carabinieri e medico legale, sarebbe la reale causa della morte. “Una crisi conseguente la grave patologia epatica di cui soffriva, generata dall’abuso di bevande alcoliche, come mi è stato confermato stamattina dalle autorità incaricate della ricostruzione dell’accaduto”, dice Salvemini. “Certo – prosegue il sindaco –, se si fosse trovato in una calda camera da letto, tra l’affetto di familiari e amici e l’assistenza di medici specialisti, forse non sarebbe andata così”.
“Ma la realtà è questa – continua a raccontare Salvemini, dopo aver ricostruito la storia degli ultimi giorni di quest’uomo solo e in preda alla miseria –: Tariq dormiva per strada, al freddo, non prendeva quasi mai il bus per Masseria Ghermi, ultimamente trascorreva le giornate gironzolando per la città, ogni tanto beneficiava dell’assistenza della Croce Rossa o delle mense che sono attive in città. Come lui – aggiunge –, altre persone conducono una esistenza simile in città, segnata spesso da disagi psichici, dipendenze, a volte anche da atteggiamenti violenti. Quando non muoiono, di queste persone sui media e sui social si parla solo come di un elemento di degrado, di fastidio, di minaccia”.
"Confrontarci lucidamente sulla povertà"
“Non più tardi di due giorni fa, per un senzatetto fotografato mentre faceva i propri bisogni nelle aiuole di piazza Italia in questa città è stato invocato l’intervento dell’esercito”, aggiunge Salvemini, riferendosi a un post di Andrea Guido, esponente della minoranza a Palazzo Carafa e vicepresidente del Consiglio comunale. “Oggi, dopo la morte solitaria, triste e disperata di Tariq, gli stessi danno la colpa alla politica, alle istituzioni, al Comune, eccetera”. Sempre Guido, ieri, si è chiesto “se l’amministrazione comunale si sia resa conto che qualcosa non funziona nella gestione del welfare. Sono evidentemente troppi due morti in due anni e ciò può significare solo una cosa: il fallimento di tutte le politiche sociali cittadine” (il riferimento, in questo caso, al 34enne indiano trovato morto sotto un porticato di viale Otranto ai primi di ottobre del 2020).
Salvemini riparte, così, dalle parole di ieri dell’arcivescovo Michele Seccia, ritenendo che “la povertà estrema sia un fenomeno con il quale dovremmo provare a confrontarci con più lucidità”. E ricorda che “le ultime rilevazioni dell’Istat ci dicono che i senzatetto iscritti alle anagrafi comunali in Italia sono 96.197, suppergiù la popolazione di una città media come Lecce. E che nel nostro paese ci sono 5,6 milioni di persone in condizione di povertà assoluta, che vuol dire, secondo definizione ‘che non possono permettersi le spese minime per condurre una vita accettabile’ e vanno avanti con gli aiuti di Comune, Protezione civile, Caritas e degli altri enti e associazioni che svolgono un lavoro fondamentale ed encomiabile. Che se venisse meno – sottolinea Salvemini –, scatenerebbe uno tsunami sociale devastante”.
"Il tema trascurato a livello nazionale"
Il primo cittadino ricorda l’esistenza, a Lecce, di una rete che coinvolge istituzioni locali, Curia, associazioni e volontari, la quale supporta chi è in difficoltà con servizi di vario genere: pernottamento, pranzo, fornitura di spesa alimentare, ricovero temporaneo, assistenza medica. Personale che si occupa anche di verificare l’accesso ai benefici assistenziali offerti da Stato e Regione. “Questa rete va dagli uffici del settore Welfare alle strutture della Chiesa, alle sedi delle associazioni nei quartieri periferici, ai camioncini pieni di rifornimenti che vedete girare in orario preserale in città”, dice il sindaco. “Ma questa rete è la rete di emergenza, che riesce, purtroppo non sempre, ad evitare che chi è molto povero possa cadere e non rialzarsi. Serve fare di più prima, perché il contrasto alla povertà e le politiche di inclusione sono un grande tema nazionale, molto trascurato dal dibattito politico. Anche questa è una realtà, triste, con cui fare i conti”.
Ringraziando l’assessora Silvia Miglietta e gli uffici del settore per il lavoro quotidiano sulle strade di Lecce, il sindaco auspica di sviluppare nuovi progetti grazie ai fondi del Pnrr. E a tal proposito segnala “housing first”, che garantirà assistenza alloggiativa temporanea a singoli o piccoli gruppi di individui in gravissima difficoltà o a nuclei familiari in difficoltà estrema e “Stazioni di posta”, centro servizi per il contrasto alla povertà, che sarà realizzato nei pressi della stazione grazie al recupero di un bene confiscato alla criminalità organizzata. Si tratta di progetti finanziati che l’amministrazione comunale conta di realizzare in tempi brevi.
L'opposizione: "Il Comune non dà risposta adeguata"
Intanto, i consiglieri comunali Sanjeev Kumar Kulhari, Adriana Poli Bortone, Gianpaolo Scorrano, Andrea Pasquino, Roberto Giordano Anguilla, Oronzino Tramacere, Andrea Guido, Giorgio Pala, Severo Martini, Luciano Battista, Antonio Finamore, Artuto Baglivo e Gianmaria Greco chiedono la convocazione di un consiglio comunale urgente, menzionando anche l’altro episodio abbastanza recente, quello del senzatetto indiano morto nell’ottobre del 2020 e summenzionato.
“Dagli atti compiuti in questi anni non risulta esserci grande attenzione da parte dell’amministrazione comunale nei riguardi dei temi immigrazione e povertà e quindi dell’accoglienza, della sicurezza, dell’integrazione, dell’erogazione di servizi”, accusano i consiglieri in questione, aggiungendo che “l’arcivescovo di Lecce, monsignor Seccia, ha fatto un duro richiamo alla carità e agli obblighi di solidarietà affermando testualmente che ‘in città c’è troppa indifferenza verso i poveri vissuti come un fastidio’”.
I consiglieri chiedono dunque un consiglio monotematico aperto alle associazioni, ai consigli di quartieri, alla consulta competente per discutere del rapporto dell’amministrazione comunale con gli immigrati a Lecce e con coloro che sono afflitti da una condizione di povertà. “Questa iniziativa di tutto quanto il centro destra unito, del consigliere Baglivo e del consigliere Kulhari – illustra Adriana Poli Bortone – riveste la peculiarità dell’urgenza, perché situazioni del genere sono inammissibili per una città che era nata per la sua accoglienza e che oggi purtroppo registra delle situazioni che non trovano risposta adeguata da parte dell’amministrazione comunale”.
“Mi auguro che il presidente del Consiglio voglia convocare di concerto con il sindaco e con l’Ufficio di presidenza, il consiglio comunale con l’urgenza dovuta per discutere un problema di grande momento: quello dell’immigrazione e dei rapporti con gli immigrati nella nostra città ma anche di una povertà sempre più diffusa ed esplosiva e la cui gestione va oculatamente affrontata”, conclude.