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Giovedì, 28 Marzo 2024
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La vera vincitrice è la città con il suo taglio netto e ora in cerca di un futuro

Svolta a sinistra della città di destra per antonomasia? Forse, più che altro, c'è l'apertura di una linea di credito verso un progetto e volti diversi. Con la voglia di lasciarsi alle spalle logiche logore e trovare la nuova via

Ha vinto Carlo Salvemini. Prima ancora, ha vinto la città.

Ha vinto il desiderio, o meglio, l’esigenza di rinnovamento. La necessità di tagliare il cordone ombelicale con un passato ingombrante. Il bisogno di aprirsi il varco verso una nuova via. Lecce si sentiva soffocata dal puzzo di stantio, reclusa in una cantina avvolta da odori sgradevoli, un misto di muffa e ruggine. E i leccesi hanno deciso di guardare avanti. Mano sulla fronte, occhi puntati verso l’orizzonte. Esisterà, pure, qualcosa che somigli a un futuro.

Salvemini s’è fatto interprete e veicolo di questi sentimenti. E’ stato il suo punto di forza. Credere in se stesso, nell'esperienza acquisita in anni di inossidabile pungolo di maggioranze di centrodestra, non arrendersi dopo l’avventura dell’anatra zoppa, ma da lì trarre spunto e ripartire, fiducioso che i leccesi avrebbero capito.

“Ma Lecce è una città di destra”, sussurra più di qualcuno, attonito, non riuscendosi ancora a spiegare un risultato che arriva come una valanga a spazzare via ogni dubbio residuo, scrollarsi di dosso tutte le ragnatele. Ma proprio “valanga” è la parola chiave di tutto. Una valanga che travolge impetuosa (o impietosa?) il vecchio o chi, presentandosi come novità, è stato visto, percepito, in linea di continuità con un sistema ormai logoro. Un taglio netto con il passato era inevitabile. E le proporzioni non devono stupire. Il centrodestra leccese è oggi solo una pallida idea di quella che fu un’armata. 

Lecce, tuttavia, rimane di anima conservatrice. Nessuno lo scordi. Non è un’etichetta. E’ un’essenza. Lecce, però, si è anche svegliata e non ha votato seguendo ciecamente un ideale oggi sempre più confuso e che, negli ultimi anni, ha portato anche verso esponenti sbagliati. Almeno, a giudicare dalle carte processuali. E carta canta. Modo di dire mai fu più azzeccato.

Così, Lecce ha deciso di voltare pagina e, nonostante il tentativo di rigenerazione dell’immagine del centrodestra “storico”, ha suffragato oggi più che mai il progetto. Che, per inciso, è trasversale, visto che contempla anche la partecipazione di Alessandro Delli Noci. Una partecipazione che ha il suo peso specifico. Il suo voltare alle spalle a Paolo Perrone, un segnale netto di frattura, un terremoto che è stato letto con scarsa lungimiranza da chi ha perso il contatto con la città e, probabilmente, credeva in una storia immutabile.

Ma è proprio la trasversalità il motore di tutto, il vero avvenire. L’unione di più estrazioni volte a un bene comune. E poi, nelle amministrative, scendono in campo fattori diversi. Il più fondante di tutti è la fiducia che ogni singolo cittadino ripone verso i propri candidati. Fiducia nelle loro capacità, quella di ascolto in primis, nell’integrità, nella risoluzione dei problemi. Forse, in questo, c'è anche un aspetto che si può intravedere in qualche modo nei numeri che toccano le liste, l'aver scosso una parte che di solito resta ai margini e non esprime una preferenza, una parte definibile progressista e che si è presentata alle urne.    

Non che Erio Congedo sia l’incarnazione di tutti i mali. Tutt’altro. Integerrimo e politico appassionato, non certo privo di esperienza, si è sacrificato per la patria nel momento storico peggiore per una coalizione, in città, a pezzi. Diverso forse sarebbe stato il risultato se il suo nome fosse arrivato in altri tempi. Ma, allora, ha pagato lo scotto di frizioni interne e il suo nome è rimasto in sospeso, fra i papabili. Oggi, chiamato in campo tardivamente, è caduto sotto un cambio di vento che già spirava da troppo tempo sulla crisi.

E adesso, c’è Salvemini. E gli tocca governare. Bene, anche. I diciotto mesi di zoppia gli sono stati condonati dai leccesi. Hanno capito, non sono fessi. Ma ora gli hanno dato il mandato pieno. Era quello che voleva. Dovrà dimostrare di averlo meritato. La fiducia riposta è tanta. I riflettori sono tutti puntati. Il giudizio, questa volta, sarà più aspro e deciso.

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