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“Zone cuscinetto in mare”. La proposta contro la mattanza di pesce

La mozione del consigliere regionale Pagliaro per limitare la pesca industriale con la tecnica del cianciolo, favorendo le marinerie salentine e pugliesi, ripopolando nel frattempo le acque. "Le aree con raggio di tre miglia dai punti più alti delle secche"

LECCE – “Zone cuscinetto nelle acque del Salento e della Puglia, in corrispondenza delle secche tra i 20 e i 40 metri di profondità, dove i pesci si concentrano per riprodursi, vietando lo stazionamento delle motonavi da pesca”. È, in sintesi, la richiesta del consigliere regionale Paolo Pagliaro, capogruppo de La Puglia domani, al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, e all'intera giunta di via Capruzzi.

L’obiettivo, stando al testo della mozione di Pagliare, dovrebbe essere quello di impedire che “interi banchi di pesce possano essere localizzati e trascinati al largo con l’uso di luci e sonar, per poi essere messi in trappola con il cianciolo in una sola retata”. Per il consigliere regionale leccese, insomma, “le zone cuscinetto possono essere uno scudo a tutela dei mari salentini e pugliesi che rischiano di trasformarsi in deserti d’acqua, e per sostenere la piccola pesca locale che rimane a reti vuote, mentre quella industriale, effettuata con imbarcazioni oltre i 24 metri e con reti a strascico o da circuizione, rastrella l’80 per cento del pescato”.

“Tra il golfo di Venezia e il Canale d’Otranto – scrive ancora Pagliaro –si concentra il 47 per cento dell’intera flotta di pesca industriale italiana e da questo mare proviene il 50 per cento dei nostri prodotti ittici, ma molti stock sono in progressivo esaurimento. Il 75 per sento delle specie studiate nel Mediterraneo – prosegue – sono pescate ad un ritmo maggiore rispetto alla capacità di riproduzione: lo dice l’ultimo Rapporto biennale della Fao pubblicato nel 2020”.

Nella pesca con il cianciolo vengono spesso impiegate fonti luminose che servono ad attirare interi banchi di pesci sotto le motonavi. Quando il banco è ben compatto, viene catturato senza scampo. E per Pagliaro, a causa di questa pratica, “a farne le spese non è solo il mare letteralmente depredato, ma anche il comparto della pesca locale che dà da mangiare a tantissime famiglie salentine”. 

La tecnica del cianciolo è consentita da una legge dello Stato, il Dpr 1639 del 1968. Ma il consigliere regionale sottolinea come tale legge sia ormai obsoleta, a distanza di 54 anni dalla sua approvazione. “Lo stato dei mari era ben diverso – ricorda –, lontano dalla minaccia dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici, e senza la pressione sempre più forte della pesca industriale”.

Ma come dovrebbero essere queste zone cuscinetto? Pagliaro, a tale proposito, spiega che si tratterebbe di “aree circolari con raggio di tre miglia dai punti più alti delle secche con profondità dai 20 ai 40 metri, da bandire allo stazionamento dei pescherecci industriali”. E aggiunge, a scanso di equivoci: “Continuerebbero invece ad essere accessibili alle piccole imbarcazioni da pesca, che praticano tecniche non invasive. Ciò – ritiene – favorirebbe le aggregazioni riproduttive, in un’ottica di pesca sostenibile e di salvaguardia della risorsa ittica, come indicato nella relazione di consulenza tecnica inviata a gennaio scorso alla Procura di Lecce dal Dipartimento di ecologia marina integrata della Stazione zoologica di Napoli, ottavo ente di ricerca al mondo nel campo della biologia marina.

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