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Venerdì, 29 Marzo 2024
Politica

Stefàno in rotta di collisione con Letta. “Troppi errori, addio Pd”

Il senatore in un post spiega i motivi per cui non si candiderà con il Partito democratico. "Distacco fatale da quell’anima riformista, progressista e plurale di l’Italia ha impellente necessità"

LECCE – “Errori di valutazione”, incapacità di arginare “una deriva populista e antieuropeista pericolosa per l’Italia”, insomma: “Distacco fatale da quell’anima riformista, progressista e plurale di cui il Pd e l’Italia, tutta, hanno impellente necessità”.

È la sintesi delle motivazioni per le quali Dario Stefàno, rientrato nel Partito democratico da circa tre mesi dopo l’autosospensione, oggi si chiama del tutto fuori. E lo fa spiegandolo ai suoi elettori e ai cittadini in generale con un post sulla sua pagina Facebook, di cui questo è l’attacco: “Ho deciso di non candidarmi con questo Partito democratico alle prossime elezioni parlamentari e di consegnare al segretario Letta la tessera. Lo stesso segretario che, solo qualche mese fa, mi ha chiesto di rimuovere la mia auto sospensione dal Pd, pur avendo condiviso appieno le ragioni che avevano portato a quella scelta”, scrive Stefàno. Dunque, non si candida con “questo Partito democratico”, ma ciò non significa che dovrebbe saltare l’appuntamento elettorale. Se il problema è, più prosaicamente, anche di spazi, come traspare in alcuni sibillini passaggi successivi, le sirene del terzo polo targato Calenda-Renzi non dovrebbero poi essere così lontane.  

“La mia è una decisione sofferta, determinata da una serie di errori di valutazione che il Pd sta continuando a inanellare”, chiosa il senatore salentino. “Errori, sia tattici, sia di strategia politica, che rischiano di compromettere i risultati di un intenso lavoro svolto per tutta la legislatura senza soste, e mirato ad arginare, in primis, gli effetti della crisi pandemica ed economica, ma anche una deriva populista e antieuropeista pericolosa per l’Italia e per le prossime generazioni”.

“Questi errori, ormai sedimentati  – continua ad argomentare –, stanno generando un distacco fatale da quell’anima riformista, progressista e plurale di cui il Pd e l’Italia, tutta, hanno impellente necessità. Il segretario del Pd a Roma e qualcun altro in Puglia, scientemente – ogni riferimento a Michele Emiliano non è puramente casuale –, perseguono l’obiettivo di sacrificare proprio quest’anima del partito, pure così importante. Peraltro, è lo stesso partito che nel giro di poche ore ha sacrificato l’agenda Draghi per un indistinto programma generalista”. 

Secondo Stefàno questo è un momento particolare, per il Paese, “in cui è più che mai necessario dimostrare coraggio e avere chiarezza per affrontare e arginare sovranismi e populismi”. Tuttavia, a suo avviso, “nella mia regione, la Puglia, il Pd sta invece instaurando un sodalizio con un civismo opaco e di convenienza, in una pura logica di scambio di voti, negoziando postazioni istituzionali e luoghi di potere, con cui personalmente non ho ragione di condividere nulla. Men che meno mortificare principi e convincimenti a cui sono stato educato e su cui ho ispirato e costruito la mia vita, privata e pubblica”, taglia netto. Insomma, quella con il Pd è stata una “bella esperienza, che non posso proseguire oltre, se questo mi costringe a rinnegare i miei valori”.

Morale: “Per queste ragioni, non vedrete scritto il mio nome sulle schede elettorali sopra o accanto al simbolo del Partito democratico”, conclude.

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