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Il Salento che odia le donne. Segnali allarmanti dall'indagine sull'intollerenza

Vox, Osservatorio italiano dei diritti, ha pubblicato una ricerca condotta in collaborazione con tre università. La rilevazione è stata condotta su Twitter e gli elementi di riflessione sono molti: a partire dalla necessità di un uso accurato delle parole

LECCE –Antisemita, razzista e, soprattutto, misogino. Così appare il Salento in una rilevazione condotta da Vox –Osservatorio italiano sui diritti – attraverso l’analisi di milioni di tweet degli ultimi 8 mesi. Un quadro a tinte fosche, dunque, per la condizione femminile, tanto che per usare una metafora letteraria la provincia di Lecce ben si potrebbe adattare come scenario di un romanzo di Stieg Larsson di grande successo, "Uomini che odiano le donne".

Sono stati individuati cinque gruppi tradizionalmente bersaglio di discriminazione e scherno - omosessuali, donne, immigrati, diversamente abili, ebrei - e per ciascuna categoria è stata costruita una mappa termografica, nella quale cioè ogni colore corrisponde ad una diversa intensità della variabile indagata, in questo caso l’intolleranza.

La valenza scientifica del progetto è dimostrata dalla collaborazione di tre atenei italiani, l’Università Statale di Milano, la Sapienza di Roma e l’Università Aldo Moro di Bari. Ciascuna di essere ha partecipato con un proprio dipartimento allo svolgimento dell’indagine: quella meneghina, attraverso il dipartimento di Diritto pubblico italiano e sovranazionale ha proceduto all’individuazione dei diritti; quella della capitale, con i ricercatori del dipartimento di Piscologia dinamica e clinica ha lavorato sui termini “sensibili”; quella pugliese si è occupata della realizzazione della mappa attraverso un software progettato dal dipartimento di Informatica che ha consentito la geolocalizzazione dei tweet.

Per quanto concerne la misoginia – tradotto letteralmente dal greco antico “odio per la donna” – la penisola salentina va dal verde, cioè da un valore medio, fino al rosso, valore massimo. Dal punto di vista del razzismo la tonalità predominante è ancora una volta il verde, che per quanto riguarda l’antisemitismo tende a sfociare nel giallo, cioè in un valore medio alto. La situazione appare migliore sul versante delle disabilità e dell’omofobia: rispetto a questi temi non ci sono, stando al social network, segnali allarmanti.

Il valore della ricerca

Come tutte le indagini che pescano nel complicato mondo della rete virtuale, anche la “Mappa dell’intolleranza” va presa con le pinze. Non tutte le categorie sociali né le fasce d’età, tanto per dirne una, usano Twitter. E quali sarebbero stati i risultati se invece si fosse preso come bacino di riferimento Facebook?

Di certo la ricerca contiene degli elementi preoccupanti, che hanno a che fare anche, e molto, con un tema che a un giornale deve essere molto caro: l’uso appropriato delle parole. Spesso la ricerca di un titolo “concorrenziale” oppure la semplificazione imposta dalla necessità di raccontare un fatto in un determinato spazio, facilitano una percezione squilibrata della notizia stessa. E la metabolizzazione da parte del lettore finisce per produrre reazioni e commenti spesso eccessivi.

Ma da qui a dare la colpa ai giornali ce ne corre: sia perché si sottovaluta la capacità di giudizio di ogni individuo-lettore, sia perché un peso determinante nell’affrontare alcune questioni dipende dal contesto socioeconomico, ma anche dal livello di “apertura” di un territorio. E non è un caso che la distribuzione dell’intolleranza sul territorio nazionale appare polarizzata soprattutto tra il Nord e il Sud, con eccezioni dell’antisemitismo che raggiunge in alcune zone del Centro il livello più preoccupante.

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