rotate-mobile
Giovedì, 18 Aprile 2024
Politica

Per un pugno di sabbia: incertezza e appetiti in attesa delle regole su concessioni

Una mozione della consigliera Francesca Mariano ripropone il tema dei criteri da seguire fino all'approvazione del piano comunale delle coste: il litorale disponibile per nuovi stabilimenti è minimo

LECCE – In attesa dell’approvazione del piano comunale delle coste, come si regola l’amministrazione comunale davanti alla richieste di concessione per stabilimenti e servizi balneari?

La domanda è sottesa nella mozione che la consigliera comunale del gruppo Io Sud, Francesca Mariano  - sottoscritta anche da Paolo Cairo e Rocco Ciardo, anche loro esponenti di maggioranza (Puglia prima di tutto) a significare l'attenzione nei confronti delle future scelte del governo cittadino -, ha depositato sollecitando una delibera “per normare la materia fino alla data di approvazione dello strumento regolatore”.

Si tratta di una questione assai rilevante per chiunque volesse tentare la strada di un’attività imprenditoriale nel settore balneare. Ma l’analisi del contesto normativo esistente e, soprattutto, l’ipotesi della piena attuazione dello stesso, di fatto dicono che di spiagge da affidare ai privati che intendono lo stabilimento nella maniera classica non ce ne sono più, almeno nel territorio di Lecce. D’altra parte ci sarebbero presso gli uffici competenti già una decina di richieste.

Per comprendere la delicatezza della questione, anche perché attiene a quanto di più prezioso ha questo territorio, cioè il paesaggio, si deve partire dalla legge regionale del 10 aprile del 2015 “Disciplina della tutela e dell’uso della costa”.

Da questo documento vengono fuori i numeri necessari a inquadrare il tema nei giusti parametri. Il litorale del Comune di Lecce incluso nel documento di pianificazione costiera è di poco meno di 19 chilometri, perché quasi 4 sono esclusi in quanto facenti parte di zone militari (Torre Veneri). Considerando che non si possono toccare, per almeno tre anni e salvo dimostrare il contrario, i tratti soggetti a erosione, che si estendono per poco più di 5 chilometri secondo gli studi preliminari del piano comunale, e che sono già oggetto di concessione circa 4 chilometri di costa leccese, ne resterebbero 2 chilometri e 640 metri. 

Quest’ultimo dato non è definitivo perché la legge indica anche l’intangibilità delle fasce di rispetto, dei corsi d’acqua, della aree archeologiche (come il molo di Adriano a San Cataldo). Inoltre nelle aree definite Sito di interesse comunitario (Parco Rauccio) e Zone protezione speciale (Acquatina, Frigole) ci vuole la valutazione di incidente ambientale prima del rilascio di una concessione che non può andare oltre l’autorizzazione per servizi a basso impatto, dunque almeno amovibili.

Tra l’altro ci sono due aspetti che in pochi tengono in considerazione, al momento, è quello che riguarda le aree urbanizzate, come ad esempio lo è San Cataldo: anche qui la legge ha posto dei vincoli stabilendo sostanzialmente che le spiagge devono essere pubbliche. Il punto pone naturalmente, almeno nel medio periodo, il problema della riconversione se non dello spostamento delle strutture già esistenti anche perché è stato inserito un limite di 150 metri lineari come occupazione del fronte mare.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Per un pugno di sabbia: incertezza e appetiti in attesa delle regole su concessioni

LeccePrima è in caricamento