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Giovedì, 25 Aprile 2024
Politica

L'orgoglio di Franchino, pescatore di professione: "Sono sei anni che aspetto la darsena"

Dopo l'interdittiva alla Igeco, la rescissione del contratto e la "pausa" nella gestione commissariale, la stipula del nuovo contratto. Ci sono però ancora molti nodi da sciogliere in una vicenda con molti risvolti

LECCE - Franchino, che di mestiere fa il pescatore, non si dà pace: non poter lavorare perché le alghe paralizzano la darsena di San Cataldo è una cose che proprio non riesce a mandare giù. La sua è una semplificazione, naturalmente, che non dà conto dei problemi legali e ambientali connessi col processo di riqualificazione dell'infrastruttura, ma, del resto, sono sei anni che aspetta, tra pacche sulle spalle, lavori a termine (sul cantiere stesso, ma anche al cimitero), partenze e ripartenze del cantiere. 

Dopo la bagarre in apertura dell'ultimo consiglio comunale, la questione è stata riportata nell'undicesima commissione consiliare, presieduta da Gianpaolo Scorrano, che già in precedenti seduta aveva trattato il tema. E per timore che la tensione superasse il limite del consentito, Palazzo Carafa è stato presidiato dalle forze dell'ordine, con personale della Digos nella sala "Carlo Benincasa", al secondo piano, a seguire gli interventi. Tra questi, proprio quello di Franchino.

Il capogruppo di Lecce Città Pubblica, Pierpaolo Patti, ha chiesto che venisse data la parola all'operatore presente e Scorrano ha chiaramente acconsentito dopo aver espresso il rincrescimento per l'assenza dell'assessore ai Lavori Pubblici, Alessandro Delli Noci. Il vice sindaco, da parte sua, aveva già declinato l'invito facendo sapere di essere disponibile a riferire, ma in presenza di nuovi provvedimenti amministrativi  e non di ambiti gestionali che, ha precisato, non competerebbero alla commissione presieduta da Scorrano (Controllo conformità degli atti allo statuto e ai regolamenti e della attuazione di quest'ultimi) ma a quella Lavori Pubblici. L'esponente della minoranza ha giudicato tardiva questa eccezione definendola un tentativo di delegittimazione.

Questioni procedurali a parte, le parole di Franchino hanno fatto breccia tra i tanti consiglieri presenti, per loro esplicita ammissione al termine dell'intervento. Il pescatore è stato anche molto efficace nell'esposizione. Raccontando la sua versione, ovviamente, ma dando dato elementi utili a chi, lungi dalle strumentalizzazioni di parte, voglia farsi un'idea complessiva delle vicenda. 

E quando gli è stato chiesto quanti fossero in realtà i pescatori davvero colpiti dal problema, Franchino, voltandosi, ha fatto chiaramente capire di sentirisi da solo, palesando l'assenza di altre persone interessate (salvo due ispettori della Digos e il cronista, autore di questo pezzo). Che sia l'unico che campa del proprio mestiere di pescatore o che siano quattro - come ha affermato Scorrano - poco, in fondo, cambia perché un problema oggettivo e annoso esiste e lui lo vive tutti i giorni: "Nel mio settore non conoscevo crisi, non poter lavorare per delle alghe, per me è assurdo". Il riferimento è al complesso iter di legge che prevede la caratterizzazione, lo stoccaggio e il recupero della posidonia secondo regole che devono essere rispettate per non incorrere in problemi più grossi.

"Sono sei anni che aspetto  - ha proseguito -. Ho sempre cercato di trasmettere orgoglio, educazione e rispetto mio figlio ma la situazione si sta frantumando. Non posso piangere in casa mia e allora vado nel bosco. Io non mi lascio strumentalizzare da nessuno, non mi interessa la politica". Franchino sa bene, del resto, che la vicenda affonda le sue radici indietro nel tempo: "La darsena è stata chiusa perché molti non pagavano la quota" ha dichiarato, aprendo una finestra che riporta indietro le lancette del tempo. L'accenno che ha fatto il pescatore è, infatti, all'ordinanza sindacale del 2014 con la quale l'area era stata dichiarata inagibile e al contenzioso subito sorto tra un gruppo di diportisti e la cooperativa che aveva assunto la gestione (subentrando a un altro soggetto). Allora il problema delle alghe già esisteva e interventi tampone di rimozione hanno sempre avuto durata breve perché la natura si incarica sempre di smentire le false soluzioni. Il problema delle alghe, d'altra parte, si interseca con il destino di tutta l'infrastruttura.

Sulla darsena, infatti, si riversano progetti di recupero da almeno dieci anni: nel 2011 si discusse della proposta di Italia Navigando (Gruppo Invitalia) interessata ai bacini di San Cataldo e Frigole. Nel giugno di quell'anno scadeva la convenzione con la Colaci srl, che gestiva la darsena, e i fondi erano disponibili grazie a un accordo di programma "Sviluppo locale", pari a 6 milioni e mezzo di euro. Per salvare almeno una parte di quella somma, già nel 2013 Comune e Regione annunciarono un'intesa per la riqualificazione delle marine: tra le opere indicate la riqualificazione della darsena.

Sembrava la volta buona ma così non è stato: l'appalto aggiudicato alla Igeco è stato colpito da una interdittiva antimafia della prefettura di Roma, nell'ottobre del 2018 il Comune di Lecce ha rescisso il contratto. Nel marzo scorso, durante la gestione commissariale a Palazzo Carafa, era intanto arrivato il via libera dalla Regione Puglia per lo svuotamento del bacino della darsena, passaggio fondamentale per entrare nel vivo del cantiere. Ma tra marzo e giugno non si è mosso nulla e si è preferito attendere l'esito delle elezioni. Così il tempo è trascorso ulteriormente, ma la soluzione definitiva, nonostante la stipula del nuovo contratto con la ditta seconda classificata nella gara, non appare ancora a portata di mano.

Il dibattito odierno ha prodotto una conclusione: a breve si riuniranno, in una seduta congiunta, le commissioni Lavori pubblici e Controllo: L'impegno, ribadito da tutti i presenti, è quello di garantire parole di verità a Franchino, agli altri operatori, ai diportisti e, più in generale, ai leccesi che sentono parlare di porto turistico e di riqualificazione almeno dal 2005.

La volontà di seguire puntualmente l'evolversi della vicenda è stata intanto sancita in una mozione (proposta da Adriana Poli Bortone), da discutere nel prossimo consiglio, che impegna l'amministrazione a individuare un contributo mensile a titolo di indennizzo per i disagi subiti e fino al completamento del cantiere. Il testo, concordato dopo la chiusura della commissione, è stato firmato da tutti i consiglieri di minoranza, più Saverio Citraro del Pd e Gigi Valente di Puglia Popolare: il resto della maggioranza non ha opposto obiezioni dando appuntamento alla commissione congiunta.

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