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Esplosioni d'aria e trivelle nello Ionio: per gli esperti una follia, rischi su larga scala

Inviate al ministero dell'Ambiente le osservazioni alle richieste di indagini nel mar Ionio alla ricerca idrocarburi liquidi e gassosi. Le conseguenze di un eventuale incidente petrolifero sarebbero incalcolabili per tutto il Mediterraneo orientale

LECCE – Non c’è alcuna ragione per concedere l’autorizzazione alle prospezioni nel mar Ionio alla ricerca di petrolio o idrocarburi gassosi: il verdetto degli esperti è senza appello. Perché si tratta di un ecosistema dagli equilibri delicati e perché tutto il territorio che vi si affaccia è impegnato in una strategia di valorizzazione e tutela dell’ambiente: basti pensare che è in corso la procedura per l’istituzione di un’area marina protetta dell'intera penisola salentina (al momento l’unica esistente è quella di Porto Cesareo).

Questa mattina a Palazzo Adorno, con le firme del presidente della Provincia di Lecce, Antonio Gabellone, e dei rappresentanti  dei 23 comuni rivieraschi interessati*, sono stati siglati i due fascicoli con le osservazioni inviate al ministero dell’Ambiente in relazione ai permessi di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi nel mar Ionio presentati e dalla Global Med Lld e dalla Schlumberger Italiana spa.

La prima chiama in causa un tratto di mare di circa mille e 500 chilometri quadrati, con una distanza minima dalla costa salentina di 14 miglia nautiche dal Capo di Santa Maria di Leuca. La seconda investe una superficie superiore di quasi tre volte, tra la Puglia e la Calabria, con una distanza di 18,4 miglia dall’estremità del Salento. La questione non è solo di tipo locale, perché le concessioni eventualmente concesse da Paesi come Croazia o Albania, interessate da richieste simili, potrebbero innescare conseguenze che certo non si arresterebbero con il limite delle acque territoriali.

E’ necessario, in altre parole, un approccio su larga scala, con una presa di coscienza europea ed è questo un aspetto ben chiaro alle istituzioni e alla comunità scientifica – Università del Salento in prima linea – chiamata alla stesura delle osservazioni. Le richieste delle due società, insomma, non sono affare solo dei 23 comuni amministrativamente interessati, e nemmeno solo della provincia di Lecce o della regione. 

Secondo gli esperti che si sono messi al lavoro per rispettare la scadenza dei due mesi dall’apertura delle istanze di prospezione presso il ministero, la valutazione di impatto ambientale dovrebbe tener conto di un’analisi degli effetti cumulativi sull’ambiente – caratterizzato tra l’altro da numerosi siti di interesse comunitario - che un progetto può produrre se presentato congiuntamente ad altri.

Inoltre, sebbene le richieste abbiano ad oggetto solo le indagini con la tecnica dell’air-gun, sarebbe necessario per gli addetti ai lavori considerare i rischi derivanti dall’attività di una piattaforma petrolifera che entrerebbe in scena qualora le prospezioni della prima fase dessero risultati soddisfacenti. E, da questo punto di vista, manca un piano di emergenza così come la dimostrazione di disporre di fondi sufficienti per riparare ad un eventuale incidente ambientale.

Le conseguenze, è scritto nelle osservazioni, sarebbero disastrose alla luce delle evidenze scientifiche sulla circolazione delle correnti: “Le acque del Nord Adriatico, ricche di ossigeno, tendono a fluire verso le parti più profonde del bacino, portandovi ossigeno e spingendo verso l’alto le acque profonde povere di ossigeno. L’acqua del Nord Adriatico fluisce lungo le coste italiane, esce dall’Adriatico attraverso il Canale d’Otranto e si approfondisce nello Ionio proprio nel tratto di mare interessato dalla prospezione (della Global, ndr) e dalle eventuali successive trivellazioni. I coralli bianchi presenti in suddetto tratto di mare possono prosperare proprio grazie a questo flusso di acqua ricco di ossigeno e di nutrienti. E’ ben evidente che un eventuale incidente petrolifero in suddetta zona […] porterebbe il petrolio nelle massime profondità di bacino, causando un disastro ambientale non più a scala regionale ma a scala dell’intero Mediterrano orientale, con costi ambientali incalcolabili”.

Ma vi è anche una contestazione della questione dal punto di vista giuridico perché nello studio di impatto ambientale allegato alla richiesta si ravvisa il tentativo  di eludere la valutazione di impatto ambientale nella sua complessità con il frazionamento del progetto tra la fase di indagine e quelle successive dello scavo dei pozzi e dello sfruttamento commerciale, di cui non si dice nulla. 

*Porto Cesareo, Nardò, Galatone, Sannicola, Gallipoli, Taviano, Racale, Alliste, Ugento, Salve, Morciano di Leuca, Patù, Castrignano del Capo, Gagliano del Capo, Alessano, Corsano, Tiggiano, Tricase, Andrano, Diso, Castro, Santa Cesarea Terme, Otranto.

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