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Primo maggio, ma non per tutti. I sindacati insorgono contro le aperture “selvagge”

Molte le saracinesche aperte in occasione della festività, anche in provincia di Lecce. Lettera aperta a vescovo e istituzioni: "Se vince la logica del profitto, centinaia di famiglie possono dire addio a diritti e vita privata"

LECCE – Ogni primo maggio che si rispetti, porta con sé le inevitabili e annose problematiche di quei lavoratori (per lo più commercianti e addetti al terziario) per i quali la festività è bandita. Le tre sigle sindacali di categoria, Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs Uil si pongono di traverso alle liberalizzazioni “selvagge” delle aperture domenicali e festive che trovano il loro risvolto paradossale proprio in occasione dell’annuale festa del lavoro.

E lo fanno firmando una lettera indirizzata a tutti i parlamentari salentini, al presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, al vescovo di Lecce, Domenico D’Ambrosio, al presidente della Provincia di Lecce, Antonio Gabellone ed al sindaco Paolo Perrone. “Le nostre segreterie hanno già avuto modo di esprimersi sul tema scottante delle aperture domenicali e festive, argomento oggetto di vari incontri e di iniziative sindacali che non hanno a tutt'oggi modificato nei fatti la situazione che continua a gravare su centinaia di migliaia di famiglie e di lavoratori in tutto il territorio provinciale – si legge nella missiva - . Non possiamo esimerci dal continuare la nostra battaglia finalizzata a ricercare condizioni di lavoro decenti che ridiano dignità ai lavoratori, recuperando quei valori dai quali ci si è, giorno dopo giorno, allontanati”.

La liberalizzazione delle aperture festive e domenicali, sancita  dall’articolo 32 del cosiddetto decreto “salva Italia” del governo Monti, a detta dei sindacalisti non avrebbe portato nessun beneficio sia in termini di fatturato, sia in termine di aumento dei consumi: “Al contrario ha fatto saltare tutte le regole in termine di orari di lavoro, di rispetto dei contratti, di diritto al riposo e così via; ha di fatto decretato la cannibalizzazione fra le aziende e visto soccombere la piccola distribuzione e le attività di chi sta alle regole a fronte di che le regole le elude sistematicamente”.

Continuiamo a chiedere alle aziende di trovare un punto di equilibrio tra fatturati, consumo e vita dei lavoratori. Secondo le scriventi Organizzazioni sindacali, è inaccettabile che le festività non debbano essere momento di condivisione con la propria famiglia e i propri affetti, ma diventino strumento di alienazione della vita dei lavoratori solo nel nome del consumo.

“La società dei consumi – aggiungono i referenti Valentina Fragassi, Piero Fioretti e Carmela Tarantini -, la continua rincorsa al profitto e al raggiungimento del fatturato a tutti i costi, non può prendere il posto della famiglia dei figli, del diritto allo svago, all'assistenza morale e materiale degli anziani, del culto religione, che hanno sempre contraddistinto la nostra società e che rischia di andare perduta in nome del business”.

“Anche nella nostra provincia molti negozi, rimarranno aperti  il 1° maggio, in sfregio ai valori fondanti della nostra Costituzione – continuano loro -. Quando si colpiscono simboli così importanti come la Festa del Lavoro, si sta cercando di cambiare i valori di riferimento della nostra comunità e un paese che ripudia storia e radici è un paese che non ha futuro”.

I sindacati ritengono quindi opportuno riportare la questione all’ attenzione delle istituzioni, auspicando un intervento “affinché sia possibile, in questo momento di estrema difficoltà economica e sociale, dare tutti insieme un nuovo senso alla parola civiltà”. “Se governa solo la logica del consumo, i lavoratori del commercio possono dire addio alla propria vita privata ed ai propri valori”, concludono i sindacalisti.

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