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Domenica di protesta sulla Ss 275: stavolta i bersagli sono Cantone e Armani

A distanza di una settimana dagli striscioni contro Emiliano e Bellanova, esibiti dai lavoratori quelli per i presidenti di Anac e Anas

MAGLIE – Dopo aver preso di mira il vice ministro allo Sviluppo Economico, Teresa Bellanova, e il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, gli operai delle imprese del gruppo Palumbo interessate dal progetto per la nuova Ss 275 attaccano il presidente dell’Autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone, e il numero uno di Anas, Gianni Vittorio Armani.

Sta diventando una consuetudine domenicale la protesta nel tratto iniziale della strada che collega Maglie al Capo di Leuca, dove ad agosto è stato allestito un presidio da parte dei lavoratori interessati all’avvio del cantiere per l’allargamento della strada. Anas ha deciso di azzerare tutta la procedura di gara seguita fino ad oggi, alla luce delle sentenze della giustizia amministrativa e delle indicazioni dell’Anac che, in una istruttoria, ha praticamente smontato pezzo dopo pezzo l’iter imputando a tutti gli attori pubblici coinvolti nell’annosa vicenda – tra questi proprio Anas - una serie di responsabilità che vanno dal mancato controllo al comportamento non conforme alle leggi.

Ma Anas, travolta da una bufera giudiziaria che ha portato ad una raffica di arresti, ha varato un nuovo corso ed evidentemente vuole chiudere i conti con quel passato a dir poco imbarazzante. Così preferisce chiudere il vecchio capitolo della Ss 275 annullando l’aggiudicazione al gruppo capeggiato dal colosso emiliano Ccc, ma mette fuori causa anche quello formato da Matarrese e Coedisal (gruppo Palumbo), rimesso in pole position da una clamorosa sentenza del Consiglio di Stato nel 2014, per due polizze assicurative false. Una vicenda che fu resa di pubblico dominio proprio dal loro legale, Pietro Quinto, e nella quale le imprese si dicono parte lesa, vittima cioè di una truffa.

Si riparte dall’indizione di nuove gare e da una suddivisione in lotti del tracciato in modo da accorciare i tempi tecnici necessari a far partire quanto prima il cantiere. Ma ai manifestanti questo non basta perché è chiaro che l'estromissione delle aziende per cui lavorano significa una pietra tombale sulle loro speranze. E con tanto di tricolori e striscioni alla mano continuano a far sentire la loro voce.

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