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Venerdì, 19 Aprile 2024
Politica

Referendum, il no di Schifani e Forza Italia: "Dal Governo pubblicità ingannevole"

Il senatore a Lecce ha illustrato le ragioni per cui votare contro la riforma. Fra i nodi, i rapporti con l'Unione europea, le incongruenze con gli statuti delle regioni speciali, il risparmio esiguo

LECCE – Tutti uniti per dire (anzi, votare) “no” alla riforma costituzionale. E per convincere anche alcuni indecisi nello stesso partito, come ha spiegato il coordinatore regionale Luigi Vitali.

A Lecce Forza Italia pugliese e il Comitato per il no, questa mattina si sono stretti attorno a Renato Schifani, senatore e presidente emerito del Senato. Presso l’Hotel President – sfidando le difficoltà logistiche dovute alla concomitanza della maratona -, si sono illustrate le ragioni per cui la riforma sostenuta dal premier Matteo Renzi farebbe acqua da tutte le parti. Da quella che potrebbe essere una deriva autoritaria, con troppi poteri in mano al Governo al momento di legiferare, fino alle tante incongruenze per le quali, al momento, non sembra esservi una risposta.

Al tavolo erano presenti, oltre a Schifani e Vitali, il coordinatore provinciale del partito, Paride Mazzotta, il consigliere regionale Andrea Caroppo e la senatrice Adriana Poli Bortone. Quest’ultima, peraltro, in merito alla riforma, ha coniato sul momento uno slogan che lo stesso Schifani ha apprezzato e ripreso più volte nel corso del suo intervento: “Pubblicità ingannevole”.

Prima di entrare in sala, Schifani s’è fermato davanti all’hotel del centro di Lecce per qualche rapida battuta con la stampa, definendo, quella avanzata e per la quale si voterà nel referendum del 4 dicembre, una “brutta riforma, dai titoli apparentemente positivi, ma dai contenuti pessimi, che bloccherà il Paese, porterà un uomo solo al comando, complicherà l’attività legislativa”.

“L’Italia ha bisogno di una riforma buona – ha aggiunto il senatore siciliano -, condivisa da tutte le parti politiche”. E qualora passasse il no, “Renzi dovrà trarne le conseguenze: l’ha detto lui stesso mesi fa che, se perdesse, dovrebbe dimettersi”.

Non è mancato qualche riferimento anche al solco che divide Forza Italia dai Conservatori e riformisti. Proprio oggi, a Roma, è in svolgimento la convention di Raffaele Fitto. Sulla possibilità di una stretta di mano futura, l’apertura non manca. Il collante, per ora, è proprio quel “no” in cabina elettorale. “Siamo tutti uniti per un no convinto e costruttivo – ha detto Schifani – e credo che ciò possa essere antesignano di una compattezza del centrodestra al momento delle elezioni”. Ma sulla possibilità di formare un’unica area, la risposta s’è fatta più nebulosa. “Forza Italia ha la sua identità, Fitto la sua”.

Durante il convegno, il senatore ha toccato vari argomenti, ponendo il dubbio su cosa effettivamente deriverà dal nuovo sistema e dove risieda il vero risparmio, che dovrebbe essere di appena il 10 per cento, “per ottenere un ramo del Parlamento che lavorerà male, lentamente e bloccherà i rapporti con l’Unione Europea”. Un ramo ibrido, come noto, formato da consiglieri regionali, sindaci e cinque senatori eletti dal capo dello Stato.

Fra i vari argomenti toccati, l’immunità parlamentare per i consiglieri regionali che diventeranno senatori. “Che senso ha estendere l’immunità a un consigliere regionale?”, si è chiesto Schifani, ricordando come l’articolo 68 nacque a suo tempo per timore che potesse sorgere un conflitto, con il potere giudiziario in grado di interferire e bloccare l’attività del Parlamento. “Un consigliere regionale non potrà essere intercettato e l’arresto scatterà solo in caso di flagranza”. “Perché questa garanzia?”

Uno dei nodi forti, però, è quello dei rapporti con l’Europa. E qui sembra pararsi un vero guazzabuglio. Il nuovo Senato dovrà fornire pareri ai decreti legislativi. “Ma la normativa europea di oggi tocca tutto – ha detto Schifani-: immigrazione, difesa, alimentazione”. “L’80 per cento dei decreti legislativi riguarda la normativa europea e bisognerà pronunziarsi sulla vita quotidiana degli italiani”. “E allora si dovrà studiare, capire, verificare”. “E nel momento in cui non si troverà una maggioranza, il Governo non avrà nemmeno la possibilità di imporre al Senato la questione di fiducia”. “Quindi – ha aggiunto - sarà schiavo di gruppi di senatori portatori di istanze locali, i quali diranno: ‘o è così, o io non voto’”.

“Nello stesso tempo – ha proseguito - controlleranno l’impatto delle leggi sul territorio”. “Ma che tipo di controllo potranno realizzare? Su diciotto materie legifereranno con la Camera. Il sistema, di fatto, rimarrà immutato, perché tali materie rimangono bicamerali”. In buona sostanza, è come dire che il bicameralismo paritario non scompare, almeno non così come illustrato dai portabandiera del “sì”.

Da siciliano, poi, Schifani ha più volte rilevato le incongruenze in seno alle regioni a statuto speciale, “in cui è inibito che il deputato regionale svolga funzioni parlamentari”. “Sono leggi costituzionali – ha tenuto a precisare – e quindi occorrerà modificare gli statuti”. Anche perché, ed è qui il dibattito aperto e che riguarda quindi anche e soprattutto i costituzionalisti, per Schifani non esistono norme costituzionali secondarie. “Una legge costituzionale non può essere superiore a un’altra: sono paritarie”. Ergo: “Si crea un conflitto”.

A suo avviso, lo stesso Renzi s’è poi accorto strada facendo della “pericolosità di un Parlamento in mano a un uomo solo”. “Vincendo le elezioni, il segretario di un partito diventa premier e avrà una maggioranza con 340 deputati”. “E il Parlamento diventerà succube della volontà del premier”. Senza considerare che per sfiduciare “il presidente della Repubblica, basteranno ventisei voti al Senato”. “Di fatto, sarà tenuto sotto scacco”. “Alla settima votazione saranno sufficienti i suffragi dei tre quinti dei votanti”.

Immagini dal convegno

Nel suo intervento, che ha preceduto quello di Schifani, la senatrice Adriana Poli Bortone, già sindaco di Lecce, ha illustrato il suo punto di vista, sostenendo che molti italiani ancora non abbiano compreso le ragioni del sì e del no. “Questo spiega numero di indecisi”. Una vera e propria strategia del Governo, a suo avviso, che non avrebbe “alcuna volontà di approfondire i temi e spiegare la differenza sostanziale fra il dettato costituzionale di oggi e quello che vorrebbero fosse approvato”.

Ecco perché lo slogan di “pubblicità ingannevole della Presidenza del Consiglio sul dimezzamento dei parlamentari”. “Duecento senatori non saranno più eletti dai cittadini, dando vita a un’espropriazione del voto”. Per un risparmio che “non credo che possa risollevare le sorti del debito pubblico”. Anche perché “i servizi del Senato saranno gli stessi, la sede la stessa, quando invece di Palazzo Madama, per novantacinque persone basterebbe una sala come questa”, riferendosi ovviamente al salone del convegno.

Ad Adriana Poli Bortone, oltretutto, non convince che “gente non eletta in modo diretto possa istituire commissioni d’inchiesta, con un potere di autorità giudiziaria”. Dubbi che manifesta anche sulle quote rose, rifilando qualche stoccata alle “femministe”, ree in questo momento, a suo avviso, di non aver sollevato la questione (“saranno scelte dai Consigli regionali donne per andare al Senato?”). Ma soprattutto, con la nuova Costituzione, ha rimarcato che il “Governo si riprenderà competenze delegate alle Regioni: la produzione e la distribuzione dell’energia e le grandi infrastrutture”, esautorando qualsiasi volontà del cittadino di dire la sua. “Ma i territori dovrebbero contare qualcosa”.

Nel suo intervento, il coordinatore Luigi Vitali ha invece parlato di una campagna elettorale “dopata”. “L’Europa non ci ha mai richiesto di riformare la Costituzione, ma di riformare il pianeta giustizia, il pianeta previdenziale, il pianeta fiscale”. Come dire: “La Costituzione deve essere ritoccata, come volevano fare anche noi nel 2005, ma non stravolta e violentata”. Insomma, tutti sono d’accordo sulla riduzione di parlamentari e costi, ma il problema nasce da come ciò sia attuato e cosa comporti.

“Il servizio studi della Presidenza del Consiglio ha quantificato che, su 550 milioni, se ne risparmieranno 50”. “E noi – ha detto Vitali – vogliamo uccidere la Costituzione per risparmiare 50 milioni? E’ una cifra importante, certo, ma irrisoria rispetto al resto dei 500”.  

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