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Ria, altro “no” alla Regione Salento: “La strada è quella del Salva Italia”

Il parlamentare salentino respinge le "fughe in avanti" e sostiene razionalizzare le funzioni ed avere un sistema elettorale di secondo livello: "Così le Province restano punti di riferimento dei territori con risparmio di spesa"

LECCE – Lorenzo Ria non è un estimatore della “Regione Salento”: il fatto ormai è assodato, ma, anche alla luce della riduzione delle province, varata dal governo Monti, il parlamentare Udc, non fa alcun passo indietro e ricaccia ogni ipotesi che possa portare all’idea della costituzione del nuovo ente regionale.

“Dobbiamo riflettere bene sui vantaggi e sulle criticità della recente ipotesi di riordino delle province italiane, articolata dal disegno di legge95/2012 (cosiddetta spending review), che prevede la scomparsa di oltre 60 province e il loro accorpamento a freddo a quelle di maggiori dimensioni.

Troppo spesso additate come carrozzoni o come enti superflui, le province non hanno avuto vita facile negli ultimi anni: sono state bersaglio di riduzioni lineari, di minacce di soppressione, di tentativi falliti di farne qualcosa di diverso e di pur sempre utile”.

“Oggi – prosegue - che è diventato necessario e improcrastinabile risparmiare sulla spesa pubblica, esse sono le prime vittime della spending review, anche per colpa dell’Upi (unione province italiane), che non ha cercato prima soluzioni di riconversione delle province in enti meno dispendiosi e più funzionali, sperando forse di mantenere per sempre lo status quo”.

Per Ria, ora è tardi per lamentarsi e cercare di frenare un percorso di razionalizzazione ormai avviato: “Allo stesso tempo, però – chiarisce -, sono da evitare le fughe in avanti di chi, come il presidente Ferrarese, a questo punto dice che sarebbe meglio la Regione Salento. Queste sono solo risposte populiste al problema, che servono solo a fare rumore, visto che per costituire la Regione Salento si dovrebbe seguire un iter completamente diverso, previsto dalla Costituzione, che non ha nessun collegamento con la questione dell’accorpamento delle province”.

Per Ria, al di là delle “reazioni scomposte di chi non vuole perdere le posizioni acquisite”, non si può fare a meno, da un giorno all’altro, delle province, che “rappresentano da sempre l’ossatura istituzionale del Paese e, insieme ai Comuni, ne hanno sempre garantito la tenuta, fungendo da presidio locale e da riferimento diretto dei cittadini”.

La strada da seguire, dunque, non sarebbe, a suo giudizio, quella di un incerto meccanismo di accorpamento, ma un “percorso virtuoso di riduzione e riorganizzazione delle funzioni delle province (viabilità, ambiente e istruzione) e di revisione del loro sistema elettorale, rendendole finalmente enti di secondo livello anche dal punto di vista della rappresentanza”: “Un percorso – puntualizza - che si è avviato col decreto Salva Italia e che ricalca pari pari i contenuti di una proposta di legge, depositata già nel 2009, a firma mia e del collega Moffa (siamo stati entrambi presidenti di Provincia e abbiamo guidato l’Upi per diversi anni, per cui le nostre proposte avevano una matrice tecnica e di esperienza, prima ancora che politica), che consentirebbe di ridurre di molto i costi della politica provinciale senza togliere al cittadino i servizi essenziali garantiti dall’ente provincia sul territorio”.

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