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Palazzo delle poste, esposto in procura. L'assessore: "Pronto al ritiro del permesso"

Nei giorni scorsi recapitata una missiva a vari consiglieri e al procuratore della Repubblica, Cataldo Motta. Per l'immobile, acquisito da privati come attrezzature per l'istruzione e civili, è stata giudicata compatibile una destinazione residenziale

LECCE – Una seduta per approfondire l’iter di autorizzazione per lavori di restauro e risanamento conservativo del palazzo delle Poste, è stata sollecitata questa mattina al presidente della commissione Urbanistica, Angelo Tondo, dai consiglieri Giampaolo Scorrano (per conto anche di Carlo Salvemini) alla presenza dell’assessore, Severo Martini. Il richiedente ha fatto esplicito riferimento ad una lettera esposto recapitata a lui come ad altri consiglieri comunali (di maggioranza e di opposizione), indirizzata al procuratore della Repubblica, Cataldo Motta.

L’esponente del governo cittadino, presente in commissione per discutere di altre vicende all’ordine del giorno, ha dichiarato di essersi fidato dei suoi uffici e di essere “ben felice” che della questione si torni a parlare – dopo il passaggio nel consiglio comunale del 18 dicembre – perché “se c’è stato qualche passaggio sbagliato imporrò il ritiro del permesso in autotutela”. Una linea sulla quale si attesta anche il dirigente del settore, Luigi Maniglio, raggiunto telefonicamente fuori sede: l'architetto si riserva di tornare sull'argomento al suo rientro, senza preclusioni rispetto al passaggio in consiglio comunale. 

L’edificio, qualificato nel piano regolatore vigente come F22 (attrezzature per l’istruzione superiore o sportive universitarie) e F24 (attrezzature civili di carattere urbano: amministrativo, sociali, culturali, commerciali limitatamente per la distribuzione al dettaglio e direzionali a livello urbano), avrebbe nelle intenzioni dell’acquirente una destinazione residenziale per piani superiori, posto che il piano terra ospiterà la Banca popolare di Vicenza e altre attività. Nel permesso di costruire del 3 ottobre scorso, il dirigente del settore Urbanistica, Luigi Maniglio, ritiene compatibile la destinazione residenziale con le disposizioni del testo unico per l’edilizia (2001).

Non così la pensano in molti tra gli addetti ai lavori: primo tra tutti il consigliere del Pd e vice presidente dell’assise cittadina, Antonio Torricelli, che già nel consiglio comunale di dicembre affrontò il tema chiedendo più volte a Martini se fossero state fatte delle varianti di destinazione d’uso degli immobili del centro storico. L’esponente del governo cittadino, in sede di replica, ha chiarito: “Da quando sono io assessore non è stata fatta nessuna variante alla quale lei fa riferimento, non è stata fatta nessuna variante di destinazione d’uso. Qui posso rispondere per quello che mi compete”. E in un passaggio successivo – tutto il dibattito è disponibile come testo ma anche come video sul sito del Comune di Lecce – Martini rispose in particolare sull’immobile del palazzo delle poste: “Non è una variante”.

Anche lui ha ricevuto la lettera esposto (che reca un timbro postale del 22 dicembre) alla quale peraltro fa un accenno finale nella missiva che ha protocollato oggi e rivolta al sindaco, Paolo Perrone, e dell’assessore all’Urbanistica, nella quale ribadisce la necessità di un passaggio in consiglio comunale alla luce degli articoli 42, 97 e 99 delle norme tecniche di attuazione del Piano regolatore. La prima recita: “Nella zona A1, centro storico, nelle more di approvazione dei piani particolareggiati restano confermate le destinazioni d’uso esistenti”; i secondi: “negli edifici esistenti sono ammessi solo interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione e il risanamento igienico edilizio, con il rispetto delle caratteristiche storiche, artistiche e ambientali degli edifici”.

“Non vi è bisogno di commento, le norme sono categoriche e il solo consiglio comunale, con le procedure e gli strumenti tecnici e progettuali previsti dalla normativa può modificare” la destinazione d’uso, scrive oggi Torricelli. Su quale sia la destinazione secondo il Prg ci sono pochi dubbi, come conferma il riscontro (positivo) che lo stesso dirigente diede a giugno ad una nota della Mr Investments che chiedeva di poter adibire il piano terra dell’immobile ad agenzia bancaria. In quella risposta Maniglio enumerò le possibili destinazioni alla luce dello strumento urbanistico vigente: amministrativo, uffici ed enti pubblici, direzionale a livello urbano, attività di tipo sociale, associativo e culturale, attività commerciali limitatamente alla distribuzione al dettaglio. Questo a giugno, mentre a ottobre l’accoglimento della richiesta di costruire nella quale è inclusa la destinazione residenziale.

Nel mezzo c’è il parere, autorevole ma di parte, di un giurista che nell’intricata selva della disciplina urbanistica intravede uno spiraglio. Parere che, per stessa ammissione di Maniglio, ha convinto il dirigente che in precedenza aveva posto dei motivi ostativi alla richiesta dell'impresa. La decadenza dei vincoli ai sensi della legge 1187 del 1968 avrebbe "trasformato" la zona interessata dal progetto di riqualificazione come “zona bianca in quanto sprovvista di disciplina urbanistica normata dall’articolo 9 del Dpr 380 del 2001” (testo unico dell’edilizia). La norma del 68 – definita allora legge tampone – sancì la decadenza dei vincoli se entro cinque anni dall’approvazione del Prg non sono stati attuati i relativi piani attuativi che nel caso del Comune di Lecce si chiamano particolareggiati, ma in realtà non è stata adottata solo uno, quello del rione Giravolte.

Rispetto a questo aspetto, Torricelli ricorda al sindaco quanto segue: “La sua amministrazione non ha mai prodotto atti che facciano pensare alla decadenza dei vincoli come riferimento alle decisioni in materia con conseguente determinazione di zone bianche, anzi, l’esatto contrario: il consiglio e la stessa amministrazione hanno sempre operato per legittimare i vincoli di piano e anche quando sono intervenute sentenze giurisdizionali si sono assunte decisioni in funzione di questo indirizzo a tutela degli interessi pubblici”.

L’esponente della minoranza segnala al sindaco quelle che ai suoi occhi sembrano due palesi anomalie: la prima riguarda il fatto che lo Sportello Unico (al quale viene presentata la domanda per il rilascio del permesso di costruire) non abbia individuato alcun responsabile del procedimento “e che sia lo stesso dirigente Maniglio unico firmatario dell’istruttoria tecnica, del permesso di costruire, ma anche di tutti gli atti propedeutici alla conclusione del procedimento, una circostanza a mia memoria inusuale quanto inopportuna, considerata la complessità della stessa procedura”. La seconda verte, invece, sulla determinazione del contributo per l’urbanizzazione primaria di 75mila euro, oltre a quello per il costo di costruzione di 37mila euro: “Al di là della curiosità sulla determinazione, a mio avviso anomala, di quest’ultimo contributo in una zona del centro storico, è significativo ricordare –rammenta Torricelli - che in più di un’occasione il settore urbanistico ha certificato la vincolata destinazione d’uso dell’immobile”, facendo riferimento proprio al riscontro di giugno da parte del dirigente alla richiesta della società acquirente.

Tutti i dubbi, secondo il vice presidente del consiglio comunale, devono essere chiariti: "Penso che il dirigente Maniglio, conoscendone la professionalità e l'attenzione, abbia avuto cognizioni diverse dalle mie, assolutamente modeste, nel rilasciare, con provvedimento monocratico il permesso in discussione ed è quindi necessario che chiarisca meglio i motivi - magari richiamando qualche precedente - che ne legittimino la procedura".

Clicca qui per leggere il commento di Rita Miglietta, Lecce Bene Comune

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