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Giovedì, 25 Aprile 2024
Politica

Riduzione province. La politica salentina divisa tra favorevoli e contrari

Il decreto legge, presentato dal governo nazionale, che prevede il taglio e la riconversione in enti di secondo livello viene promosso da Ria (Udc), fa storcere il naso al Pdl, mentre scatena le critiche del movimento di Pagliaro

ROMA – Il via libera al taglio delle Province, attraverso lo specifico decreto legge del governo, approvato dal Consiglio dei ministri nella giornata di ieri, è al centro del dibattito politico nel Salento. Com’è ormai noto, gli enti sono scesi da 86 a 51, con l’assorbimento, in Puglia, della Bat a Foggia, con Bari, trasformata in una delle dieci città metropolitane; Brindisi e Taranto non costituiranno la macroprovincia con Lecce, ma verranno accorpate senza il capoluogo salentino, che resta autonomo.

Una riduzione “irreversibile”, come ampiamente chiarito dal ministro della pubblica amministrazione Filippo Patroni Griffi, che sarà attiva a partire dal 2014. Alla base della riduzione, due criteri: un numero minimo di 350mila abitanti e un'estensione territoriale non superiore ai 2.500 km quadrati.

Le province saranno enti di secondo livello, privi di giunte, ma con un consiglio ed un presidente d’assemblea, con funzioni di area vasta, chiamate ad occuparsi di pianificazione territoriale e valorizzazione dell'ambiente, trasporti, gestione della rete stradale di competenza e programmazione della rete scolastica e dell'edilizia per le scuole secondarie di secondo grado. Ovviamente, dinanzi alla scelta proposta dal governo, le posizioni sono distanti.

Lorenzo Ria, parlamentare Udc e già numero uno a Palazzo dei Celestini, parla di “disegno ragionevole”: “Accolgo con soddisfazione – afferma - l’approvazione di questo nuovo disegno istituzionale prodotto dal governo in materia di Province, che finalmente realizza un percorso razionale di rivalutazione di questi enti come strutture di governo dell’area vasta, nel senso proprio del termine. Sono sempre stato contrario alla soppressione tout court, cosicché questo provvedimento rappresenta una giusta sintesi tra il riordino e la loro valorizzazione”.

“Sono fiero di ricordare – prosegue - di essere stato il primo a spingere in Parlamento per una riforma in tal senso, dapprima attraverso una proposta di legge a mia firma che prevedeva l’elezione di secondo livello del consiglio provinciale e una migliore e più chiara definizione delle funzioni di questi enti e poi attraverso un altro progetto - di cui sono cofirmatario - che ne prevedeva la riduzione numerica. Anche in sede di esame alla Camera della carta delle autonomie sono intervenuto con forza nella direzione di rendere questi enti snelli e funzionali”.

Per Ria, le province avrebbero dovuto già da tempo cercare di auto-razionalizzarsi, riducendo “sprechi” e “strutture politiche e burocratiche”, di “dimensioni elefantiache”: “Al di là dei campanilismi, delle logiche della politica e delle sterili polemiche di chi ha perso qualche poltrona – concludo -, oggi posso dirmi entusiasta che il lavoro di pressione e di proposta fatto in questi anni in Parlamento, quando eravamo davvero in pochi a credere nella razionalizzazione dell’ente Provincia, sia servito a smuovere il sistema e a raggiungere questo ambizioso traguardo, che forse lascia scontento qualche amministratore provinciale dell’oggi, ma rappresenta un grande vantaggio per le nostre comunità di domani”.   

Di tutt’altro avviso, il parlamentare del Pdl, Ugo Lisi, che ritiene che i tagli della politica non dovessero cominciare dalla sforbiciata alle province che “in territori come il Salento, rappresentano enti in grado di erogare servizi efficienti e omogenei, non ci è parsa giusta la scelta del governo di azzerare le giunte, lasciando in carica per qualche mese soltanto i consigli”.

“In giunta, infatti, come è stato giustamente fatto notare – puntualizza -, siedono i consiglieri più suffragati, coloro che sono stati scelti da migliaia di cittadini con il proprio voto. Il vulnus democratico che si viene a creare con queste decisioni, che mi auguro il Parlamento riuscirà a modificare nell'atto di conversione del decreto, è difficilmente sanabile ed hanno ragione gli assessori della Provincia ad esprimere il loro dissenso, un dissenso pienamente condiviso, proprio nel momento in cui in maniera visibile stavano per cominciare a raccogliersi i frutti di tantissime iniziative poste in essere a tutti i livelli dell'azione politica e amministrativa”.

Chi parla di “pasticcio all’italiana” è Paolo Pagliaro, presidente del movimento Regione Salento: “Adesso abbiamo enti ancora più deboli e ancora più inutili e nessuno che pensa al futuro di noi cittadini. Il peggior risultato per la gente del nostro territorio, mentre per la classe politica ci si è limitati ad accontentare questo e a scontentare quello, in attesa di un pronto risarcimento in termini di carriera (quanti di quei presidenti di Provincia e assessori provinciali rimasti senza poltrona stanno già avviando la campagna elettorale per il parlamento o per Bari? Uff…). Almeno evitateci lacrime di coccodrillo”.

Pagliaro rilancia l’idea di una proposta di “modello alternativo di governo del territorio”: “Il Salento era già penalizzato e isolato dalle politiche di una Regione barese, e da Province incapaci di determinare sviluppo e benessere. Adesso sarà meglio? No, sarà molto peggio… Bari, elevata a città metropolitana, farà la prima della classe ancor più di prima, le due province salentine rimaste, senza giunte e senza anima, saranno solo un vuoto a perdere”.

Per il Mrs, “il Salento merita rappresentanti migliori. Questi hanno fallito e fatto solo danni al territorio. Impediamo che continuino a farne anche in futuro”.

 

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