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Rischio dissesto, il sindaco e il dirigente: "Il Comune onora le sue obbligazioni"

Dopo la bocciatura della manovra pluriennale da parte della Corte dei Conti di Puglia, l'amministrazione prepara l'impianto del ricorso alle Sezioni Riunite. Salvemini: "Situazione delicata, ma siamo sulla strada del risanamento". Il nodo dei residui attivi e passivi

LECCE – L’amministrazione comunale ha iniziato a organizzare la sua difesa: dopo la deliberazione della sezione di controllo della Corte dei Conti della Puglia che ha bocciato la manovra pluriennale di riequilibrio finanziario varata ben tre anni addietro, va maturando la fiduciosa convinzione che ci siano le condizioni perché le Sezioni Riunite della suprema magistratura contabile possano accogliere il ricorso che sarà redatto nelle prossime settimana e che dovrà essere presentato entro il 2 di gennaio.

Secondo il sindaco, Carlo Salvemini, e il dirigente dei Servizi finanziari, Maurizio Frugis non ci sono i presupposti per la dichiarazione del dissesto: il Comune adempie alle sue obbligazioni, paga gli stipendi regolarmente e i fornitori in molto meno tempo di prima, ha un saldo attivo di cassa. I due hanno partecipato in mattinana alla commissione Bilancio convocata dal presidente, Gabriele Molendini, alla presenza di molti consiglieri comunali che, nelle prossime ore, leggeranno le 107 pagine del parere che la Corte dei Conti ha trasmesso a Palazzo Carafa – e alla prefettura – giovedì scorso.

La linea difensiva sarà impostata su una interpretazione evolutiva delle politiche di bilancio: senza disconoscere o minimizzare le fragilità che hanno determinato una situazione oggettivamente grave, si vuol dimostrare che la strada intrapresa può portare i suoi frutti, come già testimoniano alcuni indicatori che gli stessi giudici contabili hanno apprezzato come la riduzione dei debiti, l’incremento dell’attività di recupero dell’evasione tributaria, la notevole riduzione dei tempi di liquidazione dei fornitori.

Un altro aspetto sui cui potrà fondarsi il ricorso è quello legato alle conseguenze della sentenza con cui la Corte Costituzionale, nell’aprile del 2021, ha complicato la vita degli enti locali cambiando le “regole del gioco” del ricostituito Fondo anticipazione liquidità, per il cui rientro era stato inizialmente previsto un periodo di 30 anni, poi giudicato incostituzionale. La successiva contrazione dei tempi ha obbligato le amministrazioni locali a rivedere i piani, peggiorando inevitabilmente le previsioni di disavanzo – nel caso di Lecce di 30 milioni di euro - nonostante lo stanziamento di un fondo di sostegno da parte del ministero dell’Interno per il 2021. Il passaggio resta comunque stretto: tra confusione legislativa e rigore dei principi contabili, sono molti i Comuni italiani a rischio, e per questo ci si attende anche un intervento del Parlamento entro la fine dell’anno che sarebbe un salvagente per Lecce ma anche per realtà molto più grandi e con problemi addirittura maggiori.

“La fotografia di quello che è – ha detto il sindaco ai consiglieri - differisce da quello che era. Questo non significa che i problemi siano risolti, ci sono tanti nodi da sciogliere. Non si può dimenticare del resto che gli ultimi due anni sono stati scanditi dalla crisi pandemica. Siamo nel pieno esercizio della gestione degli affari correnti e della progettazione del futuro, convinti di essere sulla strada del risanamento che non a caso era stato calibrato nel medio periodo, su 15 anni”.

Salvemini ha poi voluto accantonare l’insidia della polemica sul rimpallo delle responsabilità: “Sono impegnato esclusivamente a salvaguardare gli interessi della città, di chi lavora per l’amministrazione, dei leccesi. Ho solo voluto ricordare che la scelta della manovra equilibrio scaturiva da situazione di grossa sofferenza che rimaneva tale nonostante operazioni straordinarie cui le amministrazioni precedenti avevano fatto ricorso. Vi era una massa debitoria che non veniva portata all’attenzione, creditori che reclamavano pagamenti, anticipazioni di tesoreria non restituite. All’epoca fui tacciato di catastrofismo contabile. Quello che oggi ci rimprovera la Corte dei Conti è che le misure non sarebbero sufficienti”.

Il dirigente Frugis, approfondendo le questioni tecniche, ha spiegato che la deliberazione dei giudici contabili parte da un giudizio impietoso delle operazioni di accertamento che non avrebbero messo in evidenza la reale situazione dei residui attivi e passivi. È sua convinzione, ha detto, che un lavoro del genere si sarebbe dovuto fare sin dal 2013/2014 e che una ricognizione certosina porterebbe alla luce l’esistenza di una massa debitoria inferiore a quella stimata in 21 milioni (non tutti i crediti, insomma, sarebbero certi ed esigibili), mentre, per quanto riguarda la massa attiva, pur riconoscendo come patologica la difficoltà di incassare, il trend sarebbe in miglioramento tenendo anche in conto che il problema della riscossione non poteva certo essere risolto durante la pandemia.

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