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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Gasdotto, guerra di ricorsi: il sindaco impugna la decisione dello Sviluppo Economico

L'amministrazione comunale ha annunciato la richiesta di una sospensiva della determina con cui il Mise ha rimesso direttamente nelle mani di Renzi l'ultima parola sul progetto di Tap, escludendo il passaggio dal comitato paritetico Stato-Regione

MELENDUGNO – Ancora una volta la querelle sul gasdotto potrebbe finire sul tavolo della magistratura già più volte interessata dai mille risvolti di una vicenda che da anni oramai è al centro del dibattito. Ma intanto è certo l'ennesimo ricorso. 

Se da una parte il sindaco di Melendugno, Marco Potì, ha dichiarato di volersi rivolgere alla procura, dall'altra ha annunciato di presentare una richiesta di sospensiva della determina con cui, il 27 gennaio, il ministero dello Sviluppo economico ha rimesso nelle mani della presidenza del consiglio il via libera definitivo all’opera progettata da Tap per portare almeno 10 miliardi di metri cubi di gas naturale dall’Azerbaijan all’Europa continentale attraverso Turchia, Grecia e Italia. L’approdo dell’infrastruttura sul litorale di San Foca ha prodotto da subito l’opposizione dell’amministrazione comunale al fianco della quale si è schierata anche la Regione Puglia.

I due enti, nell’ambito della conferenza dei servizi tenuta ai primi di dicembre, e con il supporto della Soprintendenza che fa capo al ministero dei Beni culturali, hanno ratificato il proprio diniego determinando una fase di stallo risolta solo il 27 gennaio con una determina dirigenziale che affida al premier, Matteo Renzi, la definizione della controversia. Una soluzione forzata e pasticciata, secondo Potì ma anche secondo il Comitato No Tap che chiama i partiti politici ad una assunzione pubblica di responsabilità: “Chiediamo a gran voce – è scritto in una nota degli attivisti - che si prenda una posizione forte sia politica che legale contro questo atto. Invitiamo le forze politiche che fino a questo momento hanno preso parte al dibattito a valutare se vogliono accostare il loro nome e le loro idee a questo modo di operare della burocrazia dei palazzi”.

Quello che si contesta radicalmente rispetto alla decisione del Mise è l’esclusione del passaggio dalla conferenza paritetica tra Stato e Regione, istituto previsto per trovare una soluzione condivisa dalla stessa legge 241 del 1990 sul procedimento amministrativo e l’accesso agli atti. E invece una diversa interpretazione di articoli e commi ha portato alla decisione di affidarsi direttamente alla presidenza del consiglio. E, a proposito di Matteo Renzi, bisogna ricordare che in occasione della sua partecipazione alla Fiera del Levante, a Bari, disse alle decine di sindaci salentini che chiedevano di ascoltare le ragioni di tutela del territorio di lavorare con la Regione per l’individuazione di un sito alternativo da presentare alla conferenza dei servizi. Ma queste opzioni non sono state nemmeno individuate tanto che è di oggi la polemica tra il capogruppo del Pd presso la Regione Puglia, Pino Romano, e il collega di Sel, Michele Losappio.

“La giunta regionale – ha commentato Romano - ha deciso di non decidere, e di intervenire su Tap solo quando il sito era stato già  individuato e cioè quando anche un ipotetico contenzioso non sarebbe stato in piedi. Da tre anni la Regione avrebbe potuto decidere un sito alternativo ma ha sempre buttato la palla in calcio d’angolo. Noi del Pd siamo gente responsabile, con una cultura di governo forte, e possiamo solo garantire che con Michele Emiliano alla guida della Puglia le decisioni, soprattutto quelle che riguardano l’ambiente, il lavoro, il turismo e la salute dei cittadini, come Tap, non verranno nascoste sotto il tappeto ma prese insieme ai cittadini, concretamente, con l’ausilio di esperti della comunità scientifica”.

Ma c’è un altro aspetto sul quale il fronte No Tap ripone fiducia ed è il ricorso contro la valutazione di impatto ambientale rilasciata con esito positivo a settembre: per il Comune di Melendugno e il Comitato No Tap il progetto doveva rispondere alle prescrizioni della direttiva comunitaria “Seveso”, quella sul rischio incidenti nei siti industriali. Anche su questo punto è stata la decisione di un ministero a risolvere i dubbi: per il Viminale il gasdotto proposto da Tap non è assoggettabile a quella normativa. Ma, se la giustizia amministrativa dovesse essere di parere diverso, tutto il procedimento autorizzativo potrebbe essere azzerato.

Intanto il sindaco Potì sta valutando anche se è il caso di appellarsi al Consiglio di Stato rispetto all’ordinanza con cui il Tar del Lazio, ieri, ha “sbloccato” i carotaggi nella zona Masseria del Capitano, dove dovrebbe sorgere il terminale di ricezione del gasdotto, accogliendo la richiesta di sospensiva avanzata da Tap rispetto al provvedimento del Comune che aveva imposto lo stop alle attività. La discussione del merito è stata aggiornata a giugno.

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