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Il sindaco di Squinzano: "Ignorata la disponibilità a discutere dell'approdo"

Il primo cittadino ribadisce la posizione deliberata nel 2013: parliamo pure di gasdotto, ma in relazione alla riconversione di Cerano. Nota di Tap

SQUINZANO – Le lancette dell’orologio risalgono indietro nel tempo, fino al 25 novembre del 2013 quando il consiglio comunale di Squinzano ha votato una delibere nella quale si apre alla discussione sull’approdo del gasdotto sul proprio litorale a condizione che si proceda alla riconversione della centrale Enel di Cerano.

Da quel giorno è ripartito oggi il sindaco, Cosimo Miccoli, nel corso di una conferenza stampa (alla presenza del vice, Pulli, e altri esponenti della maggioranza) nella quale ha ribadito la posizione allora espressa anche per mettere un freno alle suggestioni delle ultime ore alimentate dalle dichiarazioni del presidente della Regione, Michele Emiliano, rispetto allo spostamento del punto di approdo a nord di San Foca fino a Casalabate, da qualche anno divenuta marina di Squinzano e Trepuzzi dopo aver fatto parte del litorale leccese.

Così, se da una parte Miccoli conferma quella disponibilità, sempre subordinata alla dismissione del carbone e all’utilizzo di gas a Cerano, dall’altra arriva una chiusura a prescindere da parte dell’assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Trepuzzi, Oronzo Valzano, del Partito Democratico: “Il Consiglio Comunale all’unanimità – ricorda l’ex primo cittadino in una lettera al governatore - ha espresso ferma contrarietà all’approdo nella marina di Casalabate, la stessa contrarietà espressa dai cittadini nelle numerose assemblee convocate ad hoc. Oggi lei avanza la proposta di approdo del gasdotto Tap nel nostro territorio, se questa sua proposta si concretizzasse azzererebbe in un attimo tutti gli sforzi per la sua riqualificazione e per la sua crescita e aggiungerebbe un altro notevole stress ambientale ad un territorio che certo non ne avrebbe alcun bisogno”.

Insomma tutti restano della loro posizione. Ma nella conferenza di Squinzano è emerso un altro dettaglio che vale la pena sottolineare: quella delibera di consiglio è stata inviata a Tap, a Enel, al presidente della Provincia, al presidente della Regione, al presidente dell’Unione dei Comuni del Nord Salento ma l’amministrazione di Miccoli non ha mai ricevuto alcuna risposta.

Eppure dopo poco più di un anno da quella deliberazione la Regione Puglia sedeva al tavolo della mediazione istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dopo aver espresso il diniego alla valutazione di impatto ambientale: in quella sede avrebbe potuto indicare uno o più approdi alternativi a quello di San Foca ma non fu formulata ufficialmente alcuna proposta, come del resto l'assessore regionale all'Ambiente, Lorenzo Nicastro, aveva anticipato con dichiarazioni ai mezzi di informazione, provocando la reazione del sindaco di Melendugno, Marco Potì. O meglio, furono indicate in una delle riunioni romane, solo pochi giorni dopo le parole dell'assessore, le località di Brindisi, Squinzano (Casalabate) e Torchiarolo (Lendinuso) ma fu chiarito subito che alternative potevano essere considerate solo quelle presenti tra le opzioni progettuali (Campo di Mare, San Pietro Vernotico considerata la seconda migliore scelta da Tap e Otranto).

Il tentativo di “conciliazione” si chiuse a fine aprile e subito dopo la guida della Regione Puglia passò da Nichi Vendola a Michele Emiliano che dai primi mesi del suo mandato ha sempre dichiarato di essere favorevole all'ipotesi dello spostamento del punto di approdo nel Nord Salento connesso con la riconversione di Cerano. A quel punto però l’iter istituzionale - compreso lo spazio per una possibile mediazione tra Stato e Regione - era formalmente chiuso e solo una ferrea volontà politica convergente, tra livello nazionale e locale, avrebbe potuto indurre Tap a modificare la sua scelta definitiva. Questo “miracolo” non si è verificato: tutti gli esecutivi, Letta prima e Renzi poi, hanno tirato dritto, mentre né Enel né Tap hanno dato la benché minima disponibilità ad una ipotesi di riconversione.

Di chi sono le responsabilità, dunque? Il 27 marzo scorso, secondo un lancio dell’agenzia Ansa, Emiliano aveva affermato “chi mi ha preceduto ha venduto la Puglia in cambio di potere”. Nelle corse ore è arrivata una precisazione – e non una smentita - dello stesso governatore nella quale si chiarisce che “non ha mai inteso riferirsi puntualmente ai governi regionali di centrosinistra pugliesi della stagione 2005-2015, ma al complesso delle classi dirigenti, politiche e di governo a tutti i livelli, anche nazionali”.

Tap: la principale criticità è la presenza di Posidonia.

In serata Tap ha fornito un quadro sintentico della fattibilità di un eventuale approdo a Casalabate. Al di là del gergo tecnico la nota non concede troppo margine al dubbio: "L’unico varco individuato nel comune di Squinzano, quale possibile punto di approdo, si colloca nel tratto settentrionale della costa di Casalabate. Questa parte comprende una zona di bassa scogliera e una spiaggia di sabbia che giunge fino alla località Canuta, al confine con la provincia di Brindisi. La parte a sud di Casalabate è intensamente urbanizzata e non si presta quindi a eventuali approdi. La principale criticità di questo punto di approdo è la presenza di un esteso Sic (sito di interesse comunitario, ndr) marino antistante il litorale, caratterizzato da praterie di Posidonia che costituiscono un habitat prioritario. La prateria ha una distribuzione a macchia di leopardo, con frange e macchioni di vegetazione impiantate prevalentemente su fondo sabbioso a granulometria medio-fine e su matte. Il metanodotto, nell’ipotesi di approdo formulata, attraverserebbe detta formazione per circa 4,5 km, con interferenza diretta, ovvero con movimentazione del fondale marino e consumo di habitat, non essendo possibile ipotizzare soluzioni in trenchless data la lunghezza del tratto. L’interferenza con l’habitat in questione configura una procedura d’infrazione Ue, difficilmente superabile". 

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