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Giovedì, 25 Aprile 2024
Politica

Slogan ad effetto e faccioni. I marziani sono tra noi

Le città del Salento e della Puglia assaltate da faccioni in corsa per la Regione: ma chi è fuori dagli eserciti osserva e si chiede quale sia reale il giovamento di questo sistema. Con dubbi concreti

LECCE - È un mondo strano quello della politica, a tutti i livelli. Lo pensa da tempo il cittadino comune, quello che si limita ad osservare fuori dagli eserciti, che fanno da seguito fedele, nudo e crudo, senza mai uno scossone, un dubbio legittimo, dietro ad esponenti politici di riferimento, presi a cuore come idoli, come icona mistica, come santino per ogni evenienza. Il cittadino comune, assorbito dai problemi della sua quotidianità, guarda attonito le strade della sua città, che puntualmente ad ogni elezione che si avvicina, si riempiono di faccioni incastonati in manifesti 6x3: sono sorridenti quanto spesso anonimi, ritoccati con la magia del photoshop, che li fa sembrare cotonati, irreali, ariosi, provenienti da un pianeta lontano, probabilmente da Marte.

Sì, vengono certamente da Marte. Lo pensa silenziosamente il cittadino comune, facendo spallucce davanti alle gigantografie imperanti, che tolgono persino il fiato, con quella sensazione di essere osservati in ogni movimento o posa da un grande fratello morboso ed indiscreto. Si chiede come mai ogni volta sia la stessa storia: legge anche con fastidio i giornali, da dove apprende i soliti giochetti dei partiti, le liste dei candidati che si compongono e scelte che disorientano.

Prendi Melpignano, ad esempio: il sindaco Blasi si dimette anzitempo, sebbene quell'anzitempo sia proprio una questione di giorni rispetto alla scadenza naturale del mandato, per correre alle regionali. Una scelta legittima, per carità. Ma il segnale che arriva è sempre lo stesso: la corsa affannosa ad un posto in Regione. E dei problemi di ordinaria amministrazione sembra che in questo momento non si possa assolutamente parlare, perché incombono le elezioni, e, si sa, quando arrivano certi appuntamenti, non c'è questione che tenga: perciò che il cittadino comune di Melpignano, ad oggi, non ha un punto di riferimento per esporre un problema e chiedere un sostegno, non interessa a nessuno.

La prova più eclatante è quella di Lecce, dove la città è in stallo da ormai un anno sul dubbio amletico di una nuova giunta, sempre imminente, ma mai effettivamente concreta: l'amministrazione, per scelta, continua a rimandare il rimpasto, condizionando di fatto la propria attività al futuro politico di altri enti. Dapprima la matassa delle scelte sarebbe stata sbrogliata, stando alle dichiarazioni ufficiali, subito dopo il voto alle provinciali: Palazzo dei Celestini ha cambiato colore politico (tra l'altro lo stesso del governo cittadino), ma l'empasse sulla questione è rimasto. E il cittadino comune leccese si sveglia ogni mattina non più chiedendosi se sarà leone o gazzella (perché al di là del ruolo, gli spetta sempre di correre a lavoro, per buscarsi la benedetta pagnotta), ma se prima o poi gli assessorati vacanti saranno colmati di fresche nomine.

Il nuovo ultimatum si chiama regionali: dopo il voto, tutto tornerà come prima, assicurano da Palazzo Carafa. Ma c'è chi inizia a pensare che se il risultato non sarà Palese (nel senso della vittoria del candidato del centrodestra), potrebbe sorgere una nuova scusa per l'ennesimo rinvio a data da destinarsi, magari aspettando il risultato della prossima edizione del Festival di Sanremo. Quello che resta, intanto, al cittadino comune, oltre al politichese e dietro le trame politiche che impallano in questo modo un governo, è l'immagine di una città abbandonata a se stessa, che ha perso vitalità e fermento, e che non può attendere gli esiti di altri, per decidere del proprio destino. Perché i cittadini leccesi si sono espressi a suo tempo col voto sulle sorti del loro Comune e ora non comprendono perché deleghe come quella allo spettacolo, alla cultura, alle politiche comunitarie, alla pubblica istruzione e ai lavori pubblici (mica lupini!) debbano essere vacanti, in attesa che Viale Capruzzi cambi colore. Di colpo, da un giorno all'altro, si sono bloccate le conferenze, le presentazioni di progetti, le iniziative, affidando tutto ad un futuro pieno di incognite e ad un dibattito sterile sui quattro o cinque nomi che si dovranno spartire i tre posti a disposizione. Che succederà dopo le regionali? Che come d'incanto ripartirà tutto? Che segnale è quello che arriva?

C'è poi un'altra questione che sta cuore al cittadino comune, sempre a proposito dei faccioni piazzati in ogni angolo dello scibile salentino: tra i primi piani tirati a lucido dalla tecnologia, campeggia anche quello di gente sotto processo, sempre nel nome di un garantismo (a volte, però, troppo lassista) che sostiene l'innocenza di ciascuno fino all'espressione del terzo grado della giustizia. Ma la questione non è tanto di sostanza, quanto di merito: anche a livello nazionale, infatti, la discussione sull'opportunità di alcune candidature sta aprendo scenari di dibattito persino in aree dove il tema sembrava tabù e non senza imbarazzi. Il Salento, nel suo piccolo, non è immune da questo tema e il cittadino comune inizia ad essere stanco di queste logiche. Non chi fa parte degli eserciti, ossia di quei gruppi "armati" (dove l'aggettivo sta ad indicare il sostegno aprioristico e senza filtro), che seguono a prescindere il proprio politico, quasi come una fede.

Però è lecito chiedersi almeno chi siano tutti questi bei faccioni sorridenti, che cosa vogliono, che cosa cercano, che meriti hanno per essere candidati ad un posto che anche solo economicamente fa gola. Cosa hanno combinato nella loro vita? Sanno parlare meglio l'italiano o il dialetto? Che libri hanno letto? O meglio, hanno letto dei libri nella loro vita? Che competenze hanno? Che referenze, per rappresentarci o pretendere di avere i voti della gente? Quali certezza danno nel far ritenere che possano pensare agli interessi della Regione piuttosto che curare i propri? Si tratta solo di un atto fiduciale, basato sulla sonorità del loro nome e cognome? Il cittadino comune, l'uomo qualunque, quest'essere di cui i politici ignorano le fattezze e il pensiero, si chiede attonito: "Ma Pino Saccarosio, geometra di Cocumola, candidato del partito ‘Px-l-vhs', cosa ha fatto più di me per conquistare un posto alla Regione, che magari lo sistemerà a vita?".

Sarebbe forse opportuno allora che oltre agli slogan ad effetto, i candidati esplicitassero anche le proprie competenze, i propri meriti e anche i propri demeriti (condanne e processi a carico inclusi), in modo che ciascuno possa davvero sapere a chi dà il voto. Per evitare che come spesso accade sia un voto a perdere. Anche perché Pino Saccarosio non è candidato, non è di Cocumola, non fa il geometra e forse neanche esiste. Un sollievo, perché almeno lui non piazzerà alcun faccione con lo slogan "Dai la mano ad un amico", per scoprire poi, a ben vedere, che non ti ha mai filato neanche per un caffè.

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