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Sabato, 20 Aprile 2024
Politica

Puglia, la ricetta di Stefàno. A Lecce con Vendola per chiudere la campagna

Un no deciso a tutti i progetti che soffocano il territorio. Il candidato nel centrosinistra alle primarie punta su modelli di sviluppo ed energie rinnovabili. Con lui questa sera c’era anche Marco Potì, il sindaco no-Tap di Melendugno

LECCE – Si è chiusa stasera a Lecce presso l’Hotel Tiziano la campagna elettorale di Dario Stefàno. Una chiosa che non poteva non affrontare il delicato tema del paesaggio, scelto non a caso tra gli incontri tematici dallo staff del candidato in corsa alle primarie del centrosinistra per le regionali del 2015. Insieme a lui, nella sala conferenze gremita, il presidente della Regione Nichi Vendola e il sindaco di Melendugno Marco Potì.

Ed è proprio Vendola a mettere subito in chiaro che il sostegno a Dario Stefàno non è una questione meramente politica, ma di strategia territoriale in primo luogo.

“Si tratta di una scelta che ci deve far uscire dal vecchio modo di concepire questa sterra come una realtà che insegue il nord del Paese per timore di restare a piedi – ha detto Vendola. – Ultimamente si parla di bombe d’acqua, ma dobbiamo tener presente che l’agricoltura è il nostro giubbotto antiproiettile, il vero presidio del territorio sono i nostri contadini”.

Stefàno a tal proposito ha ricordato che negli anni ’50 ben il 54% degli italiani erano contadini, percentuale che riportata sul territorio pugliese sfiorava il 70%.

“Oggi l’agricoltura sta addirittura svanendo – ha sottolineato il candidato del centrosinistra – e secondo l’Oms nei prossimi cinquant’anni la popolazione mondiale non sarà più in grado di soddisfare il proprio fabbisogno alimentare. Dunque, o ci toccherà mangiare i computer o ci converrà tornare a produrre cibo. Nell’incontro che ho avuto a Confindustria ho detto che il modello di sviluppo di casa nostra dobbiamo sceglierlo noi. Ma per farlo dobbiamo capire che ambiente, cultura e turismo sono i capisaldi del sistema paesaggio. Non intendiamo escludere l’industria in questo quadro ma gli impianti non devono soffocare il territorio e la sua vocazione. E insieme a me lo dicono il National Geographic, Trip Advisor e il premio oscar Ellen Mirren che ha scommesso su questo territorio e le sue risorse al punto di scegliere di viverci. Ecco perché sono sceso al fianco di Marco Potì a sostegno della sua battaglia per difendere il territorio”.

Sobrio e conciso l’intervento del primo cittadino della marina al centro delle polemiche sulla questione della Trans Adriatic Pipeline:

“Per i vertici della società del gasdotto se non si vede vuol dire che non c’è impatto. Noi ci siamo sforzati di far comprendere che il fatto che tutto sia interrato o passi sott’acqua non esclude che l’impatto ambientale non ci sia”.

Rincara la dose Stefano facendo presente che questa vicenda è figlia di una scarsa rappresentanza del territorio presso il Governo, chiara allusione ai colleghi di Camera e Senato che, pur provenendo da questa regione, una volta a Roma dimenticano le proprie origini votando senza tener conto delle ricadute sul territorio di certi strumenti normativi.

“Parlo dello “sblocca Italia” – chiarisce infatti Stefàno – che cela dietro a titoli che fanno audience, come 200 poltrone in meno in parlamento, il vero intento di questa manovra, cioè stoppare il dialogo con le piccole realtà locali. In tal modo il sindaco di un piccolo paese come Melendugno non potrà più opporsi a quanto sarà deciso dal governo centrale. Ci stiamo misurando con idee datate. Vogliamo essere protagonisti delle scelte che riguardano il nostro presente e il nostro futuro. Non fermarci adesso che i sacrifici di tanti anni ci hanno dato ragione anche a livello turistico”.

L’iter di quest’opera, intanto, procede spedito nonostante i “no” di Regione Puglia e Comuni rivieraschi interessati, una quarantina in tutto. Ci sono già l’accordo firmato tra i governi e il parere favorevole dell’UE. Eppure il fronte dell’opposizione per ciò che riguarda la valutazione d’impatto ambientale e il dissenso popolare appaiono addirittura insignificanti. Dopo il responso della Commissione nazionale Via, cui seguirà l’Autorizzazione unica necessaria per avviare i lavori, a fine novembre si attenderà che il Mise – ministero dello sviluppo economico – convochi la conferenza di servizi che potrebbe tenersi già nella prima settimana di dicembre. Ma la Regione siederà al tavolo della conferenza e se, come si prevede, non darà l’assenso su San Foca, tutto potrebbe rimandarsi a un arbitrato tra il Governo e la Regione. E questa, per l’appunto, la carta che si gioca Stefàno.

Ma si parla anche del Piano Paesaggistico della Regione con Tiziana Lettere, presidente di Aiap Puglia – associazione italiana architettura del paesaggio:

“Il Piano è uno strumento di straordinaria importanza per la regione per la sua duplice valenza: ovvero per i suoi contenuti e, soprattutto, perché il paesaggio per la prima volta in assoluto è visto come sistema di relazione tra gli elementi naturali e antropici, facendo propri i precetti della convenzione europea che guardano al paesaggio come a un patrimonio non depauperabile. Con il nuovo piano paesaggistico abbiamo esaminato e approfondito il territorio regionale come mai era stato fatto prima, ponendo delle linee guida in relazione a ciò che c’è e a ciò che c’è da fare. Ci si augura che tutto ciò trovi attuazione nella prossima politica di gestione del territorio”.

In conclusione si è tornati a parlare di energia ed è stato il presidente Vendola a richiamare il terrorismo psicologico di certa stampa in mano alle lobby degli industriali che periodicamente mette in allarme gli italiani sul rischio di blocchi energetici. Peccato che poi non si parli mai di quanta energia si perde su linee elettriche obsolescenti o di quante centrali idroelettriche dismesse ci siano nonostante l’abbondanza d’acqua corrente sul territorio nazionale. Il 18% dell’elettricità che si dissipa nell’immissione sulla rete nazionale è l’equivalente di due centrali nucleari. Insomma energie rinnovabili e meno combustibili fossili. Non siamo pentiti di aver scelto il sole e il vento per produrre energia. Ma noi vogliamo andare oltre il primato nazionale per la produzione di energia rinnovabile, vogliamo andare verso la generazione diffusa. Cioè energia fai da tè. Il futuro dell’energia è quello di produzioni mirate e differenziate a seconda dei fabbisogni locali”.

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